Presentazione
del libro “Psicologia dello sport e non solo” Matteo
SIMONE
Argomenti
del libro sono lo sport, la psicologia dello sport, la psicoterapia della
Gestalt, la psicologia dell’emergenza, l’EMDR, l’incontro, la
maratona, il doping. Che
senso ha la corsa per lei? —
La corsa è uno sport che ti libera tutte le cose che hai in mente, ti
spiego in parole chiare: non pensi ad altro, pensi solo a correre, i
problemi li lasci alle spalle. —
Mi toglie tanti problemi dalla testa che ho in famiglia, mi scarica e vuol
dir tanto, è la cosa più fondamentale della mia vita. —
Mi piace stare con altri, con amici, confrontarmi con altri, dialogare per
arricchirmi. —
Liberazione, quando torno dal lavoro se non corro sto male, torno a casa
dopo la corsa, faccio la doccia, sto bene, sono un’altra persona, non
potrei stare senza la corsa. Che
significa per lei correre per 100 km? —
Ti prende, sembrano tanti, è una passione, durante il percorso la mente
pensa tante cose, scopri tante cose interiori, è un modo per rilassarsi —
Libertà, tante ore da sola. Cosa
le permette la corsa? —
Mi gratifica, nel senso personalmente di star bene, avere soddisfazioni,
presenze in nazionale, mi gratifica tantissimo. —
Contatto con natura, mi gratifica molto. Cosa
ti appresti a fare? —
Proverò a fare questa 100 km, spero che Dio me la mandi buona, sono
tanti, farò il possibile, sarebbe un sogno bellissimo. —
Sono un amatore, penso di finirla entro il tempo massimo, una gara che mi
appassiona durante tutto il percorso, penso di finirla. —
Cerco, come gli altri, di concludere questa gara impegnativa, oltre a
comportare parecchio tempo, 100 km sulle gambe stanca abbastanza, è una
sfida personale con te stesso raggiungere il proprio limite. —
Tento di fare questa pazzia, se sapessi di arrivare non partirei, mi
piacerebbe arrivare. Gli
altri cosa pensano di te? —
Mi considerano pazza. —
La mia ragazza mi sopporta ma è contenta, gli altri amici sono
orgogliosi. —
Mi prendono per pazzo. Cosa
ti spinge a correre? —
Penso che la maratona sia la metafora della vita per colui che vuole
arrivare a 100 anni, concluderla è l’ottimismo della vita, quindi ci si
sente ultraterreni a percorrere una corsa a piedi di 100 km. —
Ho iniziato per dimagrire, nel giro di 1 anno sono andato in forma, sono
emozionato, non mi aspettavo di contribuire a vincere la medaglia d’oro,
volevo fare una bella gara. Cosa
scopri di te stesso? —
Viene fuori quello che normalmente non viene fuori, il muro da battere è
dentro di te, ti da la possibilità di fortificarti, aiuta a combattere il
dolore, dispiaceri. —
Durante ogni competizione cerco di scoprire qualcosa in più di me stesso,
in questa disciplina l’autoconoscenza è fondamentale, per come sono
devo partire prudente, mi aiuta psicologicamente vedere che sono in
rimonta anziché in riserva e che la sto consumando. Non mollo mai, non mi
sono mai ritirato, in qualche maniera devo arrivare, ho stretto i denti,
ho avuto i crampi, ho rallentato, nella vita quotidiana vado sempre al
massimo.” Un
testo che parla di sport e psicologia non può trascurare il fenomeno
DOPING, l’atleta fa continuamente delle scelte e rinunce, decide sui
recuperi tra un allenamento ed un altro, sceglie integratori alimentari,
fa dei lavori sempre più sostenuti ed a volte si pone delle domande:
Perché non doparmi? Perché ti fa male. Ma se non vinco sto peggio, la
mia vita senza la vittoria non ha senso. Perché non doparmi? Perché non
è corretto nei confronti dei tuoi avversari. Ma tutti si dopano, se non
lo faccio anch’io perdo in partenza. Se vinci con il doping saresti un
falso campione? Sarei sempre un campione, alle persone piacciono i
vincitori, i record, mi riconoscono, parlano di me, mi fa star bene, senza
vittoria non sono nessuno, sono inesistente, nessuno parla di me, sono un
uomo morto. Riporto
da pag. 70 una ricerca di John R. Fuller e Marc J. LaFountain che hanno
intervistato 50 atleti che ammisero di usare steroidi. Gli era stato
chiesto direttamente perché usavano droghe, come avevano imparato, e i
valori che associavano con questa forma di uso di droga. L’uso di
steroidi era giustificato come un atto di patriottismo, e come pagamento
del prezzo necessario per essere competitivo: —
Ci dovrebbe essere permesso di prenderli perché tutti quelli delle altre
nazioni li prendono. Questi tipi della Germania dell’Est, Bulgaria, e
Russia tutti usano steroidi. Le donne anche. Se non li prendiamo non
possiamo mai vincere una medaglia Olimpica per l’America. —
Non hai nessuna scelta se vuoi competere alla grande. Tutti dalle altre
nazioni fanno così, anche noi dovremmo. —
Io uso piccole dosi. Conosco solo tre persone che hanno avuto problemi. Un
tipo quasi morì. Era realmente bravo e aveva una possibilità di andare
alle Olimpiadi di Los Angeles ma ne prese troppo. Se avrò problemi
smetterò. —
La gente non sa che significa essere atleta. Le regole non dovrebbero
essere fatte e fatte rispettare dalla gente che non sa di cosa stanno
parlando. —
Penso che dovresti prenderti cura del tuo corpo. Io non avevo mai preso
cura del mio, ora lo faccio. Io ottengo molto divertimento e piacere dal
sollevamento pesi. Mi da una possibilità di realizzarmi e faccio tutto
quello che posso per far diventare il mio corpo più forte. Non uso droghe
o bevo o fumo e se il mio allenatore dice che gli steroidi mi faranno
diventare più forte li userò. —
Mi piace stare con gli atleti più che con altra gente. Ho cambiato la mia
vita sociale da quando entrai nel sollevamento pesi. Non mi piace la gente
che pensa negativo, e essere fatto con gli steroidi mi fa sentire molto
positivo. Io vivo velocemente. Ho avuto un’ora di sonno la scorsa notte,
e sto andando ancora forte. Se la tua mente pensa positivo puoi fare tutto
quello che vuoi. —
Li uso perché mi danno il “Momento Bianco” (definito come un
sentimento mistico, estatico). Se tu non l’ hai mai provato, non sai di
cosa sto parlando. Un
capitolo è dedicato alla psicoterapia della Gestalt in cui sono
specializzato, trattasi di un approccio fenomenologico, esistenziale, è
un approccio diretto, immediato con la persona, informale, non necessita
obbligatoriamente di un setting, quindi si può lavorare direttamente sui
campi di allenamento, di gara, pone attenzione alla consapevolezza, alla
responsabilità individuale. Chi ho di fronte? Osservazione gesto
atletico, performance. Si conosce l’altro attraverso colloqui verbali ma
anche attraverso il linguaggio non verbale l’altro trasmette rispetto a
se stesso. Un capitolo è dedicato alla psicologia d’emergenza, anche nello sport si lavora in emergenza, può capitare che l’atleta voglia risolvere un problema nell’immediato e quindi come succede in emergenza è importante documentarsi, essere disponibili, essere presenti, normalizzare eventualmente un problema, un fastidio, una preoccupazione, è importare permettere ed agevolare l’espressione di richieste, e non ultimo è importante la costruzione di reti, il collegamento delle figura professionali che gravitano attorno all’atleta. Così illustro a pag. 111 quello che può avvenire in un contesto di emergenza e che può essere trasportato in un contesto sportivo: In
una emergenza, lo psicologo: —
si documenta; —
è presente; —
incontra l’altro, diverso da lui; —
è disponibile all’ascolto empatico; —
si adatta al contesto e al setting; —
utilizza tecniche di mediazione, negoziazione e gestione dei conflitti; —
promuove il lavoro di rete. In
una emergenza, lo psicologo deve valutare il contesto dove andrà ad
operare e sapere: —
cosa trova; —
chi trova; —
con chi opera; —
di cosa ha bisogno; —
quali problemi potrebbe avere. Arrivato
al luogo di intervento lo psicologo può: —
rendersi visibile; —
farsi conoscere; —
essere “tra”; —
essere “con”; —
essere disponibile.
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