DOPING: DEFINIZIONI, CONTROLLI E LEGISLAZIONE
Alcune
definizioni del doping elaborate in tempi successivi ed in varie sedi: -
1961. Federazione olandese dei centri per i controlli sportivi. Il doping
è inteso come l’adozione di mezzi innaturali da parte degli sportivi
allo scopo di aumentare le loro prestazioni. -
1962. Lega Germanica dei Medici Sportivi. Va considerato doping l’uso di
qualsiasi farmaco – efficace o meno – inteso ad aumentare le
prestazioni in competizione[1]. -
1962. Federazione Medico-sportiva Italiana (Firenze). E’ da considerarsi
doping l’assunzione di sostanze dirette ad aumentare artificiosamente le
prestazioni in gara del concorrente, pregiudicandone l’etica sportiva,
nonché l’integrità fisica e psichica[2]. -
1963. Prima definizione ufficiale di “doping” (Strasburgo): il
Comitato Europeo per l’educazione extrascolastica utilizza tale termine
per indicare la “ingestione o l’uso di sostanze non biologiche, in
forma o per via anormale, da parte di individui sani, con il solo scopo di
migliorare artificialmente e slealmente la propria prestazione in vista di
una gara”. -
1964. Dalla conferenza internazionale sul doping di Tokio emerge la
seguente definizione: “Il doping è la somministrazione ad un atleta, o
l’uso da parte sua, di qualunque sostanza estranea al corpo o di
qualunque sostanza fisiologica presa in quantità anomala o attraverso vie
anomale di ingresso nel corpo, con l’unica intenzione di accrescere in
modo artificiale e sleale, la propria prestazione in gara”; -
1967. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa approva -
1972. Joint Nordic Commettee for Scientific Athletic Research (Helsinki).
Il doping comprende la somministrazione di medicamenti o l’impiego di
altri mezzi per umentare artificialmente la prestazione competitiva di un
atleta[4]. -
1977. Federazione Sportiva Germanica. Può definirsi doping ogni tentativo
di incrementare mediante interventi non fisiologici i limiti della
prestazione di un atleta con l’uso di un farmaco (somministrato
oralmente o mediante iniezione), sia che l’atleta venga coinvolto
direttamente o indirettamente tramite un componente della sua squadra
(capitano, allenatore, consigliere, medico, fisioterapista), prima o
durante lo svolgimento di una competizione e anche – nel caso di ormoni
anabolizzanti – nel corso dell’allenamento. -
1986. International Amateur Athletic Federation (IAAF). Costituisce doping
l’uso da parte di un atleta o il fatto di rendergli disponibile
determinate sostanze che potrebbero essere efficaci per migliorarne
artificialmente la condizione fisica e/o mentale e così incrementare la
prestazione atletica[5]. -
1986. Commissione Medica del Comitato Internazionale Olimpico (Seul). Il
doping è l’impiego di sostanze che fanno parte di agenti proibiti, ma
anche il fatto di attuare altri interventi illeciti quali l’emotrasfusione[6]. -
1988. Proposta di legge del Parlamento italiano. Costituisce doping
l’utilizzazione da parte dell’atleta professionista o dilettante di
interventi esogeni attuati con l’intento di migliorarne le prestazioni
al di fuori dell’adattamento indotto con l’allenamento[7]. -
1989. Convenzione europea contro il doping: a) si intende per “doping
nello sport” la somministrazione agli sportivi o l’uso da parte di
quest’ultimi di classi farmacologiche di agenti di doping o di metodi di
doping; b) si intende per “classi farmacologiche di agenti di
doping o di metodi di doping” le classi di agenti di doping e di metodi
di doping proibiti dalle organizzazioni sportive internazionali competenti
e figuranti nelle liste che sono state approvate dal gruppo di
monitoraggio; c) si intende per “sportivi” le persone dei due sessi
che partecipano abitualmente ad attività sportive organizzate[8]. Nel
1910 in Austria abbiamo la nascita del primo controllo anti-doping: a
seguito di analisi condotte su alcuni cavalli, un chimico russo portò al
Club dei Fantini austriaci la dimostrazione scientifica dell’avvenuta
pratica di doping, data dalla presenza di alcaloidi nella saliva degli
sfortunati quadrupedi[9].
Perché
venisse istituita una forma ufficiale di controllo antidoping, si dovette
attendere il 1955: fu in quell’anno, infatti, che, in Francia,
cominciarono le analisi obbligatorie sui ciclisti, scoprendo
immediatamente percentuali di positivi pari anche al 20 per cento. Da
allora, i controlli hanno avuto luogo, progressivamente, in tutte le
discipline sportive e in tutte le manifestazioni internazionali più
importanti: nei Mondiali di calcio i controlli vennero introdotti
nell’edizione inglese del 1966, alle Olimpiadi della neve
nell’edizione del 1968, mentre per i Giochi olimpici fu necessario
aspettare fino al 1976[10]. La
Federazione Medico-Sportiva
Italiana (F.M.S.I.), organo del C.O.N.I., ha iniziato i controlli
antidoping fin dal 1960, mentre la legislazione statale si è
occupata per la prima volta seriamente di doping, undici anni dopo, con Nella
legge manca una esplicita definizione di doping ma la si ricava dalla
lettera dell’art. 3 in cui si penalizza con ammende sia “… gli
atleti partecipanti a competizioni sportive che impiegano sostanze nocive
per la loro salute al fine di modificare artificialmente le loro energie
naturali …”, sia colui che “… somministra agli atleti che
partecipano a competizioni sportive delle sostanze che modifichino le loro
energie naturali …”. L’ammenda
è triplicata se il fatto è commesso dai dirigenti delle società o
associazioni sportive, dagli allenatori o dai commissari tecnici. Nell’art.
6 si individuano i laboratori per i tests antidoping e l’iter di
accertamento, mentre nell’art. 7 si demanda ad un D.M. (emanato
successivamente il 5.7.1975) il compito di elencare “le sostanze
proibite ai sensi dell’art. 3 che possono essere rilevate nei liquidi
biologici”. La
L.
1099/71 è certamente innovativa rispetto alla L. 1055/1950, per aver
esteso i controlli a tutti coloro che praticano attività sportive
agonistiche così abolendo la differenziazione tra attività
professionistica, attività dilettantistica con retribuzione
abituale e attività dilettantistica vera e propria[11]. L’Italia
fu uno dei primi Paesi a legiferare in materia di doping nello sport: il
Belgio e Jacques
Anquetil, il ciclista morto nel 1988, disse che tutti i corridori
ricorrono a sostanze e metodi proibiti e quelli che lo negano sono dei
bugiardi. Analoga
autoaccusa la rese Harold Connoly, campione olimpico e primatista del
mondo di lancio del martello, alla sottocommissione inquirente del Senato
degli Stati Uniti nel 1973: “Per otto anni, prima del 1972, mi
sarei dovuto definire un atleta dedito ai narcotici. Come tutti i miei
rivali, nessuno escluso, usavo steroidi anabolizzanti come parte
integrante del mio allenamento. Ricordo tutti i nomi dei componenti la
squadra olimpica americana che avevano tante cicatrici e tanti buchi sulla
pelle che era diventato difficilissimo trovare una parte dell’epidermide
dove piazzare un nuovo “colpo”. Rilascio dichiarazioni di questo tipo
perché voglio sottolineare la convinzione che la stragrande maggioranza
dei praticanti di alcuna specialità dell’atletica leggera prenderebbero
qualsiasi cosa e farebbero qualsiasi cosa fino quasi ad ammazzarsi pur di
riuscire a migliorare le proprie prestazioni”[13].
Prima
del 1973, non esistevano analisi attendibili per evidenziare l’uso degli
androgeni anabolizzanti da parte degli sportivi. In quell’anno veniva
annunciato il primo metodo radioimmunologico capace di rivelare la
presenza nelle urine di androgeni anabolizzanti somministrati per via
orale[14]. I
primi controlli furono effettuati ai giochi del Commonwealth Britannico in
Nuova Zelanda nel 1974 e nove atleti, su un totale di 55 su cui si
effettuarono le analisi, avevano steroidi anabolizzanti nelle urine; non
vi furono sanzioni ed i concorrenti con riscontro positivo poterono
contare sull’anonimato, poiché l’operazione antidoping era stata
condotta a titolo sperimentale dimostrativo[15]. Gli
steroidi anabolizzanti vennero banditi come sostanze proibite dal Comitato
Olimpico Internazionale sin dal 1976[16]. Nel
1988 alle Olimpiadi di Seoul la medaglia d’oro della velocità,
l’allora mitizzato canadese Ben Johnson, pluri-recordman e collezionista
di successi internazionali, viene trovata positiva al controllo
anti-doping. Ne verrà fuori uno scandalo di dimensioni enormi. Lo stesso
atleta, durante l’udienza della Commissione di indagine della
Federazione Internazionale, spiegherà nei minimi dettagli l’uso-abuso
di sostanze dopanti, che a breve termine consentiva l’acquisizione di
successi sportivi, ma i cui effetti fisici erano di una devastazione e di
una letalità sconvolgenti. Incappato
nell’anti-doping gli fu tolto il titolo, fu squalificato e gli furono
cancella ti i contratti degli sponsor che ammontavano a 10 miliardi annui. Anche
il nuoto non fu immune da questo vizio. In dieci anni, dalle Olimpiadi di
Los Angeles 1984 ai mondiali di Roma 1994, i nuotatori e le nuotatrici
cinesi sono diventati dei veri protagonisti, vincendo mediamente il 70%
delle medaglie d’oro e stabilendo record in tutte le discipline. I
sospetti, nati sia dagli sbalorditivi progressi dei rappresentanti di
questa nazione che dalla loro “presenza fisica” – questi atleti
erano infatti notevolmente aumentati di massa muscolare – avevano
indotto gli allenatori degli altri Stati a compilare un atto di accusa su
presunte pratiche proibite. Questa
clamorosa protesta fu accompagnata anche da una singolare azione
giornalistica, l’autorevole rivista Swimming World non inserì nelle
classifiche all time i risultati delle atlete asiatiche ai Mondiali del
1994 A Roma, prima della conferma con i Giochi Continentali di Hiroshima,
quando ben 11 nuotatori cinesi risultarono positivi all’anti-doping[17]. Il
4 Febbraio 1999 a Losanna (Svizzera), nel corso della World Conference on
Doping in Sport riunitasi dopo gli eventi che avevano funestato il
ciclismo nell’estate dell’anno precedente, approva la “Lausanne
Declaration on Doping in Sport”. La novità assoluta della Dichiarazione
di Losanna è rappresentata dalla adozione del Codice Anti-doping e dalla
istituzione di un organismo mondiale per la lotta al doping: la WADA[18]. In
base alla Legge 376 per la “disciplina della tutela sanitaria delle
attività sportive e della lotta contro il doping”, entrata in vigore il
2 gennaio 2001, costituiscono doping la somministrazione o l’assunzione
di farmaci o di sostanze farmacologicamente attive e l’adozione o la
sottoposizione a pratiche terapeutiche, non giustificate da condizioni
patologiche ed idonee a modificare: -
le condizioni biologiche dell’organismo al fine di migliorare le
prestazioni agonistiche degli atleti; -
i risultati dei controlli sull’uso dei farmaci, delle sostanze e delle
pratiche suddette. I
farmaci, le sostanze farmacologicamente attive e le pratiche terapeutiche,
il cui impiego è considerato doping, sono individuati, in conformità
alle indicazioni del Comitato olimpico internazionale, in tabelle
approvate con decreto del Ministero della sanità, d’intesa con il
Ministro per i beni culturali, su proposta della Commissione di controllo
sanitario dell’attività sportiva. La
Commissione
di controllo sanitario dell’attività sportiva è istituita presso il
Ministero della Sanità, tra i suoi compiti quello di determinare criteri
e metodologie dei controlli antidoping. Ciò significa che la gestione dei
laboratori antidoping non sarà più nelle mani del CONI, ma in quelle
della Commissione stessa. I
farmaci potenzialmente dopanti dovranno recare un contrassegno per essere
riconoscibili e avere, nel foglietto illustrativo, un paragrafo che ne
spieghi gli effetti per chi pratica attività sportiva. Il
doping è reato penale. A differenza che in passato anche gli atleti sono
perseguibili. Il
1 Gennaio 2004 Decreto
3 feb 2006 (GU n. 37 del 14-2-2006). Revisione della lista dei
farmaci, delle sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e delle
pratiche mediche, il cui impiego è considerato doping, ai sensi della
legge 14 dicembre 2000, n. 376[19]. LISTA
DELLE SOSTANZE E DEI METODI PROIBITI (IN VIGORE DAL 1° GENNAIO 2006): •
SOSTANZE E METODI PROIBITI IN GARA E FUORI GARA Sostanze
proibite S1
Agenti anabolizzanti S2
Ormoni e sostanze correlate S3
Beta-2-agonisti S4
Agenti con attività anti-estrogenica S5
Diuretici e altri agenti mascheranti Metodi
probiti: M1
Aumento del trasporto di ossigeno M2
Manipolazione chimico e fisica M3
Doping genetico •
SOSTANZE PROIBITE IN GARA
S6
Stimolanti S7
Narcotici S8
Cannabinoidi S9
Glucorticosteroidei •
SOSTANZE PROIBITE IN PARTICOLARI SPORT
P1
Alcool P2
Beta-bloccanti [1]
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