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La Valutazione della Psicoterapia

di Gian Luigi Dell’Erba






Riassunto

La valutazione della psicoterapia è uno dei settori di base della disciplina. Esso è costituito da almeno 3 aspetti: lo studio della valutazione concorrente dei diversi orientamenti psicoterapeutici; lo studio del processo psicoterapeutico; la ricerca sui fattori comuni. Questi settori di analisi devono, secondo l’Autore, essere subordinati ad una esigenza di definizione teorica e di omogeneizzazione dei linguaggi. Tra le principali questioni, l’Autore propone 4 punti che necessitano di una definizione esplicita da parte di ciascun approccio: modello della mente, meccanismo del disturbo, tecnica terapeutica, setting. Inoltre, vengono proposti 5 livelli di analisi, o coordinate epistemologiche, mediante le quali possono essere valutate più dettagliatamente le psicoterapie, e dalle quali è possibile costruire sistemi di valutazione: oggetto della ricerca, livello di riduzione, prospettiva, modalità di indagine, unità di indagine. Sono esaminati anche alcuni aspetti del processo della psicoterapia con alcune considerazioni su specifici tentativi di ricerca.E’ infine esaminato l’aspetto riguardante i fattori comuni, ambito che l’Autore pone come punto di arrivo nello sviluppo epistemologico-scientifico della disciplina; in tale ambito sono esaminati sia gli elementi comuni tra i diversi approcci che l’obiettivo di una loro integrazione metodologica e teorica.



Summary

The evaluation of the psychotherapy is one of the sectors of base of the discipline. It is constituted from at least 3 aspects: the study of the competing evaluation of the different psychotherapeutic orientations; the study of the therapeutic process; the search on the common factors. These sectors of analysis owe, according to the Author, be subordinate to a demand of theoretical definition and of omogeneization of the languages. Among the principal matters, the Author proposes 4 points that require an explicit definition from part of each perspective: model of the mind, mechanism of the trouble, therapeutic technique, setting. Besides, they come proposed 5 levels of analysis, or epistemological coordinates, by means of which they could be valued more in detail the psychotherapies, and from which it is possible build systems of evaluation: object of the search, level of reduction, perspective, modality of investigation, units of investigation. It is examined any also aspect of the process of the psychotherapy with any considerations on specific attempts of search. It is finally examined the matter regarding the common factors, field that the Author sets like point of arrival in the epistemologico-scientific development of the discipline; in such field it is examined both the common elements among the different approaches and the purpose of a their methodological and theoretical integration.




Introduzione

Che sia possibile valutare un qualcosa è un bene, tanto meglio se il nostro tentativo serve a migliorarlo.La psicoterapia non è sempre stata una disciplina ben identificabile così come lo è oggi; la storia della cura dei disturbi mentali lo testimonia molto bene. Tuttavia, tutti coloro che si occupano di psicoterapia in modo più preciso e formale sono d’accordo nell’indicare l’inizio di questa disciplina in quanto autonoma soltanto nel periodo contemporaneo a Freud.Già in quel periodo, i primi contributi nel settore della valutazione della psicoterapia possono essere notati in quei tentativi di critica che i vari allievi prima o poi muovevano ai loro maestri e didatti. In pratica, quelle che dovevano essere delle valutazioni interne per esigenze di chiarificazione e dibattito spesso davano luce a svolte ed orientamenti paralleli, e che dunque valutavano aspetti tecnici ed esiti in modo critico.La storia della valutazione della psicoterapia, sia della sua efficacia che del processo e dei meccanismi di funzionamento, nasce come critica concorrente; i suoi primi passi possono essere visti come il tentativo di trovare il "giusto modo" di praticare la psicoterapia. Bisognerà aspettare, nella maggioranza dei casi, i primi "strappi" alla psicanalisi per avere altre importanti scuole ed orientamenti. In questo ambito ha preso quota l’esigenza di ripensare alla psicoterapia e a come condurla per incrementare gli esiti positivi e ridurre le difficoltà del setting. In questa situazione storica emergono orientamenti sempre più distanti dalla matrice originaria, come ad esempio Karen Horney o Henry Stack Sullivan, e poco dopo Carl Rogers, e una decina di anni più tardi Wolpe ed Eysenck.L’inizio degli anni 50 è infatti il periodo durante il quale viene ripensato l’intero sistema del trattamento dei disturbi mentali. Negli USA vengono create delle commissioni specifiche per studiare il bilancio costi-benefici di alcune procedure di trattamento; vengono, inoltre, commissionati importanti studi e ricerche sia dal Governo (Joint Commission on Mental Illness and Health, 1961) sia da Enti privati ed industrie di farmaci (infatti, in questo periodo nascono i farmaci antipsicotici). Nel periodo 1950-1960, sono pubblicati i primi studi sistematici sulla valutazione delle psicoterapie, sia in modo specificamente dedicato sia insieme ad altri trattamenti. Ma lo studio che ebbe l’impatto più forte fu senza dubbio quello di Hans Eysenck.Nel 1952, Eysenck pubblicò un riesame di 24 studi e giunse alla conclusione che la psicoterapia non era granché efficace, e non superava in modo significativo la misura dei gruppi non trattati e placebo. Inoltre, secondo Eysenck, alcune psicoterapie tendevano al peggio mentre altre erano lievemente più efficaci. Naturalmente, tali posizioni stimolarono la gran parte dei ricercatori del settore, ed anche i clinici vollero vederci più chiaro. Vi furono, quindi, numerose ricerche sulla efficacia e sulla valutazione concorrente, alcune delle quali decisamente prestigiose (Bergin, 71; Garfield, 81; Bergin, Lambert, 78; Luborsky, 71; Luborsky, Chandler, Auerbach, Cohen, Bachrach, 71; Luborsky, Crits-Christoph, Mints, Auerbach, 88; Smith, Glass, Miller, 80; Rachman, Wilson, 80; Williams, Spitzer, 84).Naturalmente, dalla fine degli anni 50 ad oggi sono state prodotte migliaia di ricerche importanti, tutte in qualche modo aderenti agli standards di rigore e di metodo ma non per questo meno condizionate dai crescenti sviluppi della scienza e delle discipline interessate, come la psicologia, le neuroscienze, la farmacologia, la filosofia della mente.Oggi, affrontare il settore della valutazione della psicoterapia vuol dire occuparsi di almeno uno dei tre generali aspetti che definiscono il campo:

- a) lo studio della valutazione concorrente degli esiti; in sintesi, questo aspetto riguarda la ricerca degli orientamenti più efficaci e più efficienti, e la valutazione differenziale degli interventi specifici all’interno di ciascun approccio; inoltre, si esaminano quegli aspetti che caratterizzano il "formato" delle psicoterapie, cioè quegli aspetti legati al tempo impiegato ed al tempo necessario relativamente a ciascun approccio (la domanda chiave è "che cosa funziona meglio?").

- b) lo studio del processo della psicoterapia; questo ambito riguarda lo studio di tutti quegli aspetti che caratterizzano una psicoterapia, dagli aspetti della relazione terapeutica ai singoli comportamenti che avvengono durante il corso del trattamento (la domanda qui è "che cosa succede e perché si cambia?").

- c) lo studio dei fattori comuni; questo aspetto prende in considerazione singolarmente quegli elementi che sono giudicati efficaci per analizzare che cosa caratterizzi una psicoterapia "generica" che funzioni (la classica domanda sarebbe "da che cosa è caratterizzata una psicoterapia generica?").



Aspetti generali

Partendo dal fatto assodato che non ha senso valutare o confrontare oggetti appartenenti a classi differenti, dobbiamo in qualche maniera definire dei confini entro i quali gli elementi sotto esame sono assunti come simili. A questa delimitazione può contribuire la chiarificazione di alcuni concetti di base i quali sono anche i fondamenti teorici della disciplina ed anche gli assi entro i quali i diversi orientamenti e variazioni della psicoterapia si muovono. Potremmo anche affermare che ogni modello ed orientamento che si occupi di psicoterapia deve rispondere ad alcune domande fondamentali che riguardano gli aspetti di base, e dunque in conseguenza anche le caratteristiche del proprio orientamento.Queste domande riguardano classicamente i seguenti argomenti:

1) Modello della mente: ogni approccio deve avere una teoria su come funzionano le persone; in sostanza deve possedere un quadro di riferimento principalmente attinente alla comprensione e spiegazione dei processi mentali in senso generale. Si richiede ad un orientamento di definire a) che cosa è il sistema mentale, che cosa è la mente, come funziona, quali sono le caratteristiche e i processi che la definiscono; b) che cosa si intende per personalità e in che cosa si sostanzia questo termine; c) che cosa distingue e caratterizza questo livello di spiegazione da altri livelli di spiegazione dei fenomeni osservati (molecolare, biologico, fisico, relazionale, etologico, sociale, ...).

2) Meccanismo del disturbo: ciascun approccio deve chiedersi e rispondere su che cosa definisca un disturbo, un fatto anormale, un fenomeno interessante dal punto di vista dell’intervento. Si richiede una risposta ad alcuni aspetti quali le cause, i fattori di mantenimento, i fattori o le variabili interessate nella diminuzione o cessazione del disturbo; in sostanza, è opportuno avere una teoria sul meccanismo del disturbo in tutti i suoi aspetti del funzionamento.

3) Tecnica terapeutica: occorre, inoltre, avere delle risposte riguardo quelle azioni o quei fatti associati o connessi in senso causale alla risoluzione del disturbo o alla sua diminuzione. E’ necessario sapere che cosa fa cessare il disturbo, come si fa a farlo in concreto ed in modo valido ed affidabile.

4) Setting: in ultimo, è necessario disporre di informazioni, per ciascun approccio, riguardo le condizioni in cui è consigliato o indispensabile attenersi affinché sia possibile applicare una tecnica terapeutica. Domande in questo senso devono chiarire aspetti quali il programma di obiettivi e tempi utili o necessari per attivare efficientemente la psicoterapia, le verifiche da farsi, i luoghi dove si può fare, i modi di organizzazione logistica che comprendono anche chi ne ha a che fare e chi interviene e a quale livello dell’intero processo.

Tali questioni riguardano tutti gli psicoterapeuti, e sulla base di questi punti possono essere indirizzati i tentativi di traduzione da un lessico terapeutico ad un altro. Queste 4 domande generali fissano il campo entro cui deve essere costruita una griglia di valutazione, di qualsivoglia natura e grado di definizione. Recenti lavori hanno sottolineato questi criteri (Held, 1995; Johnson, 1996; ...).In particolare, Barbara Held ha proposto una classificazione generica minimale che permette di definire gli orientamenti della psicoterapia rispetto a tre criteri di fondo: a) teorie sulle cause dei disturbi, b) teorie sulle procedure e sulle tecniche, c) tipologie di problemi e di pazienti.Naturalmente, non tutti gli orientamenti e "scuole" sono definibili con tali criteri. Inoltre, alcuni approcci hanno contribuito più di altri alla definizione ed alla esplicitazione dei problemi, ma viceversa, altri orientamenti non possono rispondere in modo empiricamente fondato a tali quesiti. E’ il tipico caso del gioco delle sedute spiritiche dove se non ci credi non appare nulla!Gli aspetti culturali e teorici non sono stati gli unici aspetti nel ritardare l’uso di procedure di valutazione più rispettose dei criteri di adeguatezza di un confronto; anche alcuni aspetti tecnici (relativi al senso da attribuire alle stime di effetto "ES") hanno notevolmente complicato il settore. Infatti, un aspetto rilevante sia nelle valutazioni concorrenti che nella ricerca sul processo terapeutico è quello della corrispondenza delle variabili tra i diversi studi. Non solo esiste una certa difficoltà nell’accostare una approccio terapeutico ad un altro ma la stessa ricerca valutativa, spesso con procedimenti valutativi "a ritroso" come le meta-analisi, diviene priva di senso. Diversi importanti contributi meta-analitici, anche se numericamente consistenti, appaiono poveri nella capacità di confrontare una psicoterapia di un certo orientamento con una di diverso approccio sia nella valutazione delle variabili in gioco che nella valutazione del livello di analisi. Ad esempio, se confrontiamo il numero dei successi e il numero dei soggetti invariati nei campioni sperimentali e di controllo in due approcci diversi, A e B, vediamo all’atto pratico come la stessa definizione di "numero di successi" non ha molto senso; infatti, mentre per un orientamento A la fine del trattamento ha un criterio, per un orientamento B ha criteri differenti. La cosa non cambia, naturalmente, se a definire la fine della terapia sono gli psicoterapisti stessi, in quanto se per l’uno essa equivale alla scomparsa di fantasie e resoconti che vengono associate e valutate come negative (o regressive, non è qui molto importante), per l’altro il termine è la capacità autodeterminata di cavarsela senza aiuto. Dunque, non credo che qualcuno voglia seriamente mettere a confronto dati che appartengono a classi diverse. Il confronto può essere possibile allo stesso livello, e come vedremo permette ampiamente il confronto tra approcci differenti.Prima di affrontare il problema del confronto tra livelli epistemologici sarà utile definire, anche se brevemente, le procedure di valutazione più usate, cioè le meta-analisi.La metodologia delle meta-analisi consiste sinteticamente in alcuni passaggi riguardanti il trattamento statistico di informazioni tratte da una base dati che corrisponde ad una serie di ricerche empiriche. Il primo passo equivale ad una ricerca sistematica di studi empirici i quali riportano tra i risultati alcune informazioni necessarie: media e deviazione standard del gruppo sperimentale e del gruppo di controllo (come base minima). Il secondo gradino del metodo corrisponde alla normalizzazione delle misure; tutti i dati devono essere tradotti in una unità di misura unica per tutte le ricerche. L’ultimo passaggio è la suddivisione delle variabili in gruppi in relazione allo specifico ES (effect size). Le variabili possono essere diverse: tipi di psicoterapia, tipi di disturbo per singola psicoterapia, tipi di intervento specifico, dati socio-anagrafici, tipo di trattamento in generale (medico, psicologico, o altro), tratti di personalità, punteggi ad un test. Questi risultati sono confrontati attraverso l’entità delle differenze (significative o non significative). Inoltre, una meta-analisi è giudicata buona se il campione di studi è rilevante e se ciascuno studio considerato ha gruppi consistenti e contiene informazioni dettagliate riguardo i metodi di rilevazione e di misurazione (sistemi di codifica, tests, protocolli, ecc...). Ai fini di una disamina critica sono proprio i metodi di traduzione delle misure a causare confusione (a parere di chi scrive) in quanto nel tentativo di omogeneizzare i dati (tentativo ok) si ignorano le specifiche caratteristiche (risultato non ok).Un ulteriore problema derivante dalla maggior parte degli studi meta-analitici è quello della composizione dei campioni delle ricerche da esaminare: molte delle ricerche che hanno ben espliciti i parametri metodologici (media, deviazione, misure, tests, durata, chiarezza delle variabili in gioco) sono ricerche non cliniche ma studi che si basano su soggetti spesso volontari, che ottengono certi punteggi a questionari sintomatologici (MMPI, SCL90-R, MHQ, solo per fare alcuni esempi), e che per questo vengono inseriti in programmi di consulenza a tempo determinato. Tali studi sono ben lontani sia dalla realtà della psicoterapia come effettivamente viene praticata sul campo (effectiveness psicotherapy) che dai problemi che la pratica clinica deve superare ed aggirare adattandosi alle diverse circostanze concrete (Seligman, 95).



Coordinate epistemologiche

Un punto importante è quello della individuazione delle coordinate epistemologiche attraverso le quali leggere ed analizzare le ricerche sulla efficacia della PST. A partire dalla ormai famosa distinzione proposta da Bruner (Bruner, Acts of Meaning, 1990), possiamo individuare l’appartenenza di un approccio come "spiegazione paradigmatica" oppure come "approccio narrativo". Seguendo questa impostazione teorica (Toukmanian, Rennie, 1992) possono essere indicate le coordinate epistemologiche della valutazione della PST come segue.

- Oggetto della ricerca

- Livello di riduzione

- Prospettiva

- Modalità di indagine

- Unità di Indagine

Queste coordinate vengono indicate come base teorica a partire dalla quale implementare le singole specifiche ricerche sul campo ed inquadrare in modo più preciso le numerose ricerche di questi anni.Ogni approccio ha i propri scopi e le proprie metodologie congeniali, ma è necessario avere chiaro "a che livello" e di "che cosa" ci si sta occupando prima ancora di analizzare che cosa funziona di più.La prima coordinata in esame è quella relativa all’oggetto della ricerca; in questo ambito può essere presa in considerazione la distinzione tra approcci che prediligono una spiegazione paradigmatica e quelli che pongono l’accento su un approccio narrativo. L’oggetto dei primi è quello di studiare il processo di cambiamento in terapia, inteso come studio degli indici che segnalano un cambiamento. A questo livello di analisi viene focalizzato il "che cosa è cambiato" ed il "come è cambiato". L’atteggiamento generale è tendente alla descrizione ed alla analisi del fenomeno, e presume una forte assunzione di regolarità. Si pone l’accento su posizioni empiriste e razionaliste attraverso una metodologia codificata ed accettata, ed attraverso anche la costruzione di un lessico condiviso relativo agli eventi ed agli indicatori di questi eventi. L’oggetto del secondo orientamento, quello narrativo, è costituito generalmente dallo studio dell’esperienza del cliente. In questo ambito è focalizzato lo studio del significato personale del soggetto, e lo studio della relazione terapeutica ad un livello di analisi che permetta la comprensione sensata delle intenzioni dei soggetti coinvolti. L’atteggiamento teorico è prevalentemente induttivo.La seconda coordinata considerata è il livello di riduzione. Questo parametro è stato utilizzato da diversi autori con differenti unità di riduzione, ma è chiaro che l’aspetto importante è quello di individuare una scala variabile di livelli di analisi, i quali sono esplicitati chiaramente. Ad esempio possono essere considerati i seguenti livelli: il soggetto (la persona), dove i contenuti presi in esame saranno dotati di intenzionalità: credenze, desideri, bisogni, valori, ricordi, aspettative; le prestazioni: dove sono considerate le regolarità comportamentali e vi è una esplicita ricerca di un determinismo; i processi e strutture cognitive: dove sono studiati i dati sperimentali attinenti alle modalità di funzionamento del sistema mentale.La prospettiva d’esame è la terza coordinata, ed essa è classicamente considerata nelle ricerche che fanno uso di sistemi di codifica. In questo ambito possiamo indicare tre variabili: l’osservatore esterno, il cliente, il terapista. La prospettiva dell’osservatore esterno evidenzia un chiaro focus sui processi automatici che sono, in quel momento almeno, fuori dalla coscienza; inoltre, c’è un esplicito accordo sui fatti da considerare e studiare, e molto spesso si usano liste di obiettivi (che sono contenute in sistemi di codifica). La prospettiva del cliente, invece, focalizza le informazioni dirette sul processo di cambiamento; esse possono essere, come vedremo più avanti, di natura ed aspetto diverso. La prospettiva del terapista, infine, si delinea come un punto intermedio, dove esiste un personale coinvolgimento ma esso è orientato teoricamente (è inserito in una griglia di lettura personale che deriva da un aspetto della tecnica).La quarta coordinata è la modalità di indagine. Sebbene sia possibile estendere il range delle metodologie, è preferibile, almeno per gli scopi di questo scritto, indicare due generali categorie. Un primo aspetto è quello relativo ai sistemi di codifica, i quali possono essere particolari strumenti focalizzati per particolari costrutti teorici; essi hanno un dichiarato focus esterno e richiedono anche una prospettiva esterna. Nell’uso dei sistemi di codifica è preferibile l’adozione di linguaggi e metodi standard e sistematici. In questo ambito metodologico rinveniamo dei presupposti teorici espliciti ai quali abbiamo accennato prima. In questo settore possiamo incontrare alcuni problemi di misurazione relativi soprattutto all’aderenza dello strumento rispetto al fenomeno da misurare. La seconda categoria delle modalità di indagine è l’esame dei resoconti. Questa variabile si riferisce alle tipologie di raccolta di resoconti del soggetto e possono essere molto diverse tra loro; tuttavia, tutti i modi di indagine in questo ambito condividono l’aspetto di essere autodescrizioni. Queste indagini possono essere: questionari, liste di aggettivi, schede, diari, risposte orali, punteggi likert su specifici costrutti. A questo livello di indagine abbiamo i tipici problemi della falsificazione e della distorsione motivazionale. Se l’informazione è diretta e soggettiva allora può essere intenzionalmente distorta o involontariamente sfocata (ciò ha un suo senso, naturalmente, anche se non ai fini di una valutazione della psicoterapia). Infine, nell’ambito dei resoconti è possibile evidenziare una attività di co-costruzione, in particolare in quelle ricerche che utilizzano resoconti meno strutturati (diari, risposte orali, schede).L’ultima coordinata epistemologica presa in esame è l’unità di indagine. Le ricerche e le metodologie valutative si distinguono per le unità di indagine prese in esame, talvolta vediamo confrontate ricerche con unità di indagine differenti. Il formato preso in esame può essere molto ampio, e può variare da istanti al corso dell’intera vita. Possiamo classicamente ritrovare nel range dell’unità di esame le seguenti variabili: episodi o eventi, ora di terapia, periodi della terapia, corso della terapia, esito dopo un follow up. Per quanto riguarda l’analisi di episodi o eventi in terapia, i fatti presi in esame possono essere diversi tra i quali: risoluzione di conflitti, espressioni particolari, metafore, momenti più significativi indicati dal cliente, presenza di specifici indicatori nel comportamento. In questo ambito è cruciale l’incrocio con la coordinata della prospettiva in quanto a seconda della angolazione d’esame possono essere indicate variabili significative.Questa griglia di analisi evidenzia come le psicoterapie possono variare in quanto ad atteggiamenti di fondo e metodologie di raccolta dei dati. Questo può non essere un problema insormontabile se gli oggetti dello studio sono esplicitati in partenza, ma può essere un grave problema di metodo se non se ne fa alcun cenno. Una ricerca valutative deve poter disporre di informazioni disposte ad uno stesso livello di riduzione, oppure deve indagare le differenze in una coordinata ma attraverso studi che nelle altre coordinate hanno dati equivalenti. E’ il vecchio adagio della ricerca empirica: se ti interessa come si comporta una variabile, devi mantenere ferma l’altra (o le altre).Le conclusioni di questa proposta epistemologica sono che: in primo luogo, le meta-analisi devono porsi come obiettivo la ricerca di studi equivalenti; in secondo luogo, i diversi approcci possono confrontarsi tra loro solo se tengono in conto le caratteristiche distintive esistenti tra orientamenti diversi; come ultimo punto, è opportuno e possibile un linguaggio comune tra le psicoterapie di orientamento diverso.



Considerazioni su alcune ricerche

La quantità di ricerche sulla valutazione della psicoterapia è impressionante. Vi sono migliaia di studi sulla efficacia, sul processo terapeutico, sui fattori comuni, sulla valutazione concorrente di singoli interventi, e sul confronto tra approcci diversi (compreso l’approccio farmacologico). Per una rassegna ragionata e completa si rimanda al pregevole volume di Allen E. Bergin e Sol L. Garfield (Bergin A.E., Garfield S.L., 1994).Il punto cruciale, che sembra essere dimostrato dalla maggioranza delle ricerche, è che le psicoterapie facilitano la remissione dei sintomi; esse non solo promuovono il naturale processo di miglioramento e guarigione ma aggiungono strategie e strumenti di adattamento e risoluzione ai soggetti oltre a fornire abilità per affrontare i problemi simili in futuro (Lambert, Bergin, 94; Norcross J.C., Goldfried M.R, 1992; Luborsky et al., 1985; Seligman M, 1995).Alcuni parametri propri del terapista sembrano influire significativamente sull’andamento della psicoterapia: grado di abilità (possesso di una qualche forma di algoritmo), esperienza (numero di fatti e di casi disponibili alla propria memoria), presenza stabile, tratti di personalità, caratteristiche formali della teoria posseduta.Altre caratteristiche inerenti al paziente sono state isolate in quanto correlate all’andamento delle terapie: tratti di personalità, esperienze psicoterapeutiche precedenti, aspettative generali sulla psicoterapia, aspettative specifiche sul terapista.Sono state definite inoltre delle variabili correlate alla psicoterapia efficace che prendono in esame il costrutto di "relazione terapeutica": possibilità di avere ascolto, condividere gli atteggiamenti del terapista, avere incoraggiamenti, collaborazione reciproca, ed altri aspetti che esamineremo più avanti.Una delle più importanti e corpose ricerche sulla valutazione del processo psicoterapico è certamente quella di Orlinsky, Grawe, e Parks (Orlinsky, Grawe, Parks, 94). Sia la definizione delle variabili che l’analisi dei risultati propongono un quadro complesso ma sistematico del processo in psicoterapia evidenziando i punti emergenti e più rilevanti (se correlati agli esiti) e gli aspetti di interrelazione tra fattori diversi in un interessante ed ipotetico modello generico di psicoterapia. Tra i fattori presi in esame e che si sono rivelati più rilevanti vi sono i seguenti aspetti: contratto terapeutico, interventi terapeutici, relazione terapeutica, autoriferimento, impatto in seduta, sequenza. E’ interessante che tra gli interventi terapeutici, gli autori indicano alcune "euristiche terapeutiche" che pur essendo solo alcuni degli interventi descritti sono una parte importante degli interventi valutati come efficaci; essi sono: rafforzare l’alleanza terapeutica, promuovere astrazioni riflessive, approfondire il processo emotivo, potenziare le abilità adattive e la competenza; altri interventi sono: confrontazione esperenziale, intenzioni paradossali, interpretazione, esplorazione, supporto ed incoraggiamento, riflessioni e chiarificazioni, autoapertura del terapista, consigli. Un aspetto importante di questa ricerca è l’accento sulla coordinazione tra paziente e terapista (buona relazione, collaborazione, protocollo si lavoro, alleanza, ...) attraverso la quale i vari interventi possono avere successo. In sostanza, per poter lavorare bene paziente e terapista devono intendersi bene e collaborare l’uno con l’altro (piuttosto che effettuare interventi contro le intenzioni del soggetto sia da parte del terapista che da parte del paziente). Questa puntualizzazione definisce la relazione terapeutica più come uno stadio funzionale della psicoterapia (cioè come interventi tecnici) che come la costruzione di un clima sano (che dovrebbe essere la base di tutti i rapporti positivi).



Aspetti del processo della psicoterapia

La relazione terapeutica Come proposto da Semerari (1996), le teorie della relazione terapeutica si possono dividere in due principali categorie: quelle che si occupano di descrivere e spiegare gli eventi che caratterizzano la relazione tra paziente e terapeuta, e quelle che invece studiano in che modo le caratteristiche di una relazione terapeutica influenzano la cura.Sia in ambito cognitivista che in campo psicoanalitico l’interesse si è focalizzato sugli aspetti legati allo schema interno posseduto dal soggetto (schema, prototipo, internal working model, interpersonal schemata, ...) che in qualche modo possa spiegare l’andamento del processo e l’influenza particolare. L’ipotesi generale è quella che vede l’individuazione di un dato schema interpersonale nel soggetto e la costruzione in terapia di una esperienza sia correttiva che chiarificante.L’aspetto valutativo nella relazione terapeutica è ampio. Sono stati messi a punto strumenti che prendono in considerazione le interazioni tra paziente e terapista, e che in particolare possano predire o studiare le caratteristiche sia di relazioni positive che di quelle negative (interrotte o iatrogene). Gli strumenti in questione hanno approfondito vari aspetti, dalla interazione verbale, ai contenuti particolari (rifiuti, assenzi), a caratteristiche specifiche della interazione come i tempi espressivi, tono di voce, la comunicazione non verbale in generale; alcuni autori (il più esemplificativo è il gruppo di Luborsky) hanno approfondito anche la presenza di particolari interazioni, ricollegate teoricamente alla presenza di un modello interno del paziente. Su tale filone molti autori di diversi orientamenti hanno esplorato le interazioni significative (ad esempio, le interazioni conflittuali) mediante strumenti appositamente disegnati (ad esempio, il CCRT di Luborsky).Se da un punto di vista strettamente tecnico sono ampiamente acquisiti dati che indicano la relazione terapeutica come un fattore centrale nella efficacia della psicoterapia, non è ancora chiaro se lo stesso concetto di "relazione terapeutica" sia un aspetto della tecnica o una condizione di base che precede l’intervento. Per quel che riguarda il quesito inerente gli aspetti "tecnici", la relazione terapeutica sembra veicolare i seguenti elementi terapeutici: esempio positivo e modello autorevole di riferimento; chiarificazione, educazione, apprendimento pratico di soluzioni; presa di coscienza, autoesplorazione, aumento di consapevolezza; esperienza emotiva correttiva, adattamento, figura vicariante; funzione vicariante, aiuto e supporto funzionale, co-costruzione. Come vedremo più avanti, tali aspetti terapeutici sono alcuni degli elementi comuni delle psicoterapie.Alcuni autori si riferiscono alla "relazione" come ad una sorta di entità, di mente, di processo dotato di intenzioni e di scopi o capace di rappresentazioni. Se tutto questo serve ad un modello teorico allora può essere di aiuto come metafora o come esempio, ma se la costruzione di una entità deve servire a spiegare qualcosa allora l’operazione non può essere che negativa e sbagliata sul piano scientifico.Per quanto riguarda gli andamenti della terapia, molti autori hanno indicato nella valutazione della relazione terapeutica la misura degli esiti o della iatrogenicità della psicoterapia. Sembrano emergere alcuni fattori comuni nelle spiegazioni dei diversi autori, fattori sufficientemente generali per essere utilizzati come modello. Un primo fattore sembra essere quello che indica una acquisizione di un nuovo punto di vista da cui esaminare i propri problemi, punto di vista che apparterrebbe al terapeuta; quando questo punto di vista viene scambiato per la realtà in alternativa drasticamente opposta al proprio punto di vista allora il paziente può dissociarsi, confondersi, derealizzarsi, in quanto il nuovo modo di conoscere potrebbe negare o confliggere con altre credenze ed altri segmenti di conoscenza legati in qualche modo al proprio modo di vedere.Un secondo fattore sembra quello di considerare come realtà o come verità una teoria o un assunto sovraordinato ad certo intervento, che appare essere la versione riferita al terapista dell’elemento precedente. Questo atteggiamento porterebbe il soggetto alla confusione, come pure ad una ingiustificata sottomissione conoscitiva rispetto al terapista.Entrambi gli aspetti si riferirebbero ad una inclinazione di ciascuno dei due partecipanti a scambiare le indicazioni e ed il materiale di lavoro con una versione ufficiale della realtà (del paziente). Il processo sottostante sarebbe quello di impedire, o al meglio ostacolare, il processo di ricostruzione e di concettualizzazione del paziente relativamente a ciò che gli accade (e/o che gli è accaduto).

Placebo Molti autori si interrogano sul significato dell’effetto Placebo in psicologia, ed in particolare nell’ambito della valutazione delle psicoterapie. Tale metodologia, che trova un impiego utile e sensato nelle discipline mediche, biologiche e fisiche nella valutazione dell’efficacia delle terapie mediche, non sembra giustificabile in termini psicologici. Infatti, mentre l’effetto svolto dall’atto di assumere una pillola inerte può essere confrontata con l’azione svolta dalla terapia effettiva, qualsiasi intervento o condizione che caratterizza il gruppo di controllo può avere un effetto in termini di meccanismo di cambiamento psicologico. Dunque, è arduo definire placebo un intervento nullo in quanto probabilmente l’ipotetico placebo può essere efficace in termini di cambiamento psicologico. Alcuni autori sottolineano l’opportunità di prendere in considerazione il termine "inerte", ma anche esso non è definibile in modo utile ed univoco. Altri autori hanno proposto l’impiego di "fattori non specifici" per etichettare quei fattori comuni tra i diversi interventi psicoterapici, e quindi anche tra i diversi orientamenti, che sarebbero distinti da quegli interventi specifici delle diverse tecniche. Tale posizione non è priva di dubbi in quanto i fattori comuni identificati da diversi autori non sarebbero altro che gli stessi interventi specialistici delle diverse tecniche. Per risolvere il problema, specialmente da un punto di vista metodologico, è utile considerare il confronto tra gruppi diversi, dove in alcuni (controlli) sono noti i fattori attivi e le variabili indipendenti; attraverso tale tradizionale correlazione è possibile indicare il comportamento delle variabili in gioco. Alcuni problemi nascono anche nelle valutazioni tra gruppi non trattati: ad esempio, le differenze tra soggetti trattati e soggetti non trattati sono, a volte, ridotte a causa di un aumento di ES dei soggetti di controllo piuttosto che da un peggioramento dei soggetti trattati; oppure, alcune volte le misure pre- e post-trattamento non differiscono significativamente in quanto i soggetti tenderebbero a valutarsi stabilmente rispetto ai risultati effettivi del trattamento; tali eventualità naturalmente riguardano solo le valutazioni che si basano su liste di sintomi (questo vale anche per il problema, per certi aspetti diverso, del follow up, in quanto i follow up a breve termine sarebbero inutili in quanto i soggetti tenderebbero a mantenere i risultati positivi del trattamento nel breve-medio termine).



Fattori Comuni nelle Psicoterapie

Come esposto più sopra, non solo alcuni interventi tecnici sono comuni a più orientamenti teorici, ma alcuni interventi sono comuni a tutti gli orientamenti ed approcci delle psicoterapie.Questa conclusione nasce da più stimoli: un primo elemento a supporto è costituito dalla quantità di dati a disposizione dopo ormai centinaia di ricerche e metanalisi su questo aspetto; un secondo elemento deriva dagli stessi autori di diversi orientamenti i quali sempre più sentono il bisogno di tradurre nel proprio linguaggio i dati sperimentali della psicologia ed i risultati ottenuti da altri orientamenti psicoterapici; un terzo elemento è quello derivante dalle applicazioni estensive della psicoterapia (o meglio, dei fattori di cambiamento studiati dalla psicologia sperimentale e tradizionalmente attribuiti come caratteristici del campo della psicoterapia).A proposito dell’ultimo aspetto, vale a dire delle applicazioni estensive dei fattori di cambiamento, è utile ricordare che molti dei settori in voga nella psicologia applicata (psicologia della persuasione, formazione in aspetti della psicologia nel campo del lavoro, mediazione familiare, psicopedagogia del comportamento in classe, attività nei centri ascolto, attività di comunità terapeutica, interventi di gruppo per la gestione di problemi sociali specifici, e molti altri ancora) non sono altro che interventi di psicoterapia, ed in particolare sono interventi assimilabili agli elementi comuni delle psicoterapie.In sostanza, gli aspetti tecnico-psicologici delle psicoterapie possono essere individuati nei processi psicologici che sono alla base degli interventi effettuati. Inoltre, anche gli stessi interventi non sono così eterogenei come si potrebbe pensare ma al contrario possono essere raggruppati in fattori più generali: i fattori comuni delle psicoterapie.Vari autori (Frank, Frank, 91; Luborsky et al., 71, 75, 85, 90; Beutler, 83 89, 91; Lambert e Bergin, 94; Orlinsky el al., 94; Truax, Carkuff, 67; Martin J., 92; Weiss J.,1994; Stricker, Gold, 93; 97. per ricordare solo alcuni) hanno proposto fattori generali comprensivi degli elementi comuni. Queste diverse proposte sono praticamente sovrapponibili, e con le dovute cautele di ogni generalizzazione possono essere raggruppati come segue:

1) Addestramento, allenamento, insegnamento, apprendimento, educazione, ....;

2) Concettualizzazione, esplorazione, chiarificazione, interpretazione, consiglio, ....;

3) Ascolto, incoraggiamento, supporto, sostegno, fiducia, dimostrazioni di affetto, ...

Questi tre fattori sarebbero presenti, in mix differenti, in tutte le psicoterapie, anche se ciascun approccio ed orientamento ha la sua ricetta specifica nella quale vediamo accentuate certe caratteristiche piuttosto che altre. Inoltre, ciascun fattore ha una logica ed un meccanismo di spiegazione proprio in quanto permette di raggruppare (evidentemente non solo come cluster!) diverse sfumature interne.Non è semplice attribuire un nome a ciascun fattore in quanto ognuno dei raggruppamenti è composto da diverse sfumature, ma appare chiaramente che ogni fattore è una "famiglia" di interventi semanticamente correlati che presuppongono (o più precisamente, segnalano) un identico processo psicologicamente traducibile. Un esempio molto impreciso potrebbe essere il seguente: un soggetto capisce, applica, ed è sostenuto nel farlo; oppure un soggetto è rassicurato, tenta X, e comprende la origine e la meccanica del problema; o ancora, un individuo si sente valutato positivamente, rivede il giudizio su di sé, e si comporta poi di conseguenza. Questi esempi naturalmente non rendono giustizia del processo continuo e complesso della psicoterapia, ma nondimeno indicano che i fattori presenti sono proprio quelli indicati più sopra.Alcune ricerche hanno evidenziato come la componente più supportiva e legata alla relazione terapeutica sia il fattore centrale e più coinvolto nelle somiglianze delle psicoterapie efficaci (ad esempio, Luborsky et al., 85; Orlinsky et al., 94; Seligman, 95; Lambert, Bergin, 94; Stricker, Gold, 93; 97; Weinberger J.,1995; Weiss J., 1994); naturalmente ciò sembra abbastanza condivisibile in quanto la logica di un cambiamento veicolato attraverso l’accoglimento di stimoli ed informazioni provenienti dal terapista, visto come figura positiva ed autorevole, richiede che un soggetto creda qualcosa solo se la fonte è autorevole ed affidabile. Dunque, una relazione positiva è la "condizio sine qua non" di una psicoterapia valida, ma essa non è tutto.Il campo della ricerca dei fattori comuni nelle diverse psicoterapie ha stimolato diversi autori ad elaborare un modello di terapia fondato sui fattori comuni; ciò ha portato al tentativo di coniare un linguaggio di riferimento che possa accogliere i vari orientamenti. Se questo tentativo di unificazione deve presupporre un modello esplicito dei processi psicologici implicati allora deve anche selezionare quali processi sono ammessi nel campo della psicologia psicoterapeutica e quali invece ne restano fuori. E’ quasi scontato ricordare che proprio questo è il punto cruciale di confronto tra i diversi orientamenti (Weinberger, J.,1995). Infatti, se da una parte può apparire benefico un modello unico, risultato delle traduzioni dei precedenti diversi linguaggi teorici, dall’altra c’è il rischio (almeno ipotetico) di una monopolizzazione e troppo stringente omogeneità di prospettiva. D’altra parte, il percorso di una disciplina verso lo status di teoria fondata empiricamente (cioè scientifica) è lo stesso in ogni settore della conoscenza: se si cerca di costruire una scienza il prezzo deve essere il taglio di ciò che non funziona e non è verificabile (in un senso più largo); ma se invece è importante mantenere gli aspetti intuitivi ed implicitamente assunti allora si dovrà rinunciare all’aspetto di "tecnica" o di procedura empirica fondata teoricamente. La conseguenza di questa considerazione è che la psicoterapia per essere procedura "prescrivibile" per il trattamento di un disturbo psicologico deve essere una tecnica giustificata empiricamente, altrimenti la indicazione di una psicoterapia (di qualsiasi orientamento) avrebbe il carattere di un consiglio pratico generico del tipo " vai in vacanza", "leggi un libro", "frequenta qualche amico", senza capire il processo psicologico di queste pratiche pur benefiche (peraltro, gli interventi d’aiuto informali che i soggetti praticano nella vita quotidiana possono essere spiegati solo in riferimento a processi psicologici alla base degli stessi fattori comuni delle psicoterapie). In sostanza, se i fattori comuni tendono ad unificare le psicoterapie, i modelli alla base di esse ancora dividono il settore.Eclettismo e fattori comuni La psicologia generale di base può essere il criterio di inclusione, pur considerando alcune divisioni presenti anche al suo interno. Essa può essere considerata il banco di prova dove le assunzioni dei diversi orientamenti devono essere esplicitate in forma di procedure verificabili, e relativamente al numero di approcci psicoterapici ne risulterebbe un quadro più ridotto e semplificato.Alcuni autori (Bleuter, 91; Johnson, 96; Norcross, 86; Norcross, Goldfried, 92; Prochaska, Di Clemente, 92; per citarne alcuni), nonostante un atteggiamento tendente alla sistematizzazione delle procedure della psicoterapia, hanno preferito uno stile ecclettico non fondato teoricamente ma caratterizzato da un orientamento tecnico e pragmatico. Per maggiore chiarezza distinguerò un orientamento eclettico tendente alla integrazione teorica, che corrisponde alla considerazioni fin ora esposte, ed un eclettismo tendente al pragmatismo. Quest’ultimo appare caratterizzato dall’uso di procedure e tecniche che sono recepite in quanto valutate efficaci. La integrazione tra le varie e diverse tecniche viene effettuata mediante un espediente di metodo: si valuta la tecnica giusta per lo specifico disturbo, in tal modo si arriva ad avere una griglia metodologica in cui ad ogni tipo di disturbo esiste una specifica tecnica (o mix di tecniche). L’orientamento tendente all’eclettismo pragmatico non sente il bisogno di una integrazione né l’utilità di una teoria di sfondo; tutto si muove su ciò che funziona e per cosa, e la valutazione resta confinata ad un livello "caso per caso".La scommessa posta dall’eclettismo pragmatico può essere posta in questo modo: se una tecnica funziona è utilizzata, e non ha importanza come si è arrivati a costruirla. Tale approccio è evidentemente empirico ed induttivo in quanto dipende dalle verifiche sull’efficacia (dipende dalla misura), è calibrato sugli esiti, ed inoltre è scarsamente sensibile alle ipotesi sul funzionamento mentale (teoria della mente). E’ proprio per questo che l’eclettismo pragmatico può essere visto come il risultato troppo precoce di un processo di siste2matizzazione delle procedure in psicoterapia; infatti, il corso intero di tale processo di sviluppo della disciplina dovrebbe giungere alla integrazione teorica ed alla costruzione di un linguaggio condiviso sia sulle procedure che sui processi psicologici implicati.



Conclusione

La valutazione delle psicoterapie, negli aspetti di studio sistematico degli esiti concorrenti, nello studio del processo psicologico della interazione paziente-terapista, e nella indagine sui fattori comuni a tutte le tipologie ed orientamenti, non è certamente un settore recente ma è sulla ribalta per due ordini di ragioni: la prima è di natura economica, e riguarda l’aspetto del costo della psicoterapia, relativamente al paziente come pure ai servizi che la erogano; la seconda ragione si riferisce all’aspetto scientifico, ed in particolare alla fase di sintesi ed integrazione dei dati empirici che segue la fase di sperimentazione in qualunque disciplina tecnico-scientifica.Per quel che riguarda il primo aspetto, lo scenario che sempre più sembra avvicinarsi sembra essere quello della verifica e della valutazione di protocolli procedurali, con la esplicitazione di precisi obiettivi e tempi. Il seguente schema (Johnson, 96) è un tipico esempio di linee-guida per Care Managment Unit (servizi di controllo dei criteri di Quality Improvement, che negli USA corrispondono ai nostri criteri di VRQ nel Sistema Sanitario):

- diagnosi (in un sistema accreditato; ad esempio, DSM IV, o ICD 10, o altro concordato);

- chiaro e schematico piano terapeutico;

- evidenze e dati indicanti la aderenza del paziente e terapista al piano terapeutico;

- chiaro rapporto tra obiettivi e ciò che accade in psicoterapia;

- chiara giustificazione degli obiettivi;

- relazione tra l’attività del terapista e gli obiettivi;

- tempo necessario per raggiungere gli obiettivi;

- piano concordato di allungamento tra le sedute al raggiungimento degli obiettivi;

- obiettivi finali tendenti alla Indipendenza ed Attività del paziente;

- programma di sessioni riservate per i pazienti lungo-assistiti.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, la generale integrazione dei contributi della psicologia generale sperimentale e della psicologia sociale sembra una strada già intrapresa da tutti gli orientamenti. Un esempio di tale andamento è l’uso in terapia di tecniche ed accorgimenti che derivano strettamente dallo studio dei processi di ragionamento, dagli errori sistematici dei soggetti, dall’uso di euristiche di elaborazione, dallo studio del funzionamento dei "meccanismi" di rassicurazione ed analisi della fonte di informazioni (ad esempio, Mancini, 96; Beutler, Guest, 89; Turk, Salovey, 86).Questi aspetti della valutazione, e della integrazione possibile nelle diverse psicoterapie, sono a tutt’oggi aspetti incompleti, ed il quadro generale resta ancora da tracciare.




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