Il Corpo in gabbia Dott.ssa Barbara Venturinipagina precedente
incidente stradale alla presenza del bambino, che le ha causato
importanti conseguenze psico fisiche e lavorative dalle quali non si è più
completamente ripresa. CONCLUSIONI “Chi
ha un perché per vivere, sopporta quasi ogni come” La
negazione della libertà personale rappresenta
un evento unico, tale da procurare stati psico-emozionali che
caratterizzano in maniera
totalizzante il vissuto esistenziale di chi vive in reclusione mettendo a
dura prova, sia la struttura della sua personalità, sia tutto il suo
sistema di valori acquisito e sperimentato nel tempo . La vita
“dentro” il carcere porta
ad uno stravolgimento
del modo di percepire la realtà, tutto si trasforma: il
“tempo” si dilata, gli spazi si restringono, con ripercussioni sulla
percezione sensoriale del modo di essere, di vivere, di pensare; gli
affetti si svuotano di quella quotidianità significativa che dà ad ogni
uomo il senso della vita e dell’esistere.Tutto sembra fermarsi nella
solitudine di una vita "congelata" nelle sue espressioni
dinamiche, emozionali ed esistenziali, spesso ho sentito definire il
carcere da chi lo vive come il
"cimitero dei morti viventi".Senza addentrarsi nella questione
della giusta causa della pena per
chi delinque, è innegabile che nella situazione di detenzione subentri
una forzatura della stessa natura umana.Gli interventi ri-educativi e
ri-abilitativi dovrebbero accogliere il detenuto
in tutta la sua dimensione organica, psichica ed esistenziale per
ri- accompagnarlo verso un’interiorità sopita.In questa
significativa esperienza ho potuto verificare come l'approccio
metodologico gruppale di tipo psicocorporeo, accompagnato da una costante
attenzione per l'aspetto relazionale insieme al
rispetto per la persona faciliti la possibilità
di ri-contattare ed esprimere vissuti ed emozioni
"congelate" dalla realtà carceraria riportando gradualmente
"in vita" i pazienti.Delle metodologie utilizzate ho trovato
particolarmente efficace nel setting carcerario
la visione di film, il cinema viene oggi spesso utilizzato in
terapia, ed in un contesto ipostimolante
può divenire una fonte vitale "Penso che ogni immagine
cominci ad esistere solo quando qualcuno la sta guardando" (Wim
Wenders). Ritornare
a sentirsi vivi è la condizione necessaria di partenza per poter poi
procedere con qualsiasi attività rieducativa, riabilitativa o
terapeutica. Bibliografia
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senza paura. Fiabe di individuazione maschile in tossicodipendenti in
carcere, Antigone Editore 2007 8. Paolo Michielin, Giorgio Bertolotti, Ezio Sanavio, Giulio Vidotto, Anna Maria Zotti, test CBA-Ve
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