Alzheimer
una piaga sociale
Marilena
Giammarresi
Nei
paesi occidentali l’aumento dell’aspettativa di vita e la notevole
riduzione della natalità stanno portando inevitabilmente ad un aumento
della popolazione anziana.
Tra le patologie legate all’invecchiamento, sicuramente la demenza di
Alzheimer occupa un posto di grande rilievo.
Nel mondo circa 25.000 persone ne sono affette.
Quando parliamo di demenza, ci riferiamo a un termine generico che
descrive un problema di salute, il cui organo principale è il cervello,
che in forma progressiva provoca la diminuzione complessiva delle funzioni
cognitive e disabilita funzionalmente la persona.
La malattia ha solitamente un inizio subdolo, le persone cominciano a
dimenticare alcune cose, per arrivare al punto in cui non riescono più a
riconoscere nemmeno i familiari e hanno bisogno di aiuto per la attività
quotidiane più semplici.
La malattia di Alzheimer passa per differenti tappe, caratterizzate ognuna
da un progressivo peggioramento della sintomatologia cognitiva,
funzionale, conduttiva e della mobilità.
Il processo della malattia si divide in tre stadi: uno, iniziale, con
sintomi leggeri o lievi, nel quale la persona mantiene la sua autonomia;
uno stadio intermedio con sintomi moderatamente gravi, con dipendenza da
un caregiver per la realizzazione di attività quotidiane e di routine, e
un terzo stadio già grave, dove la perdita della funzionalità determina
una totale dipendenza.
Il decorso della malattia è lento e i pazienti possono vivere sino a 8-10
anni dopo l’insorgenza della malattia.
Nel corso della malattia i deficit cognitivi si acuiscono e possono
portare il paziente a gravi perdite di memoria, a porre più volte le
stesse domande, a perdersi in luoghi familiari, all’incapacità di
seguire delle indicazioni precise, ad avere disorientamenti sul tempo,
sulle persone e sui luoghi, ma anche a trascurare la propria sicurezza
personale, l’igiene e la nutrizione. I disturbi cognitivi possono,
tuttavia, essere presenti anche anni prima che venga formulata una
diagnosi di demenza di Alzheimer.
Ancora oggi l’unico modo per poter fare una diagnosi certa di demenza di
Alzheimer è attraverso l’identificazione delle placche amiloidi nel
tessuto cerebrale, possibile solo con l’autopsia dopo la morte del
paziente. Durante il decorso della malattia si può fare solo una diagnosi
di Alzheimer ‘possibile’ o ‘probabile’. Per questo i medici si
avvalgono di diversi test:
·
esami clinici, come quello del sangue, delle urine o del liquido spinale;
·
test neuropsicologici per misurare la memoria, la capacità di risolvere
problemi, il grado di attenzione, la capacità di contare e di dialogare;
·
Tac cerebrali per identificare ogni possibile segno di anormalità;
·
Questi esami permettono al medico di escludere altre possibili cause che
portano a sintomi analoghi, come problemi di tiroide, reazioni avverse a
farmaci, depressione, tumori cerebrali, ma anche malattie dei vasi
sanguigni cerebrali.
La
progressione della malattia determina in fase avanzata una disabilità
grave con considerevole impatto di tipo economico e sociale: oneri sulla
vita familiare, perdita di reddito ed ore dedicate all’assistenza sono
tra le conseguenze più frequenti che i caregiver di un paziente Alzheimer
devono sopportare.
Infatti il peso maggiore, fisico ed emotivo, della malattia di Alzheimer
ricade sulle famiglie e, in particolare sulla persona che vive a più
stretto contatto con il malato.
L’adattamento del caregiver a questa condizione va pensato e
pianificato, le risorse pratiche ed emotive vanno ricercate e nutrite. I
sentimenti e le difficoltà vanno conosciuti e condivisi con altri.
È importante che esistano strutture e professionalità all’esterno, a
cui la famiglia possa rivolgersi per essere aiutata a superare le
difficoltà.
Si è impotenti di fronte ad una malattia che non è stata ancora
riconosciuta come piaga sociale, nonostante siano ben noti i numeri dei
malati di Alzheimer in costante aumento nel mondo in generale, ed in
Italia in particolare.
Si parla tanto di importanza della terza età, di quanto siano migliorate
le condizioni di vita;
quello
però di cui non si parla è l'ignoranza, la mancanza di notizie, di
informazioni, di legislazioni mancanti che dovrebbero aiutare in primis la
famiglia, che è lo strumento principale che permette al malato di
Alzheimer di continuare a mantenere un livello "accettabile" di
vita quotidiana.
Spesso l'affetto e l'amore non sono sempre sufficienti al malato di
Alzheimer a lenire la condizioni di vita che lo costringono a dipendere 24
ore su 24 dagli altri.
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