MODELLI
PSICOPATOLOGICI IN RELAZIONE AL PARADIGMA TRANSPERSONALE Alessandro Reati
Un’introduzione
storico-epistemologica. Per
affrontare correttamente il tema è necessario inquadrare al meglio il
tema della psicopatologia ed in particolare il suo significato tipicamente
tassonomico.Si può affermare che, come dominante storica, la
psicopatologia corrisponde all’esame sistematico dell’eziologia, della
sintomatologia e del decorso dei disturbi mentali. Nata in Europa, secondo
una sensibilità psicodinamica, si è rapidamente diffusa soprattutto
negli USA. Dal punto di vista della cultura professionale ortodossa di
stampo americano è divenuta una parte della “abnormal
psychology”, il grande
filone psicologico deposto ad occuparsi dei disturbi, delle malattie o dei
difetti di adattamento, piuttosto che della psichiatria. - il desiderio medico di strutturare delle forme di standardizzazione e di controllo sia degli insiemi sintomatologici, sia delle eventuali forme di intervento - la rilevazione che i modelli teorici esplicativi ed i conseguenti quadri metodologici erano vari, coerentemente con la presenza di svariate forme di descrizione della “psicologia normale” - la necessità delle istituzioni di codificare in forma il più possibile oggettivamente i quadri sintomatologici individuali, anche al fine di tentarne delle deduzioni di tipo epidemiologico Questo percorso ha prodotto una serie di “supporti sistematici per la codifica delle patologie” (basti pensare al DSM, prodotto dall’American Psychiatric Association e attualmente giunto alla sua quarta revisione internazionale) ma anche una situazione epistemologicamente assai interessante e talvolta pericolosamente trascurata: - allo stato attuale ogni sistema di classificazione (da un punto di vista metodologico) dovrebbe essere applicato ai disturbi presentati dalle persone e non alle persone, anche se nella prassi sono frequenti inferenze inopportune, soprattutto in ambito medico e in vista di trattamenti farmacologici - l’ambito scientifico di produzione del “sapere tassonomico” (ossia della codifica delle condizione di sofferenza psichica) tende ad includere una serie di lavori specifici ma disciplinarmente assai variegati (produzioni tipicamente psicologiche e psichiatriche ma anche notevoli contributi neurologici, endocrinologici, farmacologici) - lo stesso ambito scientifico deve sempre più frequentemente confrontarsi anche con contributi a più ampio respiro (quali quelli derivanti da studi antropologici, psicosociologica, sociologici) piuttosto che veri e propri richiami derivanti sia dall’ambito giuridico-legislativo che da lobby sociali - la presenza di diverse forme descrittive dei quadri patologici ha prodotto due indirizzi in parte divergenti, quelli nosografico-descrittivi (più vicini al paradigma medico) e quelli interpretativo-esplicativi (maggiormente prossimi a dimensioni psicologiche) - di fondo è crollato il mito della “scientificità oggettiva” a lungo rivendicato dalla psichiatria classica con i suoi sistemi nosografici rigidi ma non si è ancora giunti ad una situazione in cui il concetto di olismo venga realmente accolto come approccio concretamente condiviso nelle prassi Le
prospettive di sviluppo transculturali e transpersonali in ambito
nosografico Una
breve notazione: è interessante notare come anche i modelli nosografici
inizino a mostrare esplicitamente le proprie limitazioni proponendole come
ambiti di sviluppo. Il DSM[1],
ad esempio, evidenzia alcune aree di sofferenza o di comportamento anomalo
definendole come “forme
culturalmente caratterizzate” elencandole
come non valutabili secondo i normali steps clinici. In buona parte si
tratta di fenomeni legati a culture non occidentali, in altri casi a forme
di percezione spirituale che qualche anno fa sarebbero state rapidamente
catalogate come segni palesi di disagio psichico. Si tratta di una
situazione che lascia ben sperare, quanto meno in una maggior umiltà
definitoria e in una ripresa di attenzione che, almeno in passato,
sarebbero state definite come psicodinamiche e che attualmente potrebbero
essere ridefinite come olistiche. Il
quadro attuale Secondo l’OMS la persona è un’unità in cui convivono il soma e la psiche, un’unità che è anche in costante relazione di scambio ed influenzamento reciproco con l’ambiente fisico e sociale di cui fa parte. Un’approccio olistico è dunque cogliere l’uomo nella sua interezza. Non si tratta certo di una novità, quanto piuttosto di una riscoperta: già Socrate affermava “Com’è sbagliato curare il fegato trascurando la testa o la testa trascurando l’intero corpo, è sbagliato curare il corpo trascurando la psiche”.Se ci concentriamo sul tema della psicopatologia è allora necessario recuperare almeno le suggestioni che provengo da alcuni maestri storici prima di esplorare le suggestioni transpersonali.Freud, Jung, Reich, Maslow possono rappresentare alcuni punti di riferimento necessari (anche se certamente non sufficienti). In questa sede proviamo ad evidenziare le loro principali indicazioni, non tanto strettamente psicopatologiche quanto piuttosto psicologiche ed esistenziali Più che una comparazione analitica è rilevante evidenziare le congruenze, ossia: - la piena attenzione nel segnale che ogni “modello di personalità” è una concettualizzazione e non una rappresentazione precisa - il richiamo alla necessità multidimensionale o, se si preferisce, olistica - le diverse utilità dei modelli, alcuni più finalizzati per la descrizione epistemologica, altri per la pratica clinica, altri ancora per pratiche maggiormente vicine a temi di spiritualità Un enfasi particolare deve essere poi posta al tela delle “emergenze spirituali”, ossia al modo in cui viene considerata una condizione di mutazione dello stato di coscienza usuale a favore di percezioni altre. La psicopatologia classica avrebbe negato specificità al fenomeno, inserendolo in categorizzazioni in cui sarebbe stato possibile apporre una “etichetta sintomatica” certa. Diversamente, l’impostazione transpersonale utilizza un approccio decisamente più soggettivo e sensibile, con tutto il rispetto che deriva dal riconoscere quanto è estesa l’attenzione che al fenomeno è stata dedicata in tutta la storia dell’umanità sino alla recente pervasiva diffusione di modelli meccanicistici circa il funzionamento psichico dei soggetti.Il termine “emergenze spirituali” è stato diffuso dai coniugi Groff e, per semplicità, è utile riportare la loro descrizione: “Lo spettro esperienziale delle emergenze spirituali è estremamente ricco: comprende emozioni intense, visioni e altri mutamenti della percezione, processi mentali insoliti, come pure vari sintomi fisici che vanno dai tremori alla sensazione di soffocamento”. Un’elaborazione successiva ha evidenziato che queste esperienze poteva appartenere ad una o più delle seguenti macrocategorie: - dimensione biografica (la storia personale del soggetto) - dimensione perinatale (in relazione al momento della nascita) - dimensione specificatamente transpersonale (estendibile oltre l’ordinario stato di percezione umano) Un’impostazione
sintetica per l’analisi psicopatologica in ambito psicoterapeutico
integrato in chiave transpersonale. 1. verificare le caratteristiche del setting ossia del contesto entro cui si sviluppa la relazione diagnostica piuttosto che terapeutica (un doveroso e concreto richiamo di tipo psicosociale al tema dei ruoli coinvolti e delle aspettative soggiacenti) 2. domandarsi e verificare quanto ciò che viene definito disturbo, da parte del paziente piuttosto che di altri attori segnalanti, possa essere l’esasperazione di un comportamento in origine funzionale (ossia potenzialmente necessario per l’adattamento all’ambiente) 3. considerare i criteri diagnostici condivisi in ambito scientifico, usualmente collegati all’osservazione di quanto i comportamenti disfunzionali o sofferenti siano presenti e con quale frequenza 4. soppesare con attenzione quanto ciò che è stato codificato come “problema” da parte del soggetto abbia a che fare con una condizione statisticamente di interesse clinico o quanto non possa invece essere caratterizzato da variabili esistenziali o socio-culturali 5. riflettere che tipo di approccio possa essere funzionale alla relazione terapeutica 6. non dimenticare mai che la stessa osservazione e raccolta di informazioni, prima ancora che l’espressione di un eventuale quadro descrittivo, sono già potenzialmente delle azioni psicoterapeutiche ossia in grado di variare percezione, campo ed intensità del fenomeno psichico.Utile allora un modello che permetta di cogliere l’inevitabile multidimensionalità dell’azione psicologica transpersonale:
Riferimenti bibliografici: Assagioli R. Principi e metodi di psicosintesi terapeutica. Astrolabio. Boggio Gilot L. Forma e sviluppo della coscienza. Asram Vida Groft S. Oltre il cervello. Cittadella. Jung C.G. Gli archetipi dell’inconscio collettivo. Boringhieri. Lattuada P.L. Oltre la mente. Franco Angeli. Lowen A. La spiritualità del corpo. Astrolabio. Maslow
A.H. Motivazione
e personalità. Astrolabio. Reich W. Analisi del carattere. Sugarco Wilber K. Oltre i confini. Cittadella [1] Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder, prodotto dall’American Psychiatric Association. Attualmente giunto alla sua quarta revisione internazionale. [2] Il sinottico presentato è una rielaborazione semplificante di quello proposto in Clarkson P.,La relazione psicoterapeutica integrata, Sovera, Roma, 1997. E’ evidente quanto sia poco rappresentata la produzione europea e in particolare quella italiana.
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