di Barbara Rossi “Se
hai guai, vuoi reagire più che buttarti giù: cocaina./Quando sei al
tramonto e vuoi fuggire: cocaina./Lei non mente.” Con queste parole agli
inizi degli anni ‘70 J. J. Cale, in un celebre brano ripreso e reso
ancora più famoso da Eric Clapton, parlava della cocaina. All’epoca era
ancora considerata una droga d’élite: chi non ricorda film in cui
personaggi di elevato rango sociale usavano banconote di grosso taglio per
farsi una “tirata”? Negli anni ’80 l’immagine della cocaina si
lega agli yuppie (celebre quello del libro successivamente diventato un
film “Le mille luci di New York”) e ai trafficanti sudamericani
inseguiti dai “Miami Vice”. Negli anni ’90 prendeva sempre più
piede nel mondo statunitense, quasi per niente in Italia, un derivato
fumabile dalla cocaina estremamente potente e distruttivo: il crack. E qui
siamo a film come “New Jack City”, in cui questa sostanza, associata
al mondo dei poveri e neri dell’America post-reaganiana, si arriva a
parlarne in termini di epidemia per l’uso fatto da donne in gravidanza.
Ultimamente è stato riportato dai giornali l’episodio di condanna
penale negli USA per un aborto spontaneo a gravidanza avanzata avvenuto in
una consumatrice di crack. Al
di là di queste rappresentazioni filmiche, e quindi di immaginario, e di
fatti reali, quale è la realtà italiana? Il primo dato che abbiamo è
l’aumento della diffusione della cocaina nella popolazione generale: è
la cosiddetta “proletarizzazione” dell’uso della sostanza, cioè
l’abbassarsi dei costi (o più esattamente il mantenersi costante in un
contesto di aumento dei prezzi generale) ne ha permesso l’accesso a
fasce di persone più abbienti, e tra questi i ragazzi di età sempre più
bassa. A Milano, da quanto riportato da alcuni operatori durante
l’ultima “Giornata mondiale di lotta alla droga”, è ormai possibile
trovare la sostanza in piccole dosi (si parla di 30/50.000 lire l’una)
contro una vendita “a grammi” come avveniva in modo unico fino a poco
tempo fa (circa 180/200.000 lire al grammo). Questa situazione da
possibilità di poter usare la sostanza anche a persone più giovani,
dotate di minore disponibilità economica. Va ricordato che, a differenza
di chi fa uso di eroina, quello della cocaina non è necessariamente
continuativo, anzi spesso l’uso è caratterizzato da “abbuffate” cioè
da alcuni giorni di uso massiccio alternato ad altri di completa
astinenza, il che rischia di dare l’illusione di una maggiore possibilità
di controllo della sostanza. Il secondo aspetto è che i livelli di
consumo più alti si registrano nella fascia di popolazione
lavorativamente attiva, comprendente giovani adulti che vivono nei centri
urbani, hanno un’occupazione e un buon livello di vita sociale. Il terzo
aspetto è il frequente passaggio che avviene tra una parte degli
eroinomani in trattamento col metadone o altri farmaci (es. il
subutex) verso la cocaina, utilizzo che avviene spesso per via endovenosa
e che per alcuni è così massiccio da portare a rovinare le vene (in
gergo "bruciarsi" le vene). Infatti l’uso per via endovenosa
della cocaina procura un effetto più forte e più rapido rispetto
all’uso per via nasale, ma con una durata inferiore, per cui vi è la
tendenza a ripetere l’esperienza più spesso. Perché
la cocaina è un problema? Oltre all’illegalità (va ricordato che negli
ultimi anni è in aumento il numero dei sequestri della sostanza e delle
quantità sequestrate), è importante sapere che l’uso della cocaina
procura danni simili a quelli dell’alcool. Considerando che spesso le
due sostanze sono associate, è facile immaginare quali siano gli effetti
di questa sinergia. Inoltre vi è la tendenza durante l’uso ad aumentare
la quantità di sigarette fumate. Ma
cosa viene ricercato nella cocaina? Chi la consuma di solito cerca
energia, potenza, eccitazione sessuale (spesso però con effetti più
mentali che fisici) e un senso di benessere generale. Gli effetti
spiacevoli però che più frequentemente possono essere sperimentati
sono ansia, tremori, ipertensione, tachicardia, forte agitazione,
insonnia, diminuzione dell’appetito ed effetti psicologici che arrivano
sino ai veri e propri vissuti persecutori (vedere o pensare cose che non
ci sono). Questi effetti spiacevoli possono arrivare rapidamente o dopo
periodi più o meno lunghi di assunzione. Dopo l’uso, soprattutto di
quello massiccio, spesso è possibile viversi un forte senso di apatia, di
depressione, di disinteresse sessuale. Un altro possibile rischio è che
il senso di potenza e di invulnerabilità vissuto sotto effetto della
cocaina diventi controproducente nello svolgimento delle azioni compiute
quotidianamente in quanto impedisce di valutare correttamente i limiti di
quanto si sta facendo ed il potenziale pericolo di alcune azioni (es. nel
guidare l'automobile, nel compiere scelte professionali, nell'effettuare
investimenti economici, ecc). Quanto
detto sinora è ovviamente una rapida panoramica su quanto è legato
all’assunzione di cocaina e che richiederebbe spazi ben più ampi. Data
questa limitazione vogliamo però concludere con un paio di considerazioni
che ci sembrano importanti. La prima è che forse non è un caso che in
una società centrata sull'apparenza e sull'efficienza si siano diffuse la
cocaina ed altre sostanze eccitanti (come l’ecstasy o altre
metamfetamine, tipo lo shabu in Giappone), mettendo in secondo piano altri
bisogni e modi di realizzazione di sé stessi. La seconda è
l’indicazione, rivolta sia a chi direttamente utilizza questa o altre
sostanze sia ai genitori con figli che le assumono, a rivolgersi a Servizi
e professionisti competenti nell’aiutare ad affrontare non solo le
conseguenze dirette, ma anche le motivazioni del loro uso. | ||||||||
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