"Per discutere davvero si deve prima aver accettato la possibilità di avere
torto
(Sartre, 1948)" Spesso mi domando perché non si riesca a parlare di politica, nemmeno tra amici, tra persone cioè che presumibilmente si apprezzano e si stimano. Discutere e confrontare le proprie idee è qualcosa che esige il rispetto reciproco, altrimenti è inevitabile, laddove le idee non coincidano, lo scontro, anche feroce e talvolta devastante. In ogni caso, inutile. Ogni volta che assisto, o partecipo, ad una discussione politica – ammesso che discussione sia la parola giusta per pochi, allusivi e sarcastici scambi di battute – resto sorpresa dagli atteggiamenti del tutto inusitati che assumono persone le quali su qualsiasi altro argomento generalmente mantengono serenità, coerenza, e soprattutto lucidità. Cos’è che improvvisamente rende queste persone indistinguibili dagli scalmanati ultra-tifosi di calcio, categoria umana tra le più ottuse e irrazionali? Pensiamo ad un qualunque Sig. Rossi, ragionevole, intelligente e pratico; mettiamo che gli serva un dentista, o un arredatore, o un idraulico, o un avvocato. Si informa da conoscenti e amici, cerca di capire se si tratta di una persona seria, se è preparata, onesta, se è degna di fiducia. A questo punto si affida a questa persona, rimanendo comunque vigile sul suo operato e sul suo comportamento. Se comportamento ed operato non sono soddisfacenti, il Sig. Rossi si cerca un altro dentista, un altro idraulico, un altro avvocato. Lo stesso Sig. Rossi ha cominciato a votare, per tradizione familiare, o contestando la tradizione familiare, per il partito PX, che rispecchia i valori in cui crede, che presenta un programma condivisibile, che comprende nelle sue liste persone che presume serie e affidabili. E qui comincia il comportamento inusuale. Legge solo giornali col marchio PX, ascolta solo i discorsi, i comizi e gli interventi radiotelevisivi degli esponenti del PX. Contemporaneamente, evita come la peste qualsiasi voce discordante, accogliendo con disprezzo e strafottenza osservazioni o commenti non allineati persino se provenienti da amici di cui in genere ha stima e rispetto, invece di servirsi delle voci diverse proprio per operare quella critica e quella vigilanza che si riserva a chiunque stia facendo qualcosa in nome e per conto nostro. Ho provato ad immaginare quale potrebbe essere il presupposto, o quali i presupposti, di questo comportamento. Innanzitutto si dà per scontato che tutti i buoni stanno da una parte, e tutti i cattivi dall’altra. Secondo, è ovvio che i “miei” sono i buoni; quindi, per la serie “o con me o contro di me”, è chiaro che chiunque stia dall’altra parte non può avere assolutamente nulla di positivo. Terzo, i “buoni”, per il semplice fatto che io li ho scelti ed appoggiati, sono sempre e comunque buoni, qualsiasi cosa facciano, e – soprattutto – è assolutamente escluso che stiano cercando di fregarmi. Addetti alla fregatura ci sono già i “cattivi”. Quarto, le promesse ed i programmi sono rispettivamente falsi, inattuabili, demagogici, oppure seri, onesti, realistici, a seconda che sia la parte avversaria, o la mia – quella dei buoni - a recitarli durante le campagne elettorali. Allora, io chiedo al Sig. Rossi: perché non ti interessa conoscere le motivazioni degli altri? Perché pensi che le tue siano le uniche motivazioni giuste e valide, e non suscettibili di eventuali aggiustamenti o ripensamenti? Non stai forse investendo in una parte politica più di quanto ad essa si possa ragionevolmente chiedere? Che cos’è la "politica"? Secondo lo Zingarelli 2000 è la “scienza e arte di governare lo Stato”. Né più né meno. Quindi, siccome non possiamo tutti governare lo Stato, si eleggono delle persone che ci rappresentino, che rappresentino i nostri interessi, o magari, gli interessi che ci stanno a cuore, se pure non sono i nostri. Certo se la fedeltà ad un partito funziona sul modello de “la Roma è 'na fede”, tutto si spiega... Ma il calcio, ammesso che qualcuno se lo ricordi ancora, è un gioco. Oppure no?
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