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PET  THERAPY

Renata Fossati

 

"Una  via alternativa  per fornire supporto sociale, emozionale e psicologico a persone di ogni età,  attraverso la presenza e l’interazione  con  animali domestici accuratamente preparati e tutelati.”

 

Un po’ di storia

La condizione sociale dell’uomo è sempre stata accompagnata dagli animali domestici. Il cane, in particolare,ha sempre svolto un ruolo importante,  coadiuvando l’uomo nella caccia, nella guardia, nella pastorizia , nel traino delle slitte  e in un altro “compito naturale” come quello della compagnia. Quest’ultima definizione non è casuale poiché  ogni razza , meticci compresi, è in grado di sviluppare nei confronti  degli umani una relazione sociale di altissima qualità laddove gli viene consentita.   Nel 1953 lo psicoterapeuta infantile  Boris Lewinson scoprì in maniera del tutto fortuita che la presenza del suo cane in studio produceva notevoli effetti benefici su di un piccolo paziente autistico. Seguendone lo sviluppo , Lewinson  osservò che la presenza del cane fungeva da “facilitatore sociale” poiché rendeva meno invasiva la figura stessa del medico e permetteva al bambino una “via di fuga” dall’ambiente troppo invasivo   e dal proprio sé.   La storia della pet therapy si snoda via, via negli USA e nel nord Europa con progetti, ricerche e prove sperimentali sino all’inizio degli anni settanta quando vengono messi a punto delle direttive  internazionali ad opera della IAHAIO ( International Association of Human-Animal Interaction Organization), con l’organizzazione di conferenze mondiali itineranti , l’ultima delle quali si è svolta a Glasgow , nel 2004 e nella quale ho avuto l’onore di presentare un mio progetto . ( Il prossimo appuntamento sarà a Tokyo, nel 2007 , ed il tema :” Uomini e Animali:Parternship per una co-esistenza”).   Nel nostro Paese la pet therapy , altrimenti ridefinita internazionalmente  con il termine AAA/T ( Animal Assisted Activities and Therapy) si è sviluppata a partire dalla metà degli anni ’90 con un percorso a macchia di leopardo da nord a sud. Molti sono i progetti in atto nei vari ambiti previsti come scuole; ospedali; carceri; case di riposo; centri per disabili; centri di salute mentale; centri di riabilitazione.   Facilitati anche dalla promulgazione  del Decreto Sirchia (2003) che ha dato un profilo generale sui protocolli d’intervento.

 

L’applicazione della pet therapy

Si potrebbe correttamente definirla co-terapia  poiché si cala in un contesto che già esiste. Quindi, non va a sostituire   percorsi socio-educativi - sanitari  in atto ma , li supporta, al fine di migliorare la qualità della vita delle persone.     Ovviamente, la pet therapy non è universalmente adattabile né, tanto meno  può essere applicata a tutte le persone. Non compie miracoli ma, semplicemente, cerca di portare supporto sociale, psicologico ed emozionale a persone disposte da accettarlo anche dagli animali. Il metodo d'applicazione della pet therapy prevede l'utilizzo di alcuni tipi di animali domestici da presentare o affiancare all'uomo affinché questi ne possa trarre dei benefici. In altre parole, la presenza , il contatto e l'interazione che l'uomo sviluppa con gli animali favorisce l'insorgenza di una vasta gamma di benefici volti a migliorare la qualità della vita.    .
Impiego e tutela degli animali (pets)
Oltre ai cani, che sono ritenuti gli animali leaders  per la loro capacità d’interazione con l’uomo,  vengono impiegati anche gatti, piccoli roditori, uccelli da voliera, cavalli, delfini, ed alcuni  animali da cortile. Tutti gli animali che operano in questo settore devono essere adeguatamente addestrati e preparati; devono lavorare in perfette condizioni igienico-sanitarie, muniti di certificato di buona salute rilasciato da un veterinario e rinnovato ogni trenta giorni. La tutela dei pets è indispensabile poiché nonostante l'entusiasmo dimostrato nell'affrontare il lavoro , questi animali  subiscono un'azione stressoria, diretta e indiretta sia dall'ambiente che dalle persone  che ,   se venisse sottovalutata, non tarderebbe  a
dimostrarsi con i cosiddetti "segnali di stress", riconoscibili con leccamenti ostinati, eccessiva salivazione, continui sbadigli, opacità del pelo ecc.. E' quindi necessario sottoporli a controlli veterinari per constatarne l'effettivo stato di salute ed impiegarli usando il buon senso. Le figure professionali coinvolte.  Sono numerose e differenti tra loro. Medici, psichiatri, psicologi, pedagogisti, sociologi fisioterapisti, veterinari, insegnanti, educatori cinofili sono solo alcuni esempi significativi. In realtà, l'applicazione della pet therapy comprende una vasta gamma di figure professionali e di volontari che prestano la loro opera in vari progetti. Sostanzialmente, l'applicazione della pet therapy prevede un lavoro di gruppo dentro il quale ogni figura spende la propria professionalità in favore del raggiungimento dell'obiettivo previsto . I requisiti essenziali per intraprendere l'applicazione di questa co-terapia sono costituiti da una buona dose di sensibilità e disponibilità ed empatia  nei confronti delle persone e degli animali.   

 

Campi d'applicazione

Si possono dividere in due branche: sanitario e socio-educativo . Il primo comprende strutture cliniche/ospedaliere; istituti di riabilitazione; case di cura psichiatriche. Il secondo: scuole di ogni ordine e grado; comunità di recupero di vario indirizzo; carceri; residenze per anziani ecc.
Innumerevoli ricerche di laboratorio hanno potuto stabilire, senza ombra di dubbio, che la presenza e l'interazione con gli animali,   apporta notevoli benefici alla salute dell'uomo sia sul piano fisico che mentale e relazionale. Per esempio gli studi di E. Friedman sono noti in tutto il mondo per aver dimostrato scientificamente l'abbassamento della pressione sanguigna in soggetti ipertesi, monitorati mentre accarezzavano un cane. Molti altri studi scientifici hanno stabilito una innegabile correlazione riscontrata fra i benefici ottenuti dai pazienti osservati possessori di animali rispetto ai non possessori. Anche nel campo dell'istruzione la pet therapy trova una vasta gamma di applicazioni. Nella didattica, relativamente alla conoscenza del mondo animale attraverso percorsi storici, geografici e scientifici alternativi che si sono rivelati altamente redditizi poiché gli alunni sono generalmente attratti dalla natura e dagli animali in genere. Nell'educazione sociale e umanitaria attraverso percorsi che mirano a sensibilizzare e responsabilizzare gli alunni nei confronti degli animali quali creature viventi sensibili, bisognose di cure e in grado di dare e ricevere affetto.  

Particolare attenzione riveste l'applicazione della pet therapy nel campo dell'handicap

Attualmente esistono compiti ben definiti che cani particolarmente preparati  sono chiamati a svolgere, ed esattamente: i cani sociali, che svolgono un ruolo di presenza e di interazione con l'uomo giocando con loro, facendosi spazzolare, facendo compagnia. Vengono portati in visita ai pazienti (negli ospedali, nelle case di riposo ecc.) generalmente, una volta alla settimana. Sono di proprietà di volontari o di educatori cinofili; debbono avere una preparazione di base (condotta al guinzaglio, seduto, terra, resta) ma, soprattutto, debbono possedere un'indole mite e disponibile; la taglia, il sesso e il tipo di mantello sono ininfluenti. I cani di servizio, invece, vengono accuratamente addestrati  per svolgere determinate mansioni presso persone disabili, costretti sulla sedia a rotelle. Sanno aprire le porte, portare oggetti, chiamare l'ascensore, fare la spesa; conoscono oltre 50 comandi e il loro addestramento dura all'incirca un paio d'anni. Vengono donati al disabile (come succede con i cani guida per non vedenti) il quale oltre che usufruire di un notevole supporto sociale potrà beneficiare di un supporto emozionale e psicologico frutto dell'attaccamento che, inevitabilmente, si svilupperà nella conduzione di una vita in comune. Generalmente, si tratta di golden e labrador preferiti ad altre razze per la loro disponibilità, remissività e intelligenza; in buona sostanza, costituiscono una garanzia di successo e, quindi, di contenimento dei costi di preparazione rispetto alle altre razze che, peraltro vengono comunque usate, anche se in numero inferiore, compresi doberman e rotweiler.  

Alcune esperienze

Alcuni anni fa ho portato a termine un progetto della durata di tre mesi presso la Casa di Riposo di Boario Terme. Con me, una femmina di samoiedo di cinque anni, Jaja. Il nostro compito era quello di intrattenere gli ospiti, una volta la settimana per un'ora circa. Tutto era stato predisposto e potevo avere la collaborazione delle animatrici, delle infermiere e di alcuni volontari. Dopo le prime sedute si era formato un gruppo stabile di circa venti persone alle quali se ne aggiungevano altre, di tanto in tanto. Jaja si dimostrò subito a suo agio. Giocava, riportava la pallina e mostrava ciò che sapeva fare: seduto, terra, resta. Gli ospiti, la maggior parte dei quali sulla sedia a rotelle o con le stampelle, mostrava molto interesse. L'accarezzavano ,facevano domande e, durante la settimana (mi riferirono le animatrici) chiedevano continuamente quando sarebbe ritornata. Molti ospiti affetti dal morbo di Alzheimer furono talmente interessati al cane che si misero a raccontare le storie della loro giovinezza dove i cani erano attivi protagonisti come guardiani e conduttori di bestiame, ed ogni volta, il racconto era preciso e coerente con quello della settimana precedente. Al termine del progetto, tutto lo staff si dimostrò entusiasta dei risultati ottenuti dato che mai nessun'altra attività svolta sino a quel tempo aveva suscitato così tanto interesse e partecipazione negli ospiti. Da parte mia, oltre alla gratificazione per la buona riuscita dell'operato ero particolarmente soddisfatta per aver potuto osservare il comportamento della mia femmina nel suo complesso. Oltre ad essere affettuosa e obbediente Jaja aveva messo in atto un comportamento del tutto autonomo. Me ne resi conto dopo un paio di sedute. Quando arrivavamo sul posto, gli ospiti erano disposti in cerchio, all'ombra delle piante. Jaja giungeva sempre festante; all'apparenza, leccava e scodinzolava a tutti ma, osservandola attentamente, mi accorsi che passava in rassegna gli ospiti uno ad uno e, arrivata davanti ad un nuovo paziente ( che non le era mai capitato d'incontrare) si metteva ad annusarlo con metodo e molto impegno; poi, si soffermava a leccarlo sulle parti doloranti o vistosamente violacee della cute. Lo faceva ogni volta, con lo stesso sistema, sempre con un nuovo venuto all'interno del gruppo. Sono convinta fosse un modo per monitorare la situazione, non un caso. Del resto, nessuno glielo aveva insegnato.

Giovanni (nome di fantasia)  è un bimbo di 6 anni. Frequenta  una scuola materna in provincia di Brescia. Nel  2005  avrebbe dovuto frequentare la prima classe della scuola elementare ma l’equipe medica che lo segue in accordo con la famiglia ha deciso di fermarlo ancora per un anno alla scuola materna.    Giovanni non ha problemi motori: cammina, corre e salta come ogni bambino. Non possiede la manualità fine ma , comunque, mangia da solo ; ha il perfetto controllo degli sfinteri e quando deve andare in bagno si fa capire. Dice  pochissime parole: mamma, papà, e, se viene stimolato dice , a modo suo, quello che desidera avere: per es. se vuole un biscotto, ti conduce verso l’armadietto della cucina, a questo punto, se gli si chiede cosa vuole prima indica col dito e poi , insistendo, pronuncia in maniera ridotta la parola “biscotto”. Uno dei suoi modi di conoscere ciò che lo circonda è quello orale, pertanto, mette in bocca qualsiasi cosa.   Quando l’insegnante della  scuola materna mi ha contattata, nei tratti descrittivi del bambino c’erano anche fenomeni di aggressività , apparentemente  immotivata . Così, le prime sedute furono programmate per osservare il  bambino nel suo ambiente con l’introduzione di un cane di piccola taglia. Portai Mascotte, una femmina di  bassotto a pelo duro , dentro ad un cestino di gommapiuma, ricoperto da disegni colorati. Quando entrammo nella classe che era stata scelta per le prime sedute (non c’erano altri bambini in quel momento) scoprii che Giovanni non conosceva quell ‘ aula pertanto, come prevedibile, incominciò ad ispezionare tutto masticando, rovesciando o succhiando tutto quello che incontrava sul suo cammino. Dopo dieci  minuti, in accordo con l’insegnante di sostegno, optammo per la sua stanza dei giochi, un’aula che lui conosceva benissimo. Sistemai Mascotte(sempre dentro il suo cestino)  su di un tavolino ed ogni tanto osservavo Giovanni che gironzolava per la stanza. Finalmente, dopo qualche minuto  si rese conto del cane. Alla richiesta se volesse accarezzarla, sembrava non dare importanza ma, ogni tanto, nel suo girovagare, si avvicinava al tavolino. Dopo una decina di minuti , chiesi all’insegnante di prenderlo in braccio, proprio davanti a Mascotte. Incomincia a parlargli, cercando di catturare il suo sguardo che ogni tanto si fermava per osservarmi . Aiutato dall’insegnante, incominciò a fare qualche carezza . Sorrideva . E la prima seduta si concluse così,  magnificamente,  perché potemmo stabilire  senza ombra di dubbio che Giovanni non aveva paura dei cani. Dopo 3 sedute più o meno somiglianti alla prima, fu cambiata l’insegnate di sostegno. Alcuni,  ritengono che i bambini come Giovanni  non soffrano del cambiamento in quanto si lasciano comunque prendere in braccio e sorridono quasi subito alla nuova venuta. Io non sono del parere, poiché credo che un comportamento apparentemente adattativo possa essere scambiato per una sorta di accettazione passiva. In effetti, le conseguenze del cambiamento si fecero sentire dopo qualche giorno con eccessi di aggressività nei confronti degli altri bambini. La nuova insegnante di sostegno era una persona molto esperta , per cui si conquistò ben presto la fiducia di Giovanni. Le sedute procedevano ed ogni volta era una piccola scoperta. A Giovanni piaceva molta dare da mangiare a Mascotte: prendeva i biscottini uno alla volta, porgendoli gentilmente. Già dalle prime sedute aveva tentato di metterseli in bocca ma al nostro deciso “no”, non ci riprovò più. Aveva una passione per tutto ciò che avevo nello zaino: la boraccia per l’acqua (che a masticato per bene durante le prime sedute ) ; la ciotola ; la spazzola che riusciva a far girare tra le dita come fosse una trottola. Dopo  due mesi,  decisi di cambiare cane anche per vedere se ci fossero state reazioni da parte del bambino. Portai Ravel, un samoiedo maschio di 18 mesi con un carattere gioioso. Un maschio di samoiedo è un cane abbastanza grande e maestoso anche per via del pelo. Quando Giovanni lo vide emise una serie di urli di gioia, abbracciandolo con grande trasporto. Fu un incontro emozionante anche perché Ravel non lo mollava un  momento, seguendolo per la stanza. Un giorno, mi venne l’idea di contare da uno a dieci sia mentre spazzolava che quando accarezzava. Fu una mossa vincente perché Giovanni si impegnava maggiormente , ed arrivati alla decima mossa, si fermava e mi guardava sorridente. Si interessava in maniera intensa a quella cantilena: uno, due….. e mi guardava  sereno e rilassato . Oramai, riuscivamo a tenerlo tranquillo anche per una decina di minuti; poi, si alzava per fare una corsa o per afferrare qualcosa e metterselo in bocca ma, al nostro “no”, lo lasciava cadere immediatamente. Con l’arrivo della bella stagione, incominciammo ad andare nel giardino della scuola e, inevitabilmente, gli altri bambini , alla vista del cane, ci venivano regolarmente incontro. All’inizio,  Giovanni era a disagio, soprattutto per le urla ed il chiasso che facevano, Poi, incominciammo ad integrare con qualche bambino. Seduti in circolo, ognuno spazzolava ed accarezzava il cane e Giovanni, aspettava il suo turno senza protestare, seduto e composto come tutti gli altri bambini. Quando eravamo in giardino da soli, correva e saltava, inseguito da Ravel. Ha imparato a portarlo al guinzaglio, tenendolo ben stretto tra le mani ( sempre con il doppio guinzaglio tenuto dall’operatore), sorridendo. Durante le sedute, ha migliorato molto il suo comportamento, evitando, quasi del tutto, di mordersi la mano o di battere la testa contro il muro.

Gli obiettivi prefissati sono stati colti poiché siamo riusciti a :

-          catturare la sua attenzione;

-          interessarlo al cane;

-          farlo interagire col cane;

-          farlo interagire con i propri pari durante le sedute;

-          evitare atti di autolesionismo durante le sedute.

 

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