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“Il coraggio, uno non se lo può dare (Alessandro Manzoni)

Paola Locci

Fin dalla mia prima lettura de "I Promessi Sposi", alcune cose in particolare hanno stimolato il mio spirito alquanto critico. Una di queste è il giudizio su Don Abbondio. Sono convinta infatti che, in fondo, Don Abbondio non era un vigliacco grave: sapeva che il rischio era la vita e l’istinto di sopravvivenza è una cosa normale, naturale, sana. In altri termini, aveva sì paura, una paura terribile, incoercibile, ma chi, al suo posto, non ne avrebbe avuta? In fondo è la stessa paura alla base dei fenomeni di omertà. E’ vero che era un prete, ma anche un prete è un uomo. Eppure, ironia della mala sorte, Don Abbondio è rimasto nella storia come il prototipo del Vigliacco, quello con la V maiuscola. Credo che il motivo, per cui si ha paura, sia importante. Ad esempio, pensiamo alle tante piccole vigliaccherie della vita di tutti i giorni, quelle che non meritano la V maiuscola, quelle cioè riguardanti situazioni che non mettono a repentaglio la vita, o la salute, o il posto di lavoro. C’è il vicino di casa che lancia quotidianamente tuoni e fulmini contro l’addetto alle pulizie condominiali perché non pulisce bene le scale, che minaccia licenziamenti in tronco, che rompe le scatole a tutti perché “nella prossima assemblea…” e poi, all’assemblea, fa finta di dimenticare l’argomento e, se proprio qualcuno lo tira fuori, comincia a parlare di “padre di famiglia”, di “tocca essere tolleranti” ecc., facendo fare una figura da idiota a chi lo aveva preso sul serio. C’è l’amico che sparisce per mesi “sapessi, ho avuto un periodaccio…”, guarda caso, subito dopo aver constatato che avevi ragione su qualcosa. C’è quello che ti promette: “stai tranquillo, ci penso io, non preoccuparti, ti telefono domani…” e scompare nel nulla non facendosi trovare agli appuntamenti, negandosi al telefono, lasciandoti a confrontarti con una segretaria confusa e balbettante che non sa che pesci pigliare. In casi di questo genere, dopo, vengono addotti a scusante incidenti stradali, lutti, malattie, emergenze di vario genere che – se fossero veri – non basterebbe la protezione civile. C’è quello che nel consiglio di amministrazione, o nel circolo sportivo, o nel club del bridge, ti provoca e ti insulta – sempre rigorosamente a quattr’occhi – e poi, se osi reagire sfidandolo a ripetere quanto ha detto davanti a tutti, invia un’elegante lettera di dimissioni in cui afferma di essere stato gravemente offeso, e si defila “da signore” – così almeno crede lui – privandoti della possibilità di replicare e difenderti. E che dire delle lamentele sul comportamento di qualcuno, ovviamente riferite in confidenza a qualcun altro, mai all’interessato! Bisognerebbe come minimo essere Riccardo Cuor di Leone per guardare in faccia una persona e dirle apertamente: non sono d’accordo su ciò che hai detto, oppure: credo che tu mi abbia fatto un torto, vogliamo parlarne? E, sempre in casi simili, che dire del fiero e dignitoso silenzio di colui che si sente ingiustamente colpito e offeso, ben al riparo dall’idea di chiedere ed affrontare un confronto? Chiunque potrebbe proseguire questa deprimente lista, ripescando nella memoria infiniti episodi di quotidiana viltà, piccoli episodi di piccola viltà, capaci però di amareggiarci una giornata, o di appannare un’amicizia. E per questo più gravi. Si è responsabili della propria paura? Ed è poi vero che “il coraggio, uno non se lo può dare”? E se è vero che uno il coraggio non se lo può dare, perché da sempre gli esseri umani apprezzano e premiano i coraggiosi, gli audaci, gli eroi? (Viceversa la parola “vigliacco” è tra gli insulti che si sopportano peggio). Perché si dovrebbe essere premiati - o disprezzati - per un merito - o una colpa - che non si ha? Chi può rispondere a queste domande? Forse l’unica cosa che possiamo fare è chiederci, ogni tanto, se, per caso, non stia affiorando in un angolino della nostra mente, quel piccolo frammento di Don Abbondio che dorme in ognuno di noi, conservandolo e preservandolo per occasioni ben più degne di … fuga a gambe levate!

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