Prevenzione
e Salute
DAL
VECCHIO BACCO AL NUOVO ETILISMO.
di
Barbara Rossi
L’abuso
di alcool è causa di numerosi problemi sanitari e sociali nel nostro
paese.
Tra i giovani e le donne il consumo di alcool è divenuto regolare tanto
che oggi possono essere considerate categorie particolarmente a rischio.
Se un buon bicchiere di vino può essere considerato
un piacere dagli effetti gradevoli, il troppo bere diventa a dir poco
problematico.
Per quanto riguarda i giovani, si rileva un
approccio precoce all’alcool, persino prima dei 12 anni in alcune zone,
all’interno della propria famiglia, in relazione ad una cultura del bere
come non problema.
Se ci chiediamo perché i giovani abusano di alcool,
troviamo diverse risposte.
L’alcool non è percepito tra i giovani come sostanza pericolosa in
quanto è una sostanza di uso comune, legalizzata e ampiamente
pubblicizzata. E chi stabilisce il limite, al di là di quanto dice la
legge?
I giovani, inoltre, sembra non conoscano i rischi socio-sanitari correlati
all’alcool, ne sottovalutano la pericolosità e tendono ad aderire in
maniera sempre più diffusa alla cosiddetta cultura dello “sballo”,
come alterazione dello stato di coscienza. “Ci si sente allegri e si
pensa di essere felici, anche se essere felici è un’altra cosa”,
dicono alcuni.
Le caratteristiche dell’età adolescenziale, proprio per gli aspetti di
ricerca, di trasgressione, di crescita, di scelta che talvolta suscita un
senso di smarrimento di fronte a troppe possibilità e con tanti compiti
cui essere all’altezza, rendono questa età un momento a rischio e
alquanto difficile.
Ricordiamo inoltre che una pressione eccessiva rispetto ai pericoli e ai
rischi potrebbe al contrario generare il desiderio di sfida, con effetti
contrari a quelli desiderati.
Rispetto alle donne, di certo l’alcolismo ha un
tasso d’incremento maggiore rispetto agli uomini.
L’etilismo femminile non è facilmente rilevabile, visto che spesso è
confinato nel privato delle mura domestiche, o nascosto per vergogna e
sensi di colpa, quasi impensabile tenuto conto del ruolo sociale e
culturale che la donna riveste.
Eppure, per le caratteristiche biologiche della
donna, per la diversa modalità di assorbimento gastrico, essa impiega un
tempo decisamente inferiore a diventare alcolista e a sviluppare le
complicanze epatiche e psichiatriche connesse all’abuso di alcool.
Il tasso di mortalità tra le giovani donne è in
netto aumento.
L’età d’inizio è solitamente più tardivo rispetto all’uomo e
maggiormente a rischio è la fascia d’età tra i 35-45 anni , perché è
un momento di passaggio delicato, in cui facilmente una donna può perdere
i propri riferimenti. La mancata realizzazione di progetti giovanili, la
paura di essere inutile, il senso di inadeguatezza sperimentato nei
confronti di alcuni problemi affettivi della vita, rotture di legami
importanti, possono generare una situazione di crisi.
Rispetto ai significati psicologici di questa problematica, senza nulla
togliere alle caratteristiche individuali che rendono unico anche uno
stesso apparente problema, possiamo dire che spesso si tratta di un
rifiuto del proprio status sociale e culturale:
-
talvolta è il rifiuto del ruolo femminile della propria madre, ma
senza poter ritrovare una valida alternativa ad esso, quindi come
sensazione di fallimento del proprio essere donna;
-
talvolta è il rifiuto del proprio ruolo matrimoniale, come
sensazione di fallimento del proprio ruolo di moglie e madre, là dove i
figli sono ormai cresciuti e il marito sembra poco interessato e
partecipe;
-
talvolta è una reazione alla menopausa, vissuta come segno di
declino e come “morte” di potenzialità non espresse.
L’alcoolismo
quindi diventa una reazione esasperata a una situazione che si avverte
come intollerabile, che si accompagna a vissuti di impotenza e blocco.
Consapevole che il problema alcool è legato alla presenza di diversi
fattori individuali, relazionali, sociali, anche l’intervento deve
essere all’insegna della complessità, evitando l’etichettamento del
singolo.
Determinante certamente è la sollecitazione da parte della famiglia, la
cui attenzione è richiamata potentemente dall’alcool, oltre ad una
terapia per la persona.
Altro aspetto che si vorrebbe ricordare e’ l’importanza di una
politica di comunità, che possa sensibilizzare a nuovi percorsi,
stimolare differenti modi di espressione sociale e individuale,
organizzare iniziative che possano sollecitare nuove domande e nuove
ricerche, come ad esempio ampliando l’attività teatrale, cicli di
cineforum, circo contemporaneo in piazza, ecc.
Diciamo
di limitare il bere, ma quali luoghi d’incontro ci sono oggi, per il
tempo libero, a parte bar, pub, enoteche, discoteche…cioè luoghi dove
per definizione si beve?????
La
domanda resta aperta.
La
comunità non può ignorare le diverse forme della sofferenza che stanno
dilagando nella nostra società e nel nostro paese. Metaforicamente,
l’Urlo di Munch, nel suo silenzio e nella sua drammaticità e’
spaventosamente comunicativo, e non possiamo semplicemente voltarci per
non vedere.
P
S I C T V
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