EMOZIONI
E LONGEVITA’.
UN’INTRODUZIONE
Gabriella Raschi
Abstract Una
valutazione delle emozioni per attivare una comprensione, in un contesto
spesso trascurato: come la mente influisce sul corpo e soprattutto
sull’aspettativa di vita. --------- La teoria cognitivo-attivazionale (Schachter e Singer 1962) sostiene che le emozioni siano oggettive rappresentazioni di valori in base a criteri di giustificazione e appropriatezza. Che cosa significa questo? Significa che le emozioni non sono semplici risposte ad uno stimolo sensoriale (visivo, uditivo, tattile, e così via) ma rispecchiano delle implicazioni mentali legate alla persona, si strutturano naturalmente incatenandosi alle sue conoscenze, attorno al suo vissuto, alle sue esperienze. L’unicità di ogni essere umano dipende quindi anche da che cosa ha fatto, ma soprattutto da che cosa crede, pensa e sogna.L’approccio cognitivista considera dunque la componente emotiva come interpretazione principale di un valore, ma anche di una sensazione fisica. Se si avverte un comportamento come minaccioso (oggetto), si prova paura (stato emotivo) e si desidererà quindi di evitarlo con atteggiamenti caratteristici. È concettualmente impossibile un’esperienza di paura in cui l’oggetto della paura non viene valutato come pauroso o rischioso[1].La teoria cognitivista sostiene inoltre che le emozioni influenzino la mente e si strutturino logicamente intorno ad assiomi, cioè a verità indimostrabili. Ciò che distingue le diverse emozioni tra loro è che ciascuna è diretta verso oggetti individuati da differenti proprietà assiologiche e quindi le emozioni si distinguono in base alla proprietà che attribuiscono all’oggetto (Bergamaschi Ganapini 2008). Se ad esempio si immagina la propria città natale, questo stato mentale può causare nostalgia. Ogni emozione, per conseguenza, avrà un suo oggetto formale. Vi è, in particolare per quanto riguarda le emozioni associate alla felicità, un dibattuto tentativo di studio.Le teorie fisicaliste (James 1890), al contrario, tentano di spiegare le emozioni come un riconoscimento da parte del soggetto che le prova, di cambiamenti fisici all’interno del proprio corpo, associati a modificazioni psicofisiologiche[2].Ma quali sono le emozioni dell’essere umano? Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia, Disgusto, Sorpresa, sono considerate emozioni primarie[3]. Esse sono reazioni automatiche dell’organismo che viene esposto ad uno stimolo esterno e mettono in moto il sistema nervoso autonomo. Alcune percezioni corporee sono comuni a più emozioni: si pensi per esempio alla tachicardia da innamoramento o da affaticamento psicofisico. Il meccanismo fisiologico, in entrambi i casi, è dato da neuriti sensoriali multifunzionali che, sensibili all’input sensoriale originato nel nostro muscolo cardiaco, determinano l’aumento della frequenza del cuore (Plutchick 1995).Come si rapportano allora le nostre emozioni con l’aspettativa di vita? Alcune ricerche sono state condotte a tal proposito da enti scientifici di ricerca anche in collaborazione con le compagnie di assicurazione sulla vita. In questi esperimenti è stata considerata l’unitarietà del corpo umano e la diretta influenza delle emozioni positive e negative sull’organismo e si è visto che il buon umore (l’emozione della gioia), stimolato da sensazioni psicofisiche piacevoli, è un indicatore di longevità. In particolare, un esperimento condotto dall’Arise (Associazione per la ricerca scientifica nel campo del divertimento) in un ospedale geriatrico ha messo in luce come una tazzina di caffè, un bicchiere di vino, una sigaretta possano abbassare la soglia di stress, regolarizzando il battito cardiaco, diminuendo il livello di adrenalina nel sangue, migliorando ulteriormente l’attività mentale (http://www.caffeeuropa.it). I segnali nervosi, però, molto spesso sono simili in condizioni di malessere: come fa il nostro corpo quindi a distinguere da dove proviene la sensazione? Per esempio, la sensazione che accompagna la rabbia è riconosciuta come parte dell’emozione solo mentre questa in sé è già stata identificata. È difficile anche solo fornire un parametro efficace di categorizzazione, poiché le emozioni, almeno inizialmente, sono inconsapevoli.La ricerca scientifica si è, ultimamente, soffermata moltissimo sulle relazioni tra coping, sistema immunitario e sopravvivenza a malattie (Litman 2006). Per fare qualche esempio, pensiamo al disturbo della depressione; questa patologia ha come conseguenza fisica la stimolazione da parte dell’organismo di cortisolo, un ormone che causa l’abbassamento delle nostre difese immunitarie. In realtà, non sempre le emozioni sembrano essere caratterizzate da fenomeni fisici diversificati che ci permettono di farne distinzione. Le ricerche fatte sulle differenti emozioni nel corso degli anni non forniscono indicazioni su come includere la questione distributiva nella misurazione del benessere e della longevità. Più che altro, la scienza si è continuamente mossa per spiegare quale scopo abbiano le emozioni. Le emozioni hanno la funzione di creare schemi comportamentali che ci consentano di rapportarci alla realtà in modo semplice e spesso immediato, senza riflettere troppo, naturalmente[4]. Le emozioni si sono evolute con gli esseri umani attraverso la selezione naturale, quindi rispondono in modo efficace a più funzioni importanti per il benessere.La più recente letteratura nel campo delle neuroscienze analizza talune cure comportamentali in rapporto alle terapie sanitarie. L’alta prevalenza di disordini psicologici in pazienti affetti da carcinoma ha fatto scoprire come le reazioni emotive influenzino il funzionamento degli organi, e viceversa. Le strategie corrispondenti all’accettazione sembrano essere collegate a una migliore reattività del sistema immunitario e ad una migliore qualità della vita.La notizia seria è che l’opinione medica (in particolare Kasl 1998) ha confermato che elementi espliciti in psicopatologie siano determinati da un eccessivo autocontrollo delle emozioni. Attinenze negative con la qualità della vita e la reattività del sistema immunitario sono state trovate con strategie legate allo sfogo emotivo, al cinismo e all’evitamento. Ad esempio, negli individui con disturbi alimentari appare ragionevole pensare che la somatizzazione influisca con l’aspettativa di vita, perfino in assenza di altri fattori di rischio.Una possibile spiegazione nella relazione fra la mente e il fisico nel decorso di una psicopatologia fa riferimento al fatto che il soggetto percepisce le sfide che la condizione sociale gli pone, come impegni gravosi ed eccedenti le sue risorse che di conseguenza mettono a rischio il proprio benessere. Le emozioni, infatti, influiscono anche sulla struttura del cervello, che si modifica quando vi sono emozioni disturbanti, per esempio a causa della tensione fisica. Tuttavia, l’emozione non sarebbe vista come un mero disturbo del funzionamento cognitivo. L’impatto stressogeno di un evento non appare determinato esclusivamente dalle condizioni effettive, ma ancora dal modo in cui il soggetto valuta se stesso in rapporto all’evento. Eventi marginali possono essere calcolati personalmente come impegni gravosi ed eccedenti le proprie capacità di sopportazione, rappresentando quindi un’importante fonte di stress e contribuendo all’insorgenza di disturbi affettivi (Endler e Parker, 1990). Gli uomini malviventi mostrano a grandi linee lo stesso disagio emozionale, dovuto alla difficoltà nel controllo emotivo, che fa loro adoperare strategie di coping disadattive per la riduzione dello stress[5]. Queste strategie cognitive, che i soggetti compiono nell’elaborare le informazioni connesse all’avvenimento stressante, fanno nascere uno stato di ansia nell’organismo e pertanto una sensazione di precarietà e diminuito benessere. Una vera ed esemplare sintomatologia del criminale. Gli esseri umani dovrebbero riconsiderare in modo meno drammatico quelli che sono senza eccezione considerati i piaceri tradizionali, come ad esempio il sesso, per non trascurare il vitale potere delle emozioni e dei sentimenti che, adeguatamente rivalutati, renderebbero più difficile la corrispondenza “tutto ciò che dona piacere fa male”. L’atteggiamento ottimista verso la vita favorisce la buona salute ebbene anche la longevità (http://www.romacivica.net/riderevivere), ma studi ulteriori apparirebbero necessari, al fine di approfondire l’argomento. In effetti, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o infermità”, ma non parla di longevità. Si è discusso sempre di qualità della vita, immaginando che una migliore qualità porti anche ad un allungamento dell’esistenza medesima. Bibliografia ·
Bergamaschi Ganapini M.,
(2008) Emozioni, giudizi e valori ·
James W., (1890) The
principles of psychology ·
Ekman P., (1993) “Facial
Expression and Emotion”, American
Psychologist ·
Darwin C., (1892) The
Expression of the Emotions in Man and Animals ·
Sica C. et al., (2008) Coping Orientation to Problems Experienced
http://www.romacivica.net/riderevivere [1]
M. Bergamaschi Ganapini, Emozioni,
giudizi e valori. [2]
W. James, The principles of psychology. [3]
P. Ekman, “Facial Expression and Emotion”, American
Psychologist [4]
C. Darwin, The Expression of the Emotions in Man and Animals. [5]
C. Sica et al., Coping
Orientation to Problems Experienced.
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