L'INIBIZIONE
INFANTILE NEL LAVORO DI GRUPPO: UN' ESPERIENZA A BREVE TERMINE
Barbara
Rossi e Leonardo Caneva
CONVEGNO
INTERNAZIONALE SUL TEMA:
"L'ECONOMICITA' DEL GRUPPO IN TEMPI DI MANAGED CARE.
TRA ANALISI INTERMINABILE E PSICOFARMACI"
ORGANIZZATO DALL'UNIVERSITA' DI BOLOGNA
DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA
Laboratorio per la ricerca e lo sviluppo della Psicoterapia di Gruppo
Con il patrocinio dell'Assessorato alla Sanità della Regione Emilia
Romagna;
della Presidenza della Provincia di Bologna;
del Provveditorato agli Studi di Bologna
e dell'Assessorato alle Politiche sociali, Sanità, Sicurezza del Comune
di Bologna
BOLOGNA, 15-16-17 ottobre 1999
Nella
nostra esperienza di psicologi clinici in area evolutiva, l'inibizione
cognitiva ha rappresentato un aspetto enigmatico, talvolta sfuggente,
nell'impasse di fronte alle aree buie di pensabilità mostrate da bambini
che, pur intellettualmente dotati, segnalavano difficoltà di vario
genere, con particolare evidenza nell'area relazionale ed in quella dei
processi di apprendimento. Il contesto stesso nel quale ci trovavamo ad
operare, un Servizio Età Evolutiva del veneto, presentava una casistica
particolarmente elevata di bambini con grosse difficoltà soprattutto
negli apprendimenti, con prestazioni disarmoniche e comportamenti
regrediti e provocatori, talvolta persino con la chiusura in un mondo
fantastico e confabulatorio che si traducevano in un certo isolamento dal
gruppo dei coetanei, a scuola come a casa. Di qui l'idea di verificare
l'efficacia del lavoro di gruppo, feconda possibilità di sperimentazione
di sé e confronto diretto di esperienze analoghe, in bambini penalizzati
da inibizione cognitiva di origine affettivo-emozionale. Sin dai lavori di
Freud, e successivamente di Klein (1931) e Winnicott, diversi autori di
ambito psicoanalitico hanno affrontato la problematica dell'inibizione,
mettendone progressivamente in luce la matrice relazionale ( Piazza Lo
Bianco, 1986; Pompei, 1991; Tallandini, 1991) all'interno di un contesto
"multiproblematico" e complesso. La prima ipotesi, a carattere
esplorativo, ha voluto verificare l'utilità e la replicabilità del
modello qui proposto, come modo di coniugare le caratteristiche di
rispecchiamento proprie dell'esperienza gruppale, particolarmente
significativa in età infantile, con una metodologia che privilegiasse
l'impiego di attività creative ed espressive, a forte pregnanza
sensoriale ed emotiva, con una tecnica interattiva e breve nel tempo
(Vanni, 1989; Fasolo, 1996). Come affermato da Merlo (1998) "Il
gruppo ha così la funzione di innestare qualche legame e la
rappresentazione del legame stesso". In secondo luogo, si intendeva
favorire una maggiore sintonizzazione di questi bimbi con i loro genitori,
creando un clima che non fosse sostitutivo della famiglia o della scuola,
né svalorizzante o colpevolizzante: un intento quindi non correttivo,
semplicemente un accento su competenze e potenzialità ancora inespresse.Il
gruppo, configurato come chiuso, comprendeva 7 bambini di entrambi i
sessi, di età compresa tra i 7 e gli 11 anni Per tutti vi è stato un
colloquio con i genitori e una successiva valutazione diagnostica. In
diversi casi c'era stato un seguimento individuale. L'esperienza gruppale
ha avuto una durata di 2 mesi, per 9 incontri.
La tecnica utilizzata, il metodo interattivo, si coniugava con attività
espressive (disegni, collage, giochi) non verbali e verbali, di
discussione e confronto su quanto accadeva. I temi affrontati esploravano
un diversificato bacino di emozioni e relazioni, quali rabbia, il piacere
ludico, la paura, il desiderio, la curiosità verso il nuovo, l'impatto
con le difficoltà, i sogni nel cassetto, l'amicizia…... Si lavorava
sull'espressione, il riconoscimento, la legittimità e la gestione di
certe reazioni emotive nel rapporto con gli altri, per rendere
rappresentabile ciò che prima difficilmente lo era. Sperimentando il
proprio esserci insieme agli altri e grazie anche all'indiretto
coinvolgimento dei genitori è stata stimolata inoltre la creazione di
alternative ai rigidi pattern relazionali in cui si trovavano ingabbiate
le famiglie, dove non c'era la possibilità di dare forma e parola
all'emozione. Bambini e genitori hanno reagito con entusiasmo a questo
nuovo modo di scoprirsi e stare insieme.Da un lato, come sostiene Bonassi
(1997), si era creato un contenitore, "Uno spazio dove emozioni
troppo crude potevano essere cucinate e diventare più digeribili",
dove era possibile sperimentare che ci si può arrabbiare senza scoppiare,
o che si può sentire la paura di fronte alla rabbia dell'altro senza
esserne annichiliti, un laboratorio dove si potevano mettere a fuoco le
immagini e le emozioni. Un processo di significazione primaria
fondamentale per la salute mentale. Dall'altra parte la presenza di più
persone, e del gruppo nel suo insieme, rispetto a una terapia individuale,
ha aumentato l'opportunità di sperimentare quelle forme di rapporto,
interazione e scambio di cui ciascuno dei bambini aveva più bisogno.Un
trattamento individuale non avrebbe potuto sollecitare quella rimessa in
gioco che si è venuta a sperimentare nel gruppo. Per alcuni bambini
infatti gli incontri individuali erano vissuti come stigmatizzanti e
quindi inaccettabili, mentre per altri il lavoro individuale avrebbe
comportato tempi ben più lunghi, col rischio comunque di perdere di vista
la complessità della situazione in gioco. Nel gruppo al contrario era
possibile sperimentare una certa libertà d'espressione e di confronto
senza sentirsi etichettati per questo.
Bibliografia
-BONASSI
Elena (1997): "Uno sviluppo bioniano in psicoterapia infantile: il
gioco rappresentazione" relazione presentata a Torino, in occasione
del convegno su Bion.
-FASOLO F., BARILLARO AM.,CANTU' C.,CORTESE G.,FAVA VIZZIELLOG. (1996):
"In breve volo. Quale stile di conduzione per una psicoterapia di
gruppo a termine?" Archivio di psic., neur., psich.1: 71-81.
-FREUD S. (1925): "Inibizione, sintomo e angoscia" Opere di S.
Freud, vol.10, Torino, Boringhieri 1978, cit in Piazza, Lo Bianco:
"Breve excursus nella letteratura psicoanalitica sull'inibizione
intellettiva" Psichiatria Inf. e adol., vol. 53:217-224, 1986.
-KLEIN M. (1931): "Contributo alla teoria dell'inibizione
intellettiva" in Scritti 1921-1958, Torino, Boringhieri, 1978, cit in
Piazza, Lo Bianco: "Breve excursus nella letteratura psicoanalitica
sull'inibizione intellettiva" Psichiatria Inf. e adol., vol.
53:217-224, 1986.
-MERLO (1998): "Il campo affettivo-sensoriale" in Di Marco:
"L'istituzione come sistema di gruppi" Atti del Convegno
Nazionale COIRAG, 1-7 feb., Folgaria., in via di pubblicazione.
-PIAZZA M., LO BIANCO D. (1986): "Breve excursus nella letteratura
psicoanalitica sull'inibizione intellettiva" Psichiatria Inf. e adol.,
vol. 53:217-224.
-POMPEI M.G. (1991): "Trasformazioni" Quaderno dell'istituto di
psicoterapia del bambino e dell'adolescente, Milano, n°1, marzo, p.
57-71.
-TALLANDINI M.A., FUNDARO' A. (1991): "Meccanismi conoscitivi e
inibizione intellettiva nell'interpretazione psicoanalitica"
Psichiatria Inf. e adol., vol. 58:73-82
-VANNI F, a cura di, (1989): Psicologia dei gruppi nell'età evolutiva .
Studi e ricerche. ed. Unicopli--WINNICOTT D. W. (1984): "Il bambino
deprivato" Cortina ed., Milano
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