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Vuoi più bene a mamma o a papà?

Paola Locci

Un pericoloso equivoco per cui alcuni pensano - pur non osando confessarlo - che la pedofilia, se non c’è costrizione, non è poi così grave, si basa sulla convinzione che il bambino spesso è “d’accordo”. Il problema è che si può insegnare ai bambini ad essere d’accordo. Non è necessario costringerli. E la pedofilia non è l’unico tragico sbocco di tale possibilità. Ad un bambino si può insegnare cosa è giusto e cosa non lo è, cosa è buono e cosa non lo è, gli si può insegnare ad uccidere, a pregare, a prostituirsi, a rubare, a sacrificarsi, ad amare e a odiare. Il bambino non può scegliere. Da quando un piccolo nasce, è biologicamente predisposto a fidarsi di coloro che lo accudiscono: se non lo facesse, morirebbe. Morirebbe di paura all’avvicinarsi di un adulto, o di fame perché rifiuterebbe di mangiare. I bambini di certi paesi vengono trasformati in soldati spietati; milioni di bambine subiscono senza ribellarsi mutilazioni terribili perché sono le loro mamme e le loro nonne a volerlo; altri vengono indottrinati ed indotti con tecniche più o meno raffinate ad accettare una religione o un’ideologia, ad adottare convinzioni e comportamenti violenti, razzisti, sessisti. A considerare giusto e “normale” quanto di più efferato è capace di produrre una mente umana. Ma come è possibile trasformare una creatura innocente in un piccolo mostro o in una vittima consenziente? E’ facilissimo, basta non darle scelta. Basta proporle un’unica strada, un’unica indiscutibile Verità. Certo, esiste per fortuna il lato positivo della medaglia: è per questa innata disponibilità ad apprendere, che è possibile insegnare ai bambini la Bellezza, la Generosità, la Libertà, il Coraggio. E la capacità di scegliere. Ed ecco l’immensa responsabilità degli adulti: di tutti gli adulti nei confronti di tutti i bambini, non solo dei genitori nei confronti dei propri figli. Si parla tanto di tolleranza, di giustizia, di democrazia, di rispetto, di pace... Splendide parole. Ma dovremmo tutti ricordarci più spesso che le parole hanno un’influenza minima sui piccoli, rispetto all’enorme valore che ha l’esempio. E non può esistere tolleranza, giustizia, rispetto, se non si è capaci di proporre ai bambini, insieme alle nostre verità, anche quelle degli altri; se non proprio con entusiasmo, almeno con altrettanta onestà e limpidezza. Questo è un vero assoluto diritto dei bambini: avere un quadro della realtà il più possibile completo, affinché sia loro possibile scegliere. So bene di dire qualcosa di molto impopolare, ma sono convinta che l’ora di religione dovrebbe spiegare i princìpi di tutte le religioni, e anche dell’ateismo; che la politica andrebbe insegnata cominciando dalla sua storia: dove, quando e come ideologie, partiti e movimenti sono nati, dove quando e come si sono sviluppati, quali gli aspetti positivi e quali i risvolti negativi nella loro applicazione pratica. Bisognerebbe insegnare, a casa e a scuola fin dalle prime classi, a sviluppare il senso critico, e prima di questo, la capacità di reperire informazioni, attingendo da più fonti. A controllare personalmente le fonti, che siano esse istituzioni, o giornali, o leggi; l’attendibilità, la formazione e la storia di vita se si tratta di persone. Senza pregiudizi, senza manipolazioni, senza omissioni. Utopia? Forse. Eppure non sarebbe necessario rinunciare alle proprie idee, rinunciare a perorarle, anche con energia e passione; sarebbe sufficiente non negare, stravolgere o demonizzare le idee altrui. Bisognerebbe avere l’onestà di esporle per come realmente sono e il coraggio di tollerare da parte di un figlio una scelta che non condividiamo. E’ vero che nel nostro paese non si mandano i bambini in piazza con i kalashnikov come ci siamo tristemente abituati a vedere in tv, e qui da noi l’infanzia sembra essere un mondo dorato, ovattato e ultraprotetto; eppure quante piccole grandi violenze anche nei confronti dei nostri bambini! Negli anni della mia infanzia, si raccomandava sempre ai bambini di rispondere, alla fatale domanda: “vuoi più bene a mamma o a papà?”, con l’ipocrita frase: “a tutti e due”. E nessuno si poneva mai il dubbio di quanto quella frase potesse essere angosciante per un bimbo. Gli si faceva una domanda chiedendogli di essere sincero, ma gli si era già impartita la risposta oggi diremmo politically correct; quindi se rispondeva “tutti e due”, aveva l’impressione di aver mentito. Se rispondeva “mamma” oppure “papà”, si sentiva in colpa sia per aver trasgredito una regola, sia nei confronti del genitore non prescelto. Colpa che gli adulti contribuivano ad alimentare, cercando di convincerlo dell’errore... di aver detto la verità. Oggi non va molto meglio. Si chiede ai bambini di esprimere liberamente quello che realmente pensano, ma non si danno loro gli strumenti per pensare con la propria testa, non si forniscono loro fonti di informazione diversificate e alla loro portata; non li si educa all’idea che possono esistere molti differenti punti di vista sullo stesso argomento; li si coinvolge però in problematiche e condotte che non sono assolutamente in grado di comprendere. Prendiamo un esempio recente: la manifestazione contro la riforma della scuola. Una manifestazione, come è noto, indetta da rappresentanti esclusivamente di una parte politica. Senza entrare nel merito dei motivi, e tralasciando il problema non secondario dell’esibizione di minori, guardiamo al semplice avvenimento. Si sono visti bambini delle elementari, mescolati a insegnanti, genitori, politici, sindaci e sindacalisti, ripetere slogan ed esibire cartelli e striscioni. Cartelli ideati da loro? Slogan inventati da loro? Naturalmente no. Perché potessero farlo, ci sarebbe dovuto essere un gigantesco impegno a monte: ad esempio la lettura in classe di tutta la legge 53, l’interpretazione e la discussione critica della stessa. L’esame approfondito di ogni articolo e il confronto con la legge precedente, ovviamente con l’aiuto di commentatori pro e contro (il pluralismo, questo sconosciuto!). Il tutto tradotto in termini comprensibili a bambini così piccoli. Niente di tutto questo: troppo complicato, faticoso, difficile, praticamente impossibile. Ma è sbagliato credere che tutto ciò non abbia insegnato nulla ai bambini: ha insegnato che è ammissibile la superficialità e la manipolazione, che è legittima la protesta a base di insulti e disprezzo, che la nostra verità è l’unica possibile e chiunque non la pensi così deve essere ostracizzato; a cominciare magari dal compagno di classe i cui genitori non erano in corteo perché sono dell’altra parte politica, oppure semplicemente perché trovano la legge attuale migliore della precedente. Hanno anche imparato che il nostro è un paese dove la libertà “è in pericolo”, ma in cui si può mettere in atto qualsiasi forma di protesta, anche aggressiva e sprezzante, nei confronti di chi è stato eletto democraticamente e - scandalo! - si permette di governare. Cosa potranno mai pensare questi bambini dei milioni di loro connazionali che non la pensano come mamma e papà? E anche un’altra cosa hanno imparato: che non è necessario conoscere e capire per poter scegliere. Tanto ci sarà sempre qualcuno pronto a suggerire, senza la seccatura di dover dimostrare nulla, cosa bisogna dire, cosa bisogna pensare, da quale parte è l’unica, certa, indiscutibile Verità.

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