IL PANICO NELL’ATTIVITA’ SUBACQUEA
Capodieci Salvo Premessa Numerosi
studi hanno dimostrato che oltre la metà dei sub esperti ha sperimentato
almeno una volta un attacco di panico [1,2,3]. In una situazione di
panico, il sub ha una sola cosa in mente: raggiungere la superficie il più
rapidamente possibile; in simili circostanze dimentica di respirare
normalmente, con il risultato di una possibile embolia gassosa arteriosa. L’attacco
di panico Uno
studio [5], tra chi pratica attività subacquea, ha evidenziato che il
panico è più alto fra le donne (64%) rispetto agli uomini (50%), ma che
sono maggiormente questi ultimi (48%) che percepiscono questo evento come
una minaccia alla propria vita (nelle donne la percentuale è del 35%).
Gli
attacchi di panico si suddividono in: a)
attacchi di panico inaspettati (non
provocati): il subacqueo non ha alcun fattore di stress e avverte
l’attacco a “ciel sereno”; b)
attacchi di panico causati dalla
situazione (provocati); ad esempio, la perdita d’aria o altri
malfunzionamenti dell’attrezzatura, il disorientamento in un relitto o
in una grotta, una visibilità molto ridotta o il non vedere più il
compagno di immersione. c)
attacchi di panico sensibili alla
situazione; ad esempio, un attacco di panico si manifesta dopo
mezz’ora in cui si è incrociato uno squalo o dopo aver effettuato una
discesa nel “blu” lontano dalla parete. E’
stato osservato che individui ansiosi, sottoposti ad esercizio fisico
intenso mentre indossano una maschera, se la strappano via dal viso se
credono di non poter respirare adeguatamente. E’ stato riferito di
subacquei in preda al panico, che si toglievano l’erogatore e
resistevano se il compagno cercava di rimetterglielo in bocca, nonostante
avessero le bombole cariche ed un sistema di erogazione perfettamente
funzionante. La
gestione del panico La
gestione del panico deve comportare qualcosa in più del semplice non
immergersi oltre i propri limiti e deve richiede una buona conoscenza
delle proprie debolezze e caratteristiche personologiche. Conclusioni Individui
con una storia di disturbo d’ansia e di panico dovrebbero essere
identificati e sottoposti ad un addestramento specifico che riduca il
rischio potenziale di riacutizzazione del disturbo. Bibliografia1. Morgan, W.P. (1995). Anxiety and panic in recreational scuba divers. Sports Medicine, 20, 1-25. 2. DAN (1999). Diver Alert Network annual review of recreational scuba diving injuries and death, based on 1997 data”. DAN, North Carolina, USA. 3.
McAniff, JJ. (1988). United States Underwater Diving Fatality
Statistics/ 1986-87. Report number URI-SSR-89-20. Rhode Island: University
of Rhode Island, National Underwater Accident Data Centre. 4. Barlow, D.H. (1988). Anxiety and its Disorders: The Nature and Treatment of Anxiety and Panic. New York: Guilford Press. 5.
Morgan, W.P. (1999). Psychological outcomes of physical activity.
In R.J. Maughan (Ed.), Basic Sciences for Sports Medicine, pp. 237-259,
Oxford: Butterworth-Heinemann. 6. Lanari G., Rossi B., Adorni P., Cei V. Panico: istruzioni per l’uso. Come trasformare un problema in un’opportunità. Armando Editore, Roma, 2006.
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