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IL BENE E IL MALE

  CESARE  DE SILVESTRI

 

E cerchiamo di discutere un attimo su questa antichissima questione che ha esercitato la mente di (quasi) tutti i filosofi e persino della gente comuni. Voltaire se la prendeva con il concetto di "sommo bene" e gli attribuiva la stessa consistenza del concetto di "sommo blu". Nel senso che non esiste. E' soltanto un'idea cervellotica di chi s'illude che il comportamento umano sia universalmente regolato da astratte leggi etiche o morali, di giustizia e di equità, di uguaglianza od oppressione, generosità o sfruttamento, decenza o indecenza, eccetera - insomma di bene o di male. 

La domanda

Già, ma allora che cosa sarebbe il "bene"? E che cosa sarebbe il "male"? Quali criteri abbiamo per deciderlo? La risposta non è facile, perché quelle supposte leggi accennate sopra servono soltanto a stabilire se sono state rispettate (il che rappresenterebbe il bene) oppure no (il che rappresenterebbe il male). Messa cosi, la questione rimane troppo vaga. I comandamenti di alcune religioni e forse di tutte, hanno cercato di canonizzare i comportamenti che si devono o non devono avere, ma non si può dire che questi tentativi abbiano avuto molto successo. Tanto per fare un esempio vicino alla cultura occidentale, la gente s'infischia allegramente dei dieci comandamenti della religione cristiana, e soltanto la paura dell'inferno, impedisce (a chi ci crede) di violarli ancora più di quanto già non succede. E le leggi scritte nei codici, invece che sulle tavole della mitologia biblica, si trovano più o meno nella stessa situazione con la differenza che qui il deterrente - oltre la vendetta privata, talvolta più efficace di qualsiasi processo in tribunale - è la pena di morte, l'ergastolo, o almeno qualche anno di galera. Pare che tutto si basi su una specie di accordo sociale o, se si vuole, socioculturale. Tanto è vero che le regole a cui accennavo dianzi sono piuttosto diverse da paese a paese, da cultura a cultura, e si articolano persino in sottoculture minoritarie o minime.

Risposta provvisoria e probabilistica

Be', non saprei se sono in grado di offrire una risposta non completamente assurda, illogica e paradossale al quesito di che cosa sia il bene e che cosa sia il male. Dirò soltanto molto sommessamente che una volta o scritto un articoletto intitolato scherzosamente "La Retica", cioè l'etica della RET, dove ho cercato di spiegare la faccenda in termini prammatici e utilitaristici. Per decidere infatti se un'azione è buona o cattiva, la mia modesta opinione sarebbe che è meglio lasciar perdere i principi universali e calcolare piuttosto le sue concrete conseguenze a breve, medio e lungo termine su due elementi fondamentali rappresentati dalla nostra sopravvivenza e del nostro benessere - naturalmente nel ristretto ambito della nostra limitata capacità di prevedere il futuro. Può sembrare una maniera sbrigativa o semplicistica di risolvere una questione così importante, ma in realtà non e poi tanto semplice. Il calcolo riguarda infatti non solo i due elementi indicati sopra - ora e nel tempo a venire - bensì anche i riflessi che possono avere per me le conseguenze di quell'azione sulle circostanze delle persone con cui ho a che fare e con cui avrò a che fare, nonché sullo stato dell'ambiente in cui vivo e vivrò. Può sembrare un puro calcolo edonico ed egoistico, ed effettivamente lo è. Ma si tratta di un calcolo talmente a largo raggio che Epicuro lo chiamò giustamente eudemonistico (da eudemonismo - in greco, "la felice sorte"), contrapposto al gretto e miope egoismo spicciolo che bada soltanto al vantaggio immediato - spesso ignorando il possibile danno agli altri, all'ambiente e in ultima analisi anche allo stesso soggetto. C'è da aggiungere che il calcolo eudemonistico non è sempre facile e si presta ad errori, abbagli, delusioni e disastri. Tutto sommato, però, risulta un esercizio più utile e fecondo di quello di navigare fra le nuvole degli arbitrari concetti metafisici del "bene" e del "male". Voltaire è venuto parecchi secoli dopo Epicuro, ma possiamo raccogliere qualche pagliuzza d'oro negli scritti di entrambi. E farne tesoro anche nel nostro lavoro.

 

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