IL
SELF E IL NON SELF. COME SI DIVENTA DIVERSI
di
Barbara Rossi
Il
tema del diverso per cultura, religione, razza, provenienza….. suscita
da sempre sentimenti contrastanti, di curiosità, di rifiuto, di paura, di
mistero, di oscuro e affascinante.
In una società che si spinge verso la globalizzazione e l'integrazione,
sempre più frequenti sono le occasioni in cui avvengono questi incontri.
Ma chi è il diverso? E come si diventa diversi?
Ecco
alcuni esempi su cui riflettere.
1.
Quando il diverso è lo straniero.
50
anni fa un uomo di colore nel nostro paese avrebbe dato un'aria di
internazionalità ed esoticità al luogo percorso o occupato.
20 anni dopo, 100 uomini di colore vengono visti solo come
"sporchi", che "sporcano" e deprezzano il luogo che
abitano, magari "abusivamente" (modello vu' cumpra' o
lavavetri).
Diventa lampante il non valore commerciale delle persone, che ricorda i
film di Chaplin sulla rivoluzione industriale, una parodia dell'uomo -
macchina, oggi tornato di moda.
2.
Quando il diverso è l'handicappato.
Contrastante
è l'atteggiamento delle persone. A scuola spesso un portatore di handicap
ci fa sentire buoni, generosi, umani, filantropi.
Ma quando siamo a scuola o sul lavoro e il portatore di handicap ci
costringe a farci carico di problemi o ci rallenta il lavoro, già
l'immagine cambia. Basti citare poi le barriere architettoniche, cui
solitamente non si fa caso, ma che diventano insuperabili anche solo con
una gamba rotta, e che sono ben lontane da una cultura di integrazione.
3.
Quando il diverso è il genio.
Questo
non è razzismo. Difficilmente viene compreso. Spesso viene considerato
menefreghista perché si annoia, o snob di fronte alle lentezze degli
altri, per cui suscita subito invidie, gelosie, rabbie, fino a isolarlo ed
eliminarlo nella sua pericolosità che fa sentire gli altri inferiori.
Spesso è più grave essere geni che essere handicappati. Dei geni,
infatti, raramente ci si occupa. Spesso si finisce per non vedere il loro
dramma di un'intelligenza che cresce più velocemente delle
"emozioni", lasciando sensazioni di disagio e di lacerazione di
non facile superamento e comprensione.
4.
Quando il diverso è colui che non segue consuetudini prestabilite.
Come
valutare la trasgressione? E' costruttiva in cerca della propria
originalità o è distruttiva?
Il diverso, in genere, assume connotazioni di deficit, handicap,
menomazione, declassamento… che sono sfumature negative, persino il
troppo bello diventa brutto in questa logica.
E' difficile conoscere e incontrare l'altro nella sua bellezza, peculiarità
e unicità. Più facile è formulare pre-concetti, pre-giudizi, schemi di
pensiero autoreferenziali, decisi da sé, che ci difendono e ci tutelano.
Ciò che è simile a noi, infatti, è più rassicurante, riconoscibile,
controllabile.
Tutti o quasi abbiamo fatto almeno una volta esperienza di questo senso di
diversità. Di che altro, se non di questo, si è trattato quando siamo
sfuggiti ai ruoli familiari, sociali, istituzionali, sessuali per noi
previsti dall'ordine costituito?
Diventa
evidente che ci si muove su una linea di confine, dove il diverso -
trasgressivo può diventare bello-unico-originale-creativo, ma anche
brutto-sporco-deviato-distruttivo.
Questo
sentimento di diversità si accompagna solitamente alla sensazione
spiacevole di essere altro, di non appartenere pienamente al proprio
gruppo di riferimento. E' una sensazione di disagio e di scarso
adattamento al contesto che finisce spesso per prevalere. Così anche il
diverso per capacità finisce con il sacrificare il proprio talento in
nome di una presunta uguaglianza normale, sperando che il senso di disagio
diminuisca, anche se non può che aumentare.
Così si trovano artisti con le loro opere, sconosciute al pubblico,
chiuse nel frigorifero e in soffitta, non credendo nel loro valore e non
volendo rischiare di perdere una speranza. Oppure musicisti che dopo aver
assaggiato il successo si ritirano in ufficio con un lavoro da impiegato
perché non è serio trasformare una passione in un lavoro! Così almeno
si dice, tristemente. Oppure adolescenti che evitano la ricerca di sé
ritenendola troppo dolorosa, chiudendosi in una "non vita
propria".
E così potremmo continuare. Talvolta vediamo riflesse negli altri le
bellezze che noi desideriamo e che per invidia disprezziamo, in loro e poi
in noi.
La verità è che a nessuno piace essere considerato razzista, ma di
razzismo ce n'è molto. A cominciare da se stessi, quando ci è difficile
credere nelle nostre risorse, o quando le nostre risorse ci sembrano così
uniche e incomprese da chiuderle in un cassetto.
A volte sarebbe opportuno avventurarsi nei meravigliosi e oscuri meandri
del nostro mondo interno per capire chi siamo, senza false illusioni,
ricordando che chi conosce tutte le risposte, non si è fatto abbastanza
domande.
Quindi la diversità, benchè apparentemente non ci riguardi, in realtà
appartiene al nostro vivere quotidiano, e dovrebbe farci riflettere
anziché appiattirla, perché diversità è anche unicità.
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