Piove governo ladro Paola Locci Ricordo una volta, molti anni fa, un’anziana signora piuttosto infervorata, che cercò di coinvolgermi, in attesa entrambe davanti al banco di una farmacia, in un’esplosione di giubilo ed entusiasmo, per una vittoria della nazionale di calcio, e si offese - giuro: era proprio “offesa”! - quando dedusse, dalla mia reazione piuttosto tiepida, che il calcio non mi interessava affatto. Ultimamente questa tendenza ad attribuire arbitrariamente ad altri il proprio pensiero si è diffusa in modo preoccupante, e su argomenti ben più importanti. Assistevo la scorsa primavera ad un seminario di psichiatria. Il relatore, brillante e colto docente universitario venuto appositamente da un’altra città, all’improvviso, tra un postulato freudiano e una citazione junghiana, si è lanciato in una menata sarcastica e tagliente nei confronti dell’attuale capo del governo. Il tono leggero e divertito non attenuava il senso di quanto andava dicendo. Il pubblico era costituito da persone di varia provenienza, che non si conoscevano tra loro e che probabilmente mai in futuro avrebbero approfondito la reciproca conoscenza. Se per vari motivi si è interessati ad un seminario o ad una conferenza, va da sé che non si è nella disposizione mentale di alzarsi per esprimere la propria opinione in un campo totalmente estraneo al tema trattato, o di protestare andandosene platealmente. Con le stesse modalità, durante lavori di gruppo in ambito professionale, più volte mi è capitato di assistere alle esternazioni di qualcuno che approfittava dell’occasione per pronunciarsi pesantemente su temi non pertinenti. Tramite e-mail, mi pervengono regolarmente messaggi molto espliciti, appelli spesso allarmistici, e addirittura raccolte di firme, che non possono che essere definiti propagandistici, da parte di persone appartenenti ad associazioni, comitati, istituzioni di vario genere - che si dichiarano peraltro di tipo “culturale”, “indipendente”, “apolitico” - e con cui sono venuta in contatto esclusivamente per motivi di lavoro. Ancora peggio quando ciò si verifica in gruppi di amici o conoscenti casuali, in occasione di cene o conversazioni salottiere. In queste circostanze, la buona creanza - per chi ancora la frequenta - imporrebbe di sorvolare e fare buon viso a cattivo gioco. Quando proprio non ci si riesce perché l’aggressione è veramente eccessiva, si può star certi che difendere il proprio o altrui diritto ad avere delle opinioni diverse, non sarà privo di conseguenze. Il bisogno di condivisione e appartenenza è assolutamente naturale nell’essere umano, e sono ugualmente legittimi l’esigenza e il diritto di esprimere le proprie credenze ed opinioni. Altrettanto naturale e legittimo, e infatti esiste il detto popolare, è prendersela con i governanti di turno e proclamare ad ogni piè sospinto “Piove, governo ladro!” anche mentre la siccità tocca punte da record storico. Però quello che succede negli ultimi anni, senza che nessuno ne sottolinei la gravità, è che non solo si cestina, certo perché troppo impegnativa, la celebre affermazione di Voltaire riguardo ai suoi avversari «Non sono d’accordo con quel che dicono, ma mi batterò fino alla morte perché possano dirlo» (esagerato!). Ma, in nome di una presunta superiorità intellettuale, culturale, morale, si passa, da parte di alcuni, al convincimento che esista una sola unica incontestabile giusta Verità e quindi tutto il resto è anomalia, perversione, e deviazione dalla norma (alla quale è necessario tornare rapidamente con tutti i mezzi possibili), al punto tale che ci si rifiuta di ammettere che “il resto” esista e che abbia pari diritto di espressione. Questa pericolosa “tendenza” può essere ricondotta alla sottintesa seguente convinzione: per essere una brava persona, rispettabile e moralmente degna, devi essere come me, condividere le mie idee e le mie passioni, sanzionare insieme a me tutto quello che non rientra nel mio modo di pensare. E poiché il mio modo di pensare è l’unico possibile, l’unico Buono e Giusto, non posso che dare per scontato che tu la pensi come me. Per questo non mi chiedo e non ti chiedo neppure come la pensi, è ovvio che non puoi che pensarla come me! Come?!? non la pensi come me?!? Vergogna vergogna vergogna! Come l’episodio della tifosa dimostra, non è uno specifico argomento che fa scattare questo meccanismo, ma certamente l’argomento “politica” è quello che più facilmente accade di veder tracimare dai confini che dovrebbero delimitare una tranquilla chiacchierata tra amici, o una conferenza accademica, o una riunione di lavoro o di studio. Tutto ciò accade in un paese dove il voto è “segreto” e dove parlare di politica è quasi un tabù (o forse accade proprio per questo...?) E allora può capitare di vedere la propaganda infiltrarsi come un blob nei luoghi e nei momenti meno opportuni, di ascoltare stoccate velenose lanciate come per caso, quando ci si trova nell’impossibilità di replicare, di dover subire la prepotenza di chi approfitta senza imbarazzo di qualsiasi occasione pubblica o privata destinata ad “altro”, che non prevede cioè una dichiarata finalità di discutere alla pari e confrontarsi apertamente. E’ naturale che ognuno pensi di avere ragione e non voglio dire che non esistano in assoluto valori e obiettivi condivisi e condivisibili, come ad esempio assicurare a tutti gli esseri viventi la sopravvivenza, la salute, la giustizia, il benessere. Il problema sta nel come. E se esistesse un unico modo infallibile lo si sarebbe già trovato. Allora va bene discutere su questo “come”, va bene azzuffarsi per dimostrare agli altri che le loro ragioni sono totalmente sbagliate, va bene anche divulgare e promuovere le proprie idee e convinzioni, ma attenzione: non va bene decidere che qualcuno è moralmente migliore o peggiore di qualcun altro in virtù o per colpa delle idee e convinzioni che ha. Tutti abbiamo il diritto di esprimerci, ma a nessuno è stato dato il diritto di giudicare, prevaricando o escludendo illegittimamente a priori la ragione altrui, l’altrui pensiero.
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