LA
COMUNITA' PSICOTERAPEUTICA RESIDENZIALE E IL SUO CAMPO MENTALE
di LUIGI D’ELIA
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· la globalità spazio-temporale di assetto della CT;
· la globalità del campo relazionale;
· la globalità del percorso terapeutico.
La scena duale
L’area duale è il luogo della sintonia con gli elementi di
regressione del paziente grave ed il luogo della dinamica transferale
(in senso lato). Il suo bisogno di referenzialità “forte” e
individualizzata non può essere inteso soltanto come bisogno difensivo
pre-edipico, ma anche come necessità imprescindibile di sostegno e
contenimento personalizzato. Rispettare la bi-dimensionalità
simbiotico-fusionale del paziente grave (con tutti i suoi correlati
evacuativi, proiettivi, divoranti, totalizzanti) considerandola come una
risorsa, anzichè come un limite o un ostacolo da superare, consente di
partire da un terreno di potenzialità. Sul campo delle relazioni duali
si giocano spesso le partite più importanti, si possono evidenziare i
bisogni più antichi, le disfunzionalità più profonde, i segreti meno
condivisibili. L’ascolto accogliente e attento di un operatore (uno in
particolare e stabile) verso l’ospite di CT, la sua capacità di
tenerlo a mente, di rappresentarlo quotidianamente nelle istanze più
arcaiche, di proteggere le sue fragilità narcisistiche dalle
aggressioni della realtà, fino a sostituirsi a lui nei momenti di
difficoltà, laddove non ci possono essere né parole né pensieri che
lo rappresentano; la possibilità ancora di questo operatore di
sintonizzarsi con l’ospite sul registro del fare quotidiano, di
costruire con lui “pezzi” sempre più articolati di azioni
finalizzate perchè pensate all’interno di una relazione; la
possibilità di un confronto intimo e speculare, che apra la strada a
nuovi processi d’identificazione, seppure attraverso
l’idealizzazione o le dinamiche schizoparanoidee
dell’identificazione proiettiva, ebbene, tutto questo deve poter
essere previsto e deve potersi dispiegare nella CT nel faticoso contatto
quotidiano con il paziente grave.
L’area duale è allora anche il luogo della instancabile ricerca
dell’alleanza con l’ospite di CT, un’alleanza che non sia fine a
se stessa, che non si risolva cioè in una “faccenda a due”, ma che
sia propedeutica all’ampliamento dell’orizzonte relazionale, alla
comprensione e significazione dei fatti che avvengono nei diversi
contesti quotidiani all’interno e all’esterno della CT. L’area
duale è un ponte che consente all’ospite innanzitutto di ambientarsi
nella nuova realtà e successivamente di proseguire un suo percorso in
CT protetto e rappresentato da qualcuno che si occupa e si preoccupa di
lui, un operatore capace di mediare laddove il paziente non sia in grado
di farlo, vicariandolo come “filtro” nelle svariate interazioni
istituzionali (con i servizi invianti, con la famiglia, con le istanze
interne alla CT, con il sociale).
La scena del piccolo gruppo
Questo livello funzionale della mente è il luogo della fantasmatica
familiare, il campo cioé di rappresentazione del teatro familiare
interno, delle sue trame e dei suoi copioni (che nelle gravità
diventano “sintomi”, rappresentazioni autoreferenziali che tendono
cancerosamente a riprodursi sempre identiche a se stesse), il campo
dell’affettività e dei sentimenti “familiari” e delle sue modalità
dinamiche. F.Fornari, parla di fondazione immaginaria del collettivo,
con un proprio vocabolario minimo ed una propria codificazione
costituita da pochi essenziali simbolizzati (i coinemi) i cui scopi sono
sia quello di fornire un modello mentale di significazione
interrelazionale, sia di “programmazione istituzionale”.
Quest’ottica si avvicina molto all’idea del gruppo interno come
fondazione multipersonale della mente. La matrice familiare è
rappresentabile sia attraverso i simbolizzati dei codici affettivi
parentali della famiglia (padre, madre, figlio, fratello), sia
attraverso le modalità rappresentative relazionali peculiari di ogni
famiglia. Un ospite di CT attiva automaticamente all’interno del campo
gruppale allargato il suo personalissimo piccolo gruppo familiare e la
sua specifica fantasmatica, dislocandola nell’ambiente e
spazializzandola proiettivamente sulle figure reali e fantasmatiche
dell’équipe e del gruppo di compagni. Così come abbiamo già detto a
proposito dei movimenti regressivo-fusionali dell’area duale, la
riproposizione nell’attualità del “sintomo” familiare
fantasmatico interiorizzato, non è un ostacolo, bensì un altro punto
di partenza della terapia comunitaria. Farsi carico di questo per una CT
vuol dire essenzialmente allestire uno spazio di pensiero sulla
peculiarità delle dinamiche relazionali di piccolo gruppo. In questo
caso, il contenuto delle relazioni non è più il transfert
all’interno di uno scambio binario, bensì la matrice di gruppo
all’interno di uno scambio multipersonale traspositivo. Tale campo
mentale rappresentato dalla matrice di piccolo gruppo assumerà però,
all’interno di una comunità, significati coerenti con la situazione
particolarissima che contestualizza l’intervento di CT, che, come già
detto, si caratterizza per i fattori della residenzialità e della
quotidianità, nonchè per la gravità dei pazienti presenti in CT. Il
lavoro di “dinamizzazione” delle matrici patologiche personali e
familiari degli ospiti passa perciò, nell’intervento di CT,
attraverso un preliminare e faticoso lavoro sull’analisi puntuale
della convivenza, dell’appartenenza e della “ritualità”, e
attraverso un paziente lavoro di “analisi della realtà quotidiana”
nella instancabile e costante co-costruzione dei progetti, terapeutici e
di vita, condivisi tra l’équipe e il singolo paziente. La cultura
della condivisione si attiva in prima istanza nel piccolo gruppo e in
seconda istanza in quello allargato: questo apre la strada ai fenomeni
del rispecchiamento e all’apprendimento interpersonale su di sé e sui
propri sentimenti. Occorre però tenere presenti le esigenze di
contenimento e regolazione di alcuni pazienti gravi: il piccolo gruppo
deve poter assolvere anche a queste funzioni basiche considerandole come
fondanti della coesione di gruppo e quindi come fondanti la coesione del
Sé. In questo senso, il riferimento personalizzato di ciascun ospite
con un operatore deve potersi integrare con il riferimento di quello
stesso ospite ad una piccola équipe che si prende cura di lui e, più
in generale, ad un campo di piccolo gruppo (costituito da operatori e
ospiti) di appartenenza privilegiata dove possano dispiegarsi le
differenti rappresentazioni e le differenti funzioni. L’ospite di CT
troverà un posto sia nella mente di un operatore (ma anche, se
opportuno, di un terapeuta individuale) sia nella mente di un gruppo.
E’ impensabile che un solo operatore possa farsi esclusivamente carico
della psicosi di un paziente e che da solo rappresenti per lui le
istanze combinate di accoglienza-sostegno, normatività, alleanza e
principio di realtà. Il piccolo gruppo è allora quello spazio elettivo
e protetto dove poter introdurre, con modalità non persecutorie, il
principio di realtà. La collocazione del piccolo gruppo va però vista
all’interno di un assetto globale dove coesistono tutti gli altri
livelli funzionali ai quali il livello di piccolo gruppo va integrato.
Il lavoro d’integrazione deve avvenire a livello di elaborazione
dell’équipe complessiva della CT nei termini di comunicazione
efficiente tra le parti e di riflessione permanente sul modello.
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