IL
RISCATTO DELLA SIRENETTA, DI MARIAGRAZIA CREMA, ED. MAGI 2010, PP. 93,
€12,00
Barbara Rossi
La
Sirenetta è nota al gran pubblico come fiaba, come film o anche come mito
del mare, tanto da poter essere paragonata al Babbo Natale dei mari.
È un personaggio
affascinante e misterioso insieme, che da secoli cattura la curiosità e
la fantasia, se non l'amore di marinai, scrittori, poeti, bambini... ma
forse sarebbe più corretto dire che appartiene all'immaginario
collettivo.
A lei, nel porto di
Copenaghen, è dedicata una statua che suscita la curiosità e
l'ammirazione dei visitatori ma a volte anche la loro violenza (il
riferimento va agli episodi di vandalismo contro la stessa statua, che è
di bronzo, tra cui taglio e sottrazione della testa prima e del braccio
destro poi, secondo taglio alla gola, con grave danneggiamento dell'opera
e necessario rifacimento), in stretto collegamento col mito.
La Sirenetta è per
sua natura emblema del contrasto, del conflitto insolubile, essendo sia
donna che pesce, né donna completa né pesce completo.
Anni fa fui colpita da
una versione svizzera della Sirenetta, evidentemente radicata nella
cultura calvinista della zona, in cui l'esito della fiaba nulla aveva a
che fare con la versione italiana trasmessaci da Andersen.
Nella versione
classica la Sirenetta, dopo aver sacrificato la voce e il canto (con
taglio della lingua) per poter star vicino al principe, muore per non aver
conquistato pienamente il suo amore divenendo sua sposa, e si trasforma in
una creatura dell'aria.
Più avveduta, invece,
la Sirenetta svizzera, sa scegliere meglio i suoi interlocutori, si
rivolge alla fata del mare anziché alla strega, e ottiene in dono le
gambe, premio per la sua buona azione di aver salvato il principino.
Eppoi nessun colpo di
fulmine: i due giovani si frequentano ed è solo in seguito che nasce
l'amore. Una versione più umana, quindi, e meno salvifica.
Infine, su
sollecitazione probabilmente delle problematiche degli immigrati: la
Sirenetta ha un altro bonus con la fatina, che spende nell'ottenere di
ridivenire sirena nelle notti di plenilunio, per potersi recare a
riabbracciare la famiglia.
Una soluzione, il
tenere sia le gambe che la coda, che permette alla Sirenetta di non
perdere la parte più autentica di sé e accedere quindi a un livello
superiore di status e ad un percorso vitale anziché mortale. Come dire:
la Sirenetta può scegliere il suo destino e la sua strada!
È la soluzione che
auspica anche questo libro.
Una soluzione però
affatto semplice.
Nella clinica spesso vediamo persone vittime del “complesso della
Sirenetta”, imbrigliate in un né carne né pesce, né con lui né senza
di lui, né con sé, né senza di sé.
Se la Sirenetta resta nel mare è condannata alla solitudine, sola con gli
uomini che giungono a lei morti, oppure può rinunciare alla voce e alla
coda, e vivere sulla terra e dedicarsi al desiderio di conoscenza, ma in
balia degli altri, senza poter mai dire pienamente ciò che pensa e sente.
Ringrazio la dott.ssa
Crema per averci offerto le sue riflessioni in merito, in un testo
sicuramente utile a quanti, specialisti e terapeuti, lavorano con le
problematiche narcisistiche di personalità.
La fiaba ci viene
proposta come prezioso strumento a disposizione del terapeuta per aiutare
“Alice ad uscire dallo specchio”, e la Sirenetta a risolvere il suo
dilemma.
Particolarmente degno
di nota e originale l'approfondimento religioso della fiaba, in cui fanno
capolino il concetto di colpa e di sacrificio, in relazione alla difficoltà
della Sirenetta di conciliare la sua natura doppia.
Masochismo, narcisismo
e progetto quindi, in cui il sacrificio viene vissuto come voto: il prezzo
da pagare per risolvere il conflitto, il problema, per ricevere un
“miracolo”, una “grazia”, abitudine ben nota e diffusa nella
nostra cultura cattolica.
Tra le “vittime”
del complesso della Sirenetta sicuramente vanno annoverati anche i
detenuti, nella loro natura “doppia”, sospesi tra “due città”,
nel loro desiderio di riscattarsi, appunto, da una natura o status per
accedere a un altro status.
Ma potremmo citare anche le “donne che amano troppo”, o “gli uomini
che non sanno amare”, come Narciso ed Eco, o ex-coniugi “incastrati”
da separazioni altamente conflittuali.
Quale sacrificio, o
quale percorso renderà possibile una trasformazione vivificante?
Mariagrazia Crema
propone come soluzione l'accesso al simbolico in quanto,
sintetizzando, “Questa intrigante analisi della metafora della Sirenetta
svela i processi inconsci dello sviluppo del femminile, del suo emergere
dall’inconscio, del suo prendere l’identità umana e l’aprirsi al
mondo della coscienza.”
Come suggerisce
Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos: "Il fascino che
crediamo di trovare negli altri esiste solo dentro di noi" e il
poterlo scoprire ci permetterà di esprimere la nostra autenticità e
originalità, in un progetto di vita unico.
Inoltre, se
riconosciamo sia noi sia l'altro come portatori di un'anima, di emozioni,
di pensieri e sofferenze, l'esito sarà un minor ricorso alla violenza e
una vita qualitativamente più autentica. “Il
disprezzo che sembra esistere fra uomo e uomo, l'indifferenza che permette
che si uccidano persone senza capire che si uccide, come fra gli
assassini, o senza pensare che si sta uccidendo, come fra i soldati sono
dovuti al fatto che nessuno presta la dovuta attenzione alla circostanza,
che sembra astrusa, che anche gli altri sono anime” (Pessoa, in Il libro
dell'inquietudine).
Buona lettura!
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