CHI AMERA’ I NOSTRI BAMBINI? Verso
una società senza madri Barbara Rossi
Nella
pratica clinica con gli adulti e coi bambini sono sempre più numerose le
persone che esprimono il dolore di essere cresciute senza amore. La
domanda ha a che fare con le nostre origini, con la sensazione di essere
stati più o meno desiderati e voluti, con il senso di appartenenza alla
propria famiglia e alla propria storia, alla terra dove siamo cresciuti,
all’affetto e alle attenzioni che ci hanno accompagnato. Nell’osservazione
del quotidiano si giunge a conclusioni simili. Dai casi estremi in cui
madri uccidono i figli o li lasciano morire, ai casi meno gravi in cui
comunque non riescono ad occuparsi di loro. Nelle
credenze educative di un tempo, si pensava che i bambini crescessero come
le piante, bastava dare un po’ di luce, un po’ di nutrimento, un po’
di concime quando serviva. Poi la pianta-bambino stava lì, cresceva,
senza creare troppi problemi. Veniva addestrato a scuola e diventava
adulto. Oggi le
credenze sono cambiate, c’è più consapevolezza del ruolo che genitori,
insegnanti, animatori, adulti in genere ricoprono per la crescita
dell’individuo, a suo sostegno. Eppure
si direbbe che altri valori si sono persi, o si stanno attenuando.I
legami, per esempio, sono sempre più allentati. Mitscherlich
A. (1973), nel libro Verso una
società senza padre, segnalava la perdita di ruolo della figura
paterna, assente, delegittimata, contestata, spodestata, che finisce con
l’abdicare al proprio ruolo. Ma comunque fondamentale per la vita
familiare.. Oggi vorrei
segnalare che senza padri, stiamo andando anche verso una società senza
madri. A partire
dalla nascita, l’accudimento è limitato nel tempo, lo svezzamento
veloce, le figure di riferimento sono diversificate fin dai primi mesi, ed
hanno sostituito un'unica figura presente per i primi anni, la presenza
della TV-baby sitter per molte ore al giorno, ecc..D’altra parte essere
madre oggi significa comunque confrontarsi con modelli diversi, non
chiari, con una moltitudine di richieste (essere belle donne, sempre in
forma, brave professioniste, brave donne di casa, brave madri, brave a
letto...), di tante possibilità di incontri, di offerta. La
realizzazione di sé in questa società è una meta fondamentale ma
rischia di diventare utopistica, alla rincorsa di mete sempre nuove, così
che disorienta e ci fa perdere. Quanto tempo posso dedicare ai miei figli?
Alla palestra? All’estetista? Al parrucchiere? Al marito? Al lavoro?....E
io? I bambini
d’oggi spesso rispecchiano la pressione cui sono sottoposti gli adulti.
Qui non si vuole fare alcuna
paternale, né dare giudizi, perché il disagio delle persone è sempre
qualcosa di molto complesso. Eppure,
anche se consigli e ricette non ci sono per essere buoni genitori, ci sono
degli spunti base da tenere conto, che andrebbero comunque rispettati.
Gli errori da non fare.
E la responsabilità di
ognuno, quando si percepisce in crisi rispetto a tali punti, sarebbe
quella di fermarsi per trovare soluzioni, eventualmente facendosi aiutare.
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