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IDENTITA’ SESSUALE E OMOSESSUALITA’:
PROBLEMA, MALATTIA O SCELTA?

di Barbara Rossi



Un argomento molto attuale, da quando nel luglio del 2000 la città di Roma ha ospitato tra molte polemiche la giornata internazionale dell'Orgoglio omosessuale, il gay pride.Per molto tempo l’atteggiamento comune verso l’omosessualità comprendeva un alquanto confuso mix fatto di colpevolizzazione moralistica, etichettamento, criminalizzazione, disprezzo, timore, paura di contagio, critica, considerazioni medico-diagnostiche, ecc. Di fatto basti pensare che solo negli anni 90 viene tolta la casella diagnostica dell’omosessualità dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV), posizione poi adottata anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1993, mettendo così la parola fine sul piano scientifico alla medicalizzazione di questa condizione. Quindi, non malattia ma… problema o scelta?La scelta omosessuale corrisponde al desiderio di amare, di costruire e autoidentificarsi con persone dello stesso sesso, e non si riduce ad un atto sessuale, magari promiscuo o perverso. E’ una condizione esistenziale così come la scelta eterosessuale, fatta di progetti, affetti, relazioni…ad ognuno “così come piace”. Ecco cosa mi piace in un ragazzo: la complicità. Capirsi con un gesto, una parola non detta... Sarà capitato anche a voi, guardarsi e scoppiare a ridere, per esempio, per qualcosa detta con uno sguardo... Forse adesso, io e te, stiamo comunicando... siamo complici senza saperlo... (L.) In una ricerca condotta dall' Arcigay/Ispes nel 1988 fu evidenziato che il 90% degli omosessuali considerava il rapporto di coppia come la migliore forma di relazione e il 41,5% al momento della ricerca ne viveva una. Solo il 15,1% degli intervistati nel 1990 in un sondaggio condotto dall'Arcigay in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità aveva vissuto esperienze sessuali esclusivamente occasionali, cosa che comunque accade anche nella “sindrome del Don Giovanni” agli eterosessuali.In ogni caso l’atteggiamento comune resta discriminatorio, considerando “normale” una scelta eterosessuale e “deviante”, cioè contro natura, la scelta omosessuale. La nostra società ha distinto in modo netto ciò che è maschile e ciò che è femminile. Di certo quella omosessuale resta una scelta più difficile, proprio in quanto costringe al confronto con parti non tradizionalmente maschili o femminili, coi sensi di colpa “per non essere come tu ti aspetti”, con la paura di essere rifiutati, col rischio di vivere le relazioni senza libertà d’espressione, col compito di riconoscersi una propria identità che non ha precedenti nella famiglia, con tutta la fatica di inventarsi in modo nuovo e originale.Sull'origine dell'omosessualità molte sono le teorie, ma non si è giunti ad una conclusione certa ed univoca. Negli anni 60 molte sono state le ricerche sull’origine genetica, biologica e ormonale dell'omosessualità, ma non hanno portato a risultati convincenti. Significative sono invece le ricerche sulla storia familiare e sullo sviluppo psicologico. Nel 1962, Bieber aveva descritto un quadro familiare caratteristico, dove la famiglia viene considerata un fattore predisponente. Tuttavia, va sottolineato che anche se il comportamento sessuale è molto più determinato dalle esperienze e dall'apprendimento che da questioni biologiche, occorre utilizzare un modello multicausale per vedere come l'identità sessuale derivi da aspetti biologici, dalla percezione dell'immagine di sé, dall'organizzazione del rapporto con il proprio sé psichico e corporeo, da vicende familiari e da modelli educativi (ancora familiari, ma anche scolastici e sociali), oltre che dalle esperienze formative che si sviluppano negli anni. Spesso l’omosessualità viene portata come problema in terapia quando non è ancora una scelta, e non è chiaro quanto ci sia di difficoltà con l’altro sesso e quanto di desiderio autentico per una persona dello stesso sesso. L’integrazione del proprio desiderio omosessuale in una propria identità sessuale è un obiettivo possibile, che comporta la fatica di ripensare il proprio senso di sé con sé e con gli altri, e può raggiungere un livello di adattamento psicologico valido e sano per molti individui.

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