I PALOMBARI CESARE DE SILVESTRI
Non ricordo in quali circostanze né da quelle collega ho sentito definire in questo modo gli psicologi, psicoterapeuti e psicoanalisti che parlano del "profondo" e si tuffano nei suoi torbidi abissi per ripescare le supposte cause dei disturbi emotivi. Ma l'immagine mi piacque al punto da farmi mettere in secondo piano un'altra definizione più sarcastica ma meno elegante che purtroppo deve restare altrettanto anonima e che paragona chi fruga nel profondo a un cieco che in una notte scura cerca in una cantina buia un gatto nero che non c'è - e lo trova. Questioni di retorica Sono soltanto immagini, naturalmente; similitudini che rientrano nella categoria dei tropi o figure retoriche. Per la precisione si tratta di metafore che appunto secondo la loro funzione letteraria vogliono ironicamente o satiricamente dire ben altro. Servono infatti a mettere in grottesca evidenza teorie psicoterapeutiche che attribuiscono al remoto passato e ad arcane vicissitudini mnemoniche un'influenza determinante nella vita e nei problemi dei pazienti. Non intendo qui discutere la fondatezza o meno di queste teorie. Ne ho parlato altrove e tornerò a parlarne in altre occasione. Vorrei invece dire qualcosa su come viene presentato proprio in termini d'immagine un'impostazione del genere e su come invece viene presentata, sempre in termini d'immagini, quella della REBT. Al pari degli esempi citati sopra, entrambe ricorrono infatti a metafore ed allegorie più o meno pure o miste. E le due metafore sono in netta contrapposizione : una si serve infatti dell'immagine del profondo, mentre l'altra impiega quella di una piramide di crescenti livelli gerarchici dell'organizzazione cognitiva. Metafore e suggestioni In quanto metafore sono entrambe abbastanza valide nel rappresentare il senso delle due opposte teorie. A prescindere però dalla loro funzione retorica, metafore ed allegorie possono avere un potere suggestivo ultroneo. A seconda delle immagini usate, possono cioè evocare, indurre o suscitare diverse associazioni, illazioni, somiglianze, corrispondenze, eccetera. Ed in questo senso possono risultare più o meno accattivanti o simpatiche. Ora, senza cadere nel pessimo gusto di esaltare l'idea piramide e la metafora della mia scuola, si può tuttavia dire che l'idea del profondo fa venire in mente qualcosa di oscuro e tenebroso, ignoto e quindi infido, dal fondo limaccioso e difficile da vedere con chiarezza, capace di nascondere di tutto o chissà che cosa. E allora si capisce come questo dubbio, questa incertezza e indeterminatezza venga popolata dai fantasmi della fantasia, della paura, dell'ansia, dell'angoscia di una vana ricerca che vorrebbe sapere, capire, trovare qualcosa e incontra soltanto una materia sfuggente e inafferrabile, se non addirittura il vuoto e il nulla. Esagero? Può darsi. La mia è soltanto un'impressione estetica che poi sviluppo in modo discorsivo, appunto con un'allegoria più o meno continuata. Quindi non ha alcuna validità critica né alcun valore scientifico. Rende soltanto l'idea di un mio atteggiamento di favore, simpatia, preferenza o predilezione per le cose chiare, controllabili e confutabili - a differenza di quelle che si rendono inaccessibili alla critica e alla sperimentazione.Ma qui il discorso sconfinerebbe in una discussione epistemologica e di contenuti che ho detto sopra di voler riservare ad altre sedi. Concludo quindi, un po' slealmente, con un adagio della saggezza popolare che ci riporta nell'ambito più propriamente estetico. Si tratta della ben nota massima che sostiene con qualche ragione che nel valutare persone e cose "anche l'occhio vuole la sua parte". E poiché siamo in tema di figure retoriche, se fossi intellettualmente più sleale ancora, potrei usare una preterizione affermando che non starò ad aggiungere i versi del poeta che ci dicono come l'aspetto estetico sia in definitiva anche sostanza. Beauty is truth, truth beauty - that is all / Ye know on earth, and all ye need to know. John Keats, Ode on a Grecian Urn
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