LE PSICOPASTICCHE CESARE DE SILVESTRI
Già, le pasticche. Ricordo un professore di quando ero studente che usava dire "E se la pissico -analisi non basta, ci diamo i medicine". Perché lui era meridionale e parlava così. E a quell'epoca la psicoanalisi andava ancora forte. Ma quel professore, a parte la sua simpatica alloglossia, era anche un raro esempio di tolleranza ed equilibrio nella feroce diatriba (più ideologica che scientifica) che impazzava fra gli psichiatri favorevoli a prescrivere psicofarmaci e quelli che li consideravano addirittura patogeni. Bene o Male? Da allora, le cose sono un po' cambiate. Ma sembra che la falsa alternativa fra psicoterapia e psicofarmaci torni a farsi viva. Neanche questa volta si tratta di una disputa scientifica. Pare piuttosto dettata da grossolani interessi commerciali e di bottega. Progresso Guardiamo i fatti. C'è un rigoglioso fiorire di studi, ricerche e articoli giornalistici sull'argomento. Il che è un bene per il progresso della scienza, per le ditte farmaceutiche, per chi prescrive psicofarmaci, per chi li usa, e per chi stampa le riviste più o meno scientifiche e i giornali. Però può essere un male per i professionisti e gli utenti, bombardati da notizie e informazioni talvolta contraddittorie che fanno soltanto confusione e che talvolta promettono risultati mirabolanti per certi problemi - ma soltanto fra una decina d'anni o giù di lì. Statistiche Prendiamo per esempio la depressione. Le più aggiornate statistiche americane (riportate dal Los Angeles Times del 26-27 marzo 2002) evidenziano il deprimente fatto che dal 1987 al 1997 i pazienti depressi sono aumentati da 1,7 a 6,3 milioni. Il che sembra un male. Ma da un diverso punto di vista sarebbe un bene, perché dimostra che la gente si vergogna meno di prima a confessare di sentirsi giù e a cercare aiuto. Un altro dato statistico riguarda i depressi che usano farmaci antidepressivi, Erano il 37 per cento del milione e settecentomila depressi del 1987, e sono saliti al 75 per cento dei sei milioni e trecentomila del 1997. Il che è un bene per i produttori del Prozac e di tanti altri antidepressivi (l'elenco è lunghissimo ed in continuo aumento). Ed è un bene per quei depressi ricchi o benestanti che si sentono meglio perché possono permettersi un continuo rifornimento di pasticche. Ma è anche un male, perché crea una specie d'ingiustizia sociale rispetto ai depressi che non possono permetterselo. Inoltre, sentirsi meglio può portare a decidere di non prendere più le pasticche. Il che, dicono le statistiche, succede abbastanza spesso ed è un male per chi ripiomba nella depressione. Psicofarmaci vs Psicoterapia Per quanto ci interessa più direttamente, i depressi che prendono le pasticche si rivolgono in sempre minor numero alla psicoterapia. Il che è un male per gli psicoterapeuti e non si sa come andrà a finire nel corso del tempo. Forse ci estingueremo come specie (voglio dire, come corporazione). Però è un bene per quegli psichiatri e medici generici che prescrivono "i medicine" a ruota libera. Ma potrebbe essere un male per tutti se invece, nel corso del tempo, i problemi psicologico che portano alla depressione prendessero un sopravvento di micidiali dimensioni sociali nonostante tutte le pastiche vecchie, nuove e nuovissime offerte sul mercato. Insomma, staremo a vedere senza farci prendere dall'ansia di previsioni a lungo termine. Tenendo presente che nel bene o nel male in the long run, we shall all be dead.
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