BIBLIOTERAPIA
Alla
ricerca dei significati terapeutici della lettura nel nostro vivere
quotidiano
di
Barbara Rossi
Si
parla sempre più spesso di biblioterapia, un termine molto utilizzato
dagli inglesi, che amano la lettura molto più degli italiani. Il termine
sta ad indicare il valore della lettura come mezzo di crescita personale,
tanto da essere utilizzato anche a scopo terapeutico.
La
lettura costruttiva
A
tutti sarà capitato, come sottolinea Spagnulo, di leggere e di essere
"illuminati" da un libro, un po' come un buon amico che dice le
cose giuste al momento giusto e che fa riflettere.
Più spesso il libro viene utilizzato o cercato attivamente come
auto-aiuto, come formazione…ecc.
Tra le varie funzioni che un libro può assumere, dalla letteratura e
dalla clinica troviamo che :
-
può essere uno strumento per trovare le risposte che non si
trovavano altrove,
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può aiutare nella revisione e comprensione del proprio passato,
-
può dar voce a pensieri ed emozioni inespressi, che urlavano nel
segreto del proprio cuore,
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può permettere di riconoscere situazioni già sperimentate da
altri e di attribuirvi un significato prima sconosciuto, attenuando il
senso di angoscia dell'ignoto e del mistero,
-
può aiutare a pensare al proprio progetto futuro, ponendo domande
sul percorso che sarà (es. per le future mamme…),
-
funziona per calarsi in un'altra realtà, per poter fantasticare e
veder scorrere immagini create da sé in alternativa a quelle proposte
dalla TV, per vivere in una dimensione un po' più da protagonista,
-
funziona da "astronave", per rifuggire da una realtà
scomoda o difficile, oppure anche solo per una sosta a ricaricarsi, prima
di un nuovo tempestoso ritmo.
-
serve come auto/formazione.
In
tutte queste situazioni la lettura assume un significato molto importante
nel favorire l'adattamento alla realtà e il protagonismo nella
vita.
Tra
la cultura del visivo e la cultura del comunicare
Se
da un lato si possono evidenziare le positività di una sana lettura,
purtroppo spesso sacrificata ad altri piaceri o doveri, nell'era della Tv
satellitare e della cultura del guardare, poco spazio ha una cultura del
comunicare.
Molte persone inoltre non amano leggere, tanto da parlare di analfabetismo
di ritorno.
Come dice Pennac, "il verbo leggere non sopporta l'imperativo come il
verbo amare e sognare", e nemmeno qui si vuole imporre, ma certo va
detto che chi non legge non sa cosa perde (motivo per cui continua a non
leggere: ciò che non conosci non ti manca!).
Ovviamente questa non vuol essere una propaganda alla lettura, ma solo uno
spunto per pensare.
Nella logica del guardare, infatti, c'è chi offre prodotti facilmente
usufruibili (quiz, immagini spettacolari, video musicali, curiosità sulla
vita delle persone come nel grande fratello, ecc.) e c'è chi riceve quel
messaggio.
Pensiamo alla TV: in sostanza non c'è rapporto tra i due, emittente e
ricevente. Semplicemente, se non ci sta bene cambiamo canale, se non lo
facciamo vuol dire che ci va bene, è scontato che sia così, e allo
stesso modo sono scontati altri aspetti.
I desideri delle persone vengono indovinati e non sono realmente
importanti. Si tratta di una relazione decisamente poco impegnativa, dove
tutti hanno ragione.
Nella logica del comunicare, invece, l'obiettivo è incontrare i desideri,
i sogni, l'inconfessato e inconfessabile di ognuno, per scambiarsi
domande, risposte, idee.
Parafrasando Cerroni, solo chi può leggere è in grado di ascoltare,
vedere e valutare, pilastri di una comunicazione autentica, dove avviene
uno scambio di pensieri e non di citazioni vuote di senso, come lo stesso
Heidegger, filosofo esistenzialista affermava secoli fa.
Leggere
la relazione
Se
si scrive perché qualcuno legga, e si legge perché qualcuno ha scritto,
allora il libro assume comunque valore come mezzo all'interno di una
relazione con sé e con gli altri.
Ci troviamo in altri termini ad un crocevia, dove la lettura diventa un
punto nodale dove si raccordano significati diversi, talvolta di crescita,
talvolta di difesa, o di rifugio, pausa o chiusura, o altro.
La
lettura, in che misura è un modo per crescere, e in che misura un modo
per barricarsi difensivamente?
Se
la relazione si chiude al mondo, diventando una sorta di rifugio dove
ripararsi, diventa un'illusione di benessere. Si finisce per leggere la
vita anziché viverla, con l'illusione che sia tutto diverso. Il confine
tra realtà e fantasia finisce con lo sfumare, ed è un po' come vivere in
una cappa di vetro, osservando figure che passano, o in una gabbia.
Capita spesso nella clinica di trovare persone che hanno letto divorando
di tutto, diventando ottimi osservatori della vita, ma poco protagonisti,
bloccati dalla confusione.
Così ci si impegna a leggere come se dal libro potessimo ricavare ricette
per superare crisi, quando in realtà l'accumulo di informazioni
senza la possibilità emozionale di usarle crea il caos interiore,
sofferenza, disagio, angoscia.
Al contrario uno spunto letto al riparo della propria nicchia, può aprire
a nuovi orizzonti, indica altre vie, può sbloccare certi impasse di
pensiero, incoraggiando, perché no, anche a passaggi evolutivi.
Le
letture nella terapia
Ciò
che nella vita quotidiana avviene casualmente e fortuitamente, nella
terapia viene orientato secondo un preciso metodo che si adatta di volta
in volta alle esigenze dei singoli, per migliorare la qualità della vita.
In questo contesto, il rapporto tra terapeuta e paziente è sempre al
primo posto.
In generale, i vari orientamenti vedono la lettura e il consiglio di
leggere libri all'interno di questa dinamica relazionale.
Solitamente Freud, e successivamente l'orientamento psicoanalitico,
sconsigliano ai pazienti nevrotici la letteratura scientifica, in quanto
la lettura e l'attaccamento a concetti teorici e razionali ostacolano la
possibilità di lasciarsi andare e di sperimentare qualcosa di nuovo.
E' ciò che accade anche durante la fase di latenza, quando domina la
pulsione epistemofilica, che permette al bambino di concentrarsi sullo
studio e su compiti di tipo cognitivo, tralasciando altri
"piaceri" ed esperienze.
E' il caso ad esempio di una paziente che, lasciata dal marito dopo una
vita dedicata a lui, si è rifugiata nella lettura per capire cosa era
successo, il perché di tanta sfortuna. E' stato così che si è
riconosciuta tra le donne che amano troppo, ma senza poter cambiare con la
conoscenza la sua posizione, anzi, finendo poi con l'aggiungere confusione
a confusione. Oggi, grazie alla psicoterapia, è riuscita ad integrare le
sue riflessioni e conoscenze traducendole in un nuovo modo di sentirsi e
di vivere la relazione. In questo caso la lettura aveva aiutato
inizialmente a riconoscere il problema, ma ha ritardato poi la possibilità
di affrontare seriamente il problema facendosi aiutare.
Jung, al contrario di Freud, consigliava la lettura per la sua funzione
simbolica, che facilita l'espressione dei processi di pensiero.
Allo stesso modo, la terapia razionale emotiva si basa sull'idea che il
cambiamento desiderato sia facilitato se affiancato da elementi che
restano presenti al di fuori della terapia.
C'è anche chi arriva ad utilizzare il libro al posto di una ricetta,
avendo cura di prescrivere il libro giusto per il problema in questione,
ottenendo risultati interessanti soprattutto nello sbloccare situazioni
difficili da accostare e pensare.
Ne deriva quindi un ampio ventaglio di espressioni e di usi della lettura.
Resta cruciale, lo ricordiamo ancora una volta, la disponibilità alla
relazione e la possibilità di entrare in contatto con l'altro.
Così, se è utile leggere ad esempio cosa è utile al proprio bambino e
cosa non lo è, certo non è utile leggere al posto di giocare con
lui!
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