Disturbi alimentari e
paura di invecchiare
Nicola Casaburi
Presentazione
Prima
di mangiare, prima di partire,
prima dell’amore, prima di tutto…devi stringermi forte e farmi male.
BIAGIO ANTONACCI, Prima di tutto.
Il
lavoro esposto nella seguente stesura nasce da un’idea maturata dopo un
confronto con una Dottoressa internista dell’ambulatorio dei disturbi
alimentari al II policlinico di Napoli.
La suddetta Dottoressa, insieme ad altri professionisti, segue soggetti affetti da disturbi alimentari.
Secondo gli studi dei ricercatori i disturbi del comportamento alimentare
quali: Bulimia, Anoressia o Danas, colpiscono soprattutto i giovani, ma si
è riscontrato anche una certa percentuale al quanto significativa nei
soggetti in età adulta e tra questi molte donne.
Quest’ultimo dato ha suscitato in me l’interesse e la curiosità di
trovare correlazione tra la donna adulta tra i 40 e i 50 anni circa, (alle
soglie della menopausa) e tali disturbi del comportamento alimentare.
L’ambizione è quella di dare valore all’ipotesi secondo cui alcune
donne alle soglie della menopausa vivono questo evento come l’inizio
della vecchiaia: una vecchiaia che non riuscirebbero ad accettare a soli
50 anni. Tali donne percepirebbero il periodo della menopausa come uno
spartiacque che separa la giovinezza dalla vecchiaia vivendo questo
passaggio come un evento traumatico che le costringe a fare i conti col
proprio orologio biologico a cui non possono sottrarsi, trovando nel cibo
un modo per alleviare il proprio dolore; un modo per riempire il vuoto
nato dalla perdita della
giovinezza.
Non esistono ancora numeri sul fenomeno chiamato delle “mamme
anoressiche” anche se, oggi, in senso stretto, l’Anoressia è in
notevole regressione; aumenta invece la Bulimia.
“Arrivate alle soglie della
menopausa, quindi, le donne incominciano a temere la deformazione del
proprio corpo esattamente come le ragazze al primo menarca”.
E’ questa la tesi sostenuta da Ellen Schor Haimoff, psicologa newyorkese
e direttore dell’Associazione per la bulimia e i disordini correlati:
“In pratica, le anoressiche di dodici-tredici anni, alle soglie del
primo menarca, non accettano l’idea che stanno cominciando a diventare
donne e con lo stesso spirito, oggi, le cinquantenni, alle soglie della
menopausa, non sopportano l’idea di abbandonare la giovinezza,
scaricando tutto sul cibo, negandolo o abusandone. Aggiunge: “Non è
solo ansia, ma una vera e propria paura di invecchiare in una cultura come
la nostra in cui essere giovani è diventata un’ossessione”[1].
La deformazione del corpo quindi per queste donne significa un corpo non
più giovane, un corpo che inizia a dare i primi segni d’invecchiamento.
Un fenomeno quello dell’immagine corporea che in queste donne viene
percepito in modo alterato e distorto.
Un fantasma corporeo che ha a che fare con la rappresentazione del corpo
come dovrebbe essere, in relazione alla sua struttura ed organizzazione,
alla sua mobilità e alla sua adattabilità in relazione alle circostanze.
Alla definizione di fantasma corporeo partecipano anche aspettative e
giudizi che confluiscono nella formazione di un “ideale corporeo dell’
Io” o “corpo ideale”.
Pertanto Tali donne coltivano e perseguitano dentro di sé, una immagine
del corpo ideale che coincide
con quello della giovinezza: un aspetto corporeo in termini di forma,
dimensioni e attrattiva.
Segni e Sintomi della menopausa
Il
malessere della menopausa, il bisogno di cure, la necessità di terapie,
non sono esigenze moderne, ma già erano presenti al tempo delle nostre
antenate.
Non vi sono molte testimonianze, ma già Ippocrate[2]
nel 460-377 a.C., aveva colto 3 conseguenze precise:
La deformazione dello scheletro
a cui la donna può andare incontro per osteoporosi:
il termone significa osso poroso, in genere dopo i 40 anni la massa ossea
diminuisce in entrambi i sessi, ma le donne sono più esposte a questa
patologia. La malattia si manifesta, con un dolore osseo, si ha
incurvamento della colonna vertebrale, riduzione della statura, tendenza
alle fratture.
La
crescita dei peli sul labbro, post-menopausale.
La comparsa della gotta, malattia osteo-articolare da cui le donne
sarebbero state immuni prima della menopausa.
Sull’epoca di insorgenza della menopausa, Aristotele (384-322 a.C.)
diceva che le mestruazioni cessano naturalmente intorno ai 40 anni, anche
se possono continuare fino ai 50 anni.
Molto più tardi, A. Rociborski[3]
scriveva: “la mestruazione manca il più dell’anno quarantesimo
quinto, fino al cinquantesimo. Quivi le donne pongono termine al produrre
de’ figliuoli”[4].
Sicuramente nei tempi antichi, la menopausa coincideva con la vecchiaia:
“i mestrui si fermano quando la donna si è fatta vecchia”[5] (G. Marinello).
Difatti, nel 1829 Jean Georges Lobstein, patologo di Strasburgo,
descriveva per la prima volta l’Osteoporosi attribuendola principalmente
alla vecchiaia.
Sarà solo nel 1940 che Fuller Albright e collaboratori, ne riconosceranno
la causa più frequente nella carenza di estrogeni.
Oggi, quindi, è noto, che la menopausa riporti alcuni effetti fisiologici
di cambiamento corporeo accompagnati
alla perdita mestruale che la donna avverte come scompensi organici.
E sono dei veri e propri
scompensi!
“In primo luogo le classiche
vampate (o caldane). Sono accessi improvvisi di caldo specie al viso, al
collo e al decolleté, di breve durata, di solito associate a rossore
improvviso e a profuse sudorazioni. Sono la conseguenza dei ridotti
livelli di estrogeni circolanti, con dis-regolazione dei centri deputati a
controllare la temperatura corporea. La brusca sensazione di caldo qualche
volta può associarsi a senso di svenimento o ad attacchi d’ansia, o a
addirittura a volte, a crisi di panico.
Le
sudorazioni si presentano dopo le vampate e soprattutto di notte
producendo dei risvegli improvvisi, spesso seguiti da difficoltà nel
riaddormentarsi. Sia per questi risvegli, sia per la carenza di estrogeni,
il sonno risulta disturbato.
Anche per
effetti di questi disturbi e per le tensioni che si accumulano, si può
diventare più irritabili, più scontenti, spesso depresse”[6].
La
ricerca scientifica di questi ultimi anni sulla menopausa ha contribuito a
chiarire il ruolo chiave degli steroidi gonadici nel benessere
psico-fisico femminile.
“Gli estrogeni “sentinelle” della salute della donna, garantiscono
quell’equilibrio psiconeuroendocrino indispensabile non soltanto alla
funzione riproduttiva, ma interferendo con i meccanismi di risposta allo
stress migliorano l’adattabilità del sesso femminile all’ambiente. La
caduta degli steroidi gonadici provoca non solo l’impossibilità di
procreare, ma si accompagna al deterioramento della biologia femminile.
L’energia “vitale e creativa” viene meno togliendo, quindi, alla
donna ogni privilegio, non soltanto biologico, ma anche psicologico e
sociale”[7].
Anche
l’aumento del peso corporeo rappresenta un grosso disagio, cui si
aggiunge il timore di ingrassare ulteriormente e rovinosamente.
Vari studi, in ambito medico, hanno dimostrato come l’indice di massa
corporea (IMC), che tiene conto del rapporto peso e altezza, aumenti
gradualmente con l’avanzare dell’età, con un incremento più rapido,
quindi maggiore, fra i 38 e i 47 anni.
Tre le considerazioni principali:
La
prima: con l’avanzare dell’età il peso mediamente aumenta.
La
seconda: L’aumentare del peso avviene soprattutto prima, non dopo la
menopausa. Probabilmente è dovuto a varie cause quali, ridotta funzione
tiroidea e vita più sedentaria.
La
terza: per quanto riguarda l’aumento del peso nel periodo
post-menopausale, la ricerca scientifica ha identificato come
fattore determinante la carenza estrogena legata alla cessazione della
funzione ovarica che porterebbe a variazioni del metabolismo energetico e
dell’attività biologica delle stesse cellule adipose.
Alla
problematica della carenza di estrogeni si aggiunge il cambiamento della
pelle.
“La pelle è l’organo
corporeo più esteso, il che le conferisce un ruolo insostituibile per
l’estetica della donna. I cambiamenti che la pelle subisce dopo la
menopausa possono modificare anche profondamente l’immagine che la donna
ha di sé, con importanti riflessi negativi sulla sua qualità di vita.
La pelle è costituita da tre strati: l’epidermide, il derma e
l’ipoderma.
L’epidermide
(1), lo strato più esterno, è un epitelio pavimentoso stratificato,
corneificato, in continuo rinnovamento.
Il derma (2), lo strato sottostante, è un’impalcatura connettivale, di
cui il collagene è il principale elemento mentre il rimanente è
costituito da glicosaminoglicani e da elastina.
L’ipoderma (3), o sottocutaneo, è uno strato di tessuto adiposo.
Gli
annessi cutanei
sono rappresentati dal pelo (4), dalle ghiandole sebacee (5), dalle
ghiandole sudoripare (6) e dalle unghie.
IL’invecchiamento
della pelle è il risultato di diversi fattori, tra cui i più
importanti sono senz’altro l’età, l’esposizione al sole e la
mancanza di estrogeni.
Con
il sopraggiungere della menopausa, la cute si modifica in tutti i suoi
strati. In particolare, la maggior parte delle alterazioni avviene a
livello del derma, che perde gran quantità del suo principale elemento
costitutivo: il collagene, una proteina che conferisce spessore ed
elasticità alla pelle. Questo comincia a ridursi già dopo i 40 anni, ma
è proprio con la menopausa che la perdita si fa più significativa. In
media una donna in menopausa ne perde il 2,1% l’anno, ma, di fatto, la
riduzione è molto più rapida durante i primi anni del periodo
post-menopausa rispetto a quelli successivi: si calcola che nei primi
cinque anni il contenuto di collagene del derma cali di circa il 30%.
La conseguenza più evidente di ciò è una pelle sottile e secca, che
perde tono ed elasticità: le rughe del viso si accentuano, mentre tendono
a lasciarsi andare soprattutto i tessuti delle palpebre, delle guance, del
sottomento e del seno. Per questo, le donne in menopausa spesso lamentano
una fastidiosa sensazione di prurito, una minore resistenza al freddo e,
al contrario, una maggiore sensibilità all’azione lesiva del sole
(l’esposizione ai raggi solari, infatti, conferisce alla pelle una
tipica colorazione giallastra).
Il sopraggiungere della menopausa influisce negativamente anche sui
cosiddetti annessi cutanei, diminuendo l’attività di ghiandole, peli,
capelli e unghie.
La riduzione delle secrezioni delle ghiandole sudoripare e sebacee fa
perdere, infatti, il caratteristico profumo femminile, con potenziali
conseguenze negative sulla vita psicologica e sessuale della donna.
I peli ascellari e pubici si diradano e in qualche caso cambiano colore. I
capelli tendono a diventare più secchi e più fragili, sia per la carenza
di estrogeni, sia per la carenza di vitamine A, B, C, D, E.
In questa fase della vita
inoltre, i pochi ormoni maschili (androgeni)
prodotti anche dalle donne assumono un aumento relativo, non essendo più
bilanciati da adeguate quantità di ormoni femminili, gli estrogeni
appunto; per questo qualche donna vede comparire una certa peluria sul
mento, sul labbro superiore, sulle areole mammarie, mentre in altre si
verifica una progressiva caduta di capelli.
Anche le unghie rallentano considerevolmente la propria velocità di
ricrescita e diventano più fragili.
Il seno può gradualmente diventare più piccolo e perdere tonicità.
Altre volte invece, per effetto dell’aumento relativo degli ormoni
maschili, tende a ingrossarsi e a essere teso e turgido.
Anche gli organi di senso
presentano delle modificazioni dopo la menopausa.
In generale, si assiste ad un aumento dei disturbi
oculari, come sensazione di secchezza e bruciore, e a un
peggioramento della funzionalità visiva. A volte possono subentrare
infiammazioni della parte interna delle palpebre (congiuntiviti), fastidi
alla luce (fotofobie) e piccole abrasioni della cornea (cheratiti).
Molte donne dopo la menopausa manifestano dei fastidi
orali, come bocca secca, sensazione di bruciore e alterazioni del
gusto.
La voce appare molto
sensibile alle modificazioni ormonali, tanto che si suppone un’azione
modulante da parte degli ormoni sessuali sulla laringe. Le modificazioni
più evidenti cui la voce va incontro dopo la menopausa sono di natura sia
morfologica sia funzionale.
Le corde vocali si riducono di spessore, si assiste a una brusca caduta
della frequenza fondamentale (livello del suono emesso) e il timbro della
voce diviene tendenzialmente maschile”[8].
Come
possiamo dedurre, la menopausa non è di certo il periodo più bello della
vita di una donna.
Sia per la comparsa dei suddetti disturbi, sia per l’età media di vita,
già gli antichi consideravano la menopausa un segno visibile di
invecchiamento.
Difatti la presenza di tutti questi cambiamenti concorrono al radicarsi
dell’idea stereotipata per cui la menopausa è strettamente collegata
con l’invecchiamento. Idea ancora forte nella nostra società.
Quindi uno stesso pensiero si abbatte nella mente delle donne che si
avvicinano alla menopausa o che vivono quest’ultima: l’inaccettazione
di essere considerate “vecchie”; purtroppo, spesse volte, sinonimo di inutili, non funzionanti, obsolete.
E’ questa la percezione terribile che sovrasta alcune, fin troppe, donne
cinquantenni dei giorni nostri: il sentirsi e l’essere considerate non
più giovane!
Per
quanto abbiamo detto appare evidente che dal punto di vista psicologico la
menopausa rappresenta un momento di grande impatto in ragione del suo
significato: di fine di un’epoca creativa, positiva, ricca di possibilità
e di futuro, in cui la donna si sente soggetto possibile di scelte
desiderate e promettenti, dove gli affetti, i sentimenti e le emozioni
dischiudono un mondo gioioso, carico di frutti.
Al chiudersi di quest’epoca è inevitabile che la donna viva la
menopausa con un senso di perdita un presente triste, luttuoso, in cui si
smarrisce e nel quale spesso perde anche la prospettiva del futuro.
E’ chiaro che ogni donna vivrà questo momento con diversa intensità,
sentimenti e stati d’animo, in ragione del proprio carattere e della
propria storia; se è capace di affrontare i cambiamenti, se è
sufficientemente forte da essere ottimista e realista lo farà in modo
certamente diverso rispetto ad una donna fragile e pessimista che potrebbe
trovare nel cibo un possibile modo di sfogare tutte le proprie ansie e
angoscie.
La
presenza dei disturbi alimentari nella donna adulta dopo i 40 anni è un
fenomeno appena nato
nel nostro paese.
“Un fenomeno preoccupante che segna una evoluzione nella malattia”,
come afferma, Mario Mazzetti[9]:
“L’allarme viene dall’America, anche se non ci sono dati al
riguardo.
Ne soffrono nel nostro paese in 300 mila, anche se i casi più gravi di
Anoressia e Bulimia colpiscono 65 mila malati, con un aumento di 8 mila e
500 casi l’anno. E’ la Bulimia a colpire di più sopra i quaranta e
questo giustifica anche l’aumento esponenziale dell’obesità.
Tanto per intenderci, adesso sono le figlie a convincere le madri ad una
terapia. Un rovesciamento di ruolo diventato fin troppo frequente”.
Il lavoro
di ricerca che di seguito verrà esposto ha cercato di indagare la
correlazione tra i disturbi alimentari nella donna adulta over40 e la
paura di invecchiare.
Inoltre ci preme di dimostrare, in contrario a quanto riporta il DSM IV,
che esiste un’estensione del disturbo del comportamento alimentare
nell’età adulta.
Lo studio, effettuato col metodo dell’intervista telefonica, è stato
condotto nei quattro mesi tra marzo e luglio 2004 su un campione di 120
soggetti residenti in un quartiere di Napoli: Miano.
Il quartiere è comprensivo di 26.418 abitanti di cui 12.952 maschi e
13.466 femmine, secondo l’ultimo censimento avvenuto nel 21/10/2001
riportato dal Centro di Statistica sito nei pressi di P.zza Cavour di
Napoli. Il censimento si aggiorna ogni 10 anni. Mentre il numero delle
donne residenti che rientrano nella fascia di età che analizzeremo, 40-50
anni, è di 1759.
Miano ha una superficie di km
quadrati 1,87 e una densità per km quadrato di 14.127 abitanti.
La scelta è caduta su Miano perché, oltre ad essere il mio quartiere,
risulta essere un vero e proprio punto crocevia tra il centro di Napoli
che rappresenta la città, il vivere libero, la possiblità di
divertimento, l’evoluzione; e gli altri comuni limitrofi, il paese, dove
tutto è meno frenetico, dove si trovano realtà degradate, drammi
esistenziali radicati e questioni sociali e penali molto complicate; ma
anche il luogo dove si trovano ancora dialetti antichi, dove con difficoltà
si parla l’italiano, dove vi sono ancora tradizioni partenopee di
lontani ricordi.
Pertanto,
Miano è il centro di tutto questo. Il centro di due realtà, ad un primo
occhio, radicalmente opposte e diverse.
Anche la scelta del periodo della ricerca non è stata casuale.
Raccogliere dati in un periodo primaverile-estivo, ci ha posti dinanzi a
soggetti con aumentata
sensibilità. In effetti l’estate è la stagione in cui bisogna
scoprirsi e esibire a mare fisici perfetti e giovanili, senza rughe,
smagliature e ecc..
In fase preliminare sono stati scelti gli strumenti per la raccolta delle
informazioni necessarie. Si è approntata una cartella in cui vi sono
raccolti i dati di un singolo soggetto contenenti delle Sezioni dati
sociodemografici, un questionario sull’invecchiamento e due test
autosomministrabili che rilevano il comportamento alimentare utilizzati a
livello internazionale: EAT40 (Eating Attitude Test) di P.E. Garfinkel e
D.M. Garner e l’EDI600 (Eating Disorder Inventory) di Garner, traduzione italiana di M. Cuzzolaro e A. Petrilli.
Risultati
Per
raccogliere 120 cartelle di dati utili, sono state effettuate in totale
568 telefonate di cui 153 rientravano nelle caratteristiche facente parte
della ricerca. Pertanto il response rate è stato del 78.4%.
Partiamo dalle caratteristiche sociodemografiche.
I questionari sono stati somministrati a donne dai 40 ai 50 anni ed il
campione si è distribuito, secondo l’età, nel modo descritto
nell’istogramma della fig. 3.1:
fig.
3.1: Distribuzione del campione per età
Per
quanto riguarda lo stato di menopausa delle donne, il campione si è così
distribuito (fig. 3.2):
fig
3.2:Composizione percentuale del campione di donne
rispetto alla
menopausa
Il
17,5% dichiara di avere mestruazioni irregolari, il 5%, presenta disturbi
premestruali nonostante la regolarità del ciclo, mentre il 61,6% ha
regolarità mestruale. Il restante 15,8% rappresentato da donne in menopausa.
Per quanto riguarda il menarca le donne si sono così distribuite:
il 5% ha dichiarato di aver vissuto il menarca a soli 9 anni; il 9,16%, a
10 anni; il 13,3%, a 11 anni; una maggioranza di donne, pari al 60%, a 12
anni; il 3,3%, a 14 anni; e solo l’1,6%, alla veneranda età di 15 anni.Per
quel che riguarda il livello di scolarizzazione si è rilevato che il
33,3% del campione ha un’istruzione di tipo elementare; il 2,5% è
laureato, mentre la maggior parte è costituita da donne con istruzione
media ripartita in un 40,8% con titolo di scuola media inferiore ed un
24,21% con diploma di scuola media superiore (fig. 3.3).
Fig
3.3: Composizione percentuale del livello di istruzione Del campione di
donne
La
composizione del campione per quanto concerne il livello socio-culturale
è costituita in un 2,5% di livello alto, 15% di livello basso e in un
82,5% di livello medio (fig.
3.4).
fig.
3.4: Composizione percentuale del livello Socio-Culturale del campione di
donne
Inoltre,
abbiamo chiesto alle donne di specificare se effettuano un’attività
lavorativa.
E’ emerso: il 22,5% lavora in modo continuativo; il 19,2% in modo
saltuario o non continuativo; una maggioranza, pari al 52,5% delle donne
si è dichiarata casalinga; solo il 5,8% ha affermato di essere
disoccupato. (fig. 3.5).
Fig.
3.5: Composizione del campione rispetto all’attività lavorativa
E’ interessante osservare che solo il 5,8% si sia dichiarato disoccupato
rispetto al 52,5% casalingo che, comunque, non ha un’attività
lavorativa. Ciò potrebbe significare come le donne vivano la loro
condizione di casalinghe come un vero e proprio lavoro, in alcuni casi
vocazione, da non ritenersi disoccupate.
Per
quanto riguarda lo stato civile delle donne (fig. 3.6), è risultato che
l’84,2% è composto da coniugate o comunque conviventi, il 10,8% da
nubili, il 3,3% da divorziate/separate e l’1,6% da donne in stato di
vedovanza.
Fig.
3.6: Composizione percentuale dello stato civile
del campione di
donne
Analizzando
i dati che riguardano la sfera affettiva, è risultato che il 99,16% delle
donne risulta avere fratelli, lo 0,83% è figlia unica, mentre l’1,6% ha
dichiarato di essere gemella.
Per quanto riguarda i genitori, il campione di donne si è così
distribuito:
41 donne su 120, pari al 34,16%, è orfana di madre,
il 48,3% è orfana di
padre, mentre il 24,16% non ha nessuno dei due genitori (fig. 3.7).
Fig.
3.7: Composizione del campione rispetto alla
mortalità dei genitori
madre,
l’79,16% vive un rapporto soddisfacente, mentre il 2,5% vive un rapporto
simbiotico.
Per
quanto riguarda la figura del padre, si è rilevato che il 68,33% dichiara
un rapporto soddisfacente, il 28,33% dichiara un rapporto conflittuale, lo
0,83% afferma di vivere un rapporto simbiotico, mentre l’2,5% rifiuta
completamente tale figura.
Mettendo
a confronto tali risultati si nota che il tasso di mortalità (fig. 3.7)
è molto più alto nei genitori maschi; inoltre vi è una maggiore
percentuale di conflittualità coi padri che con le madri; in più tra i
risultati riguardanti la figura del padre compare la dicitura
“rifiutato”, assente invece nel rapporto con la madre (fig. 3.8).
Fig.
3.8: Composizione del campione rispetto al tipo di rapporto con i genitori
Oltre
al rapporto con i genitori, abbiamo analizzato anche il rapporto che le
donne, facente parte del campione, hanno con il proprio coniuge, la loro
vita sessuale e il tipo di rapporto che vivono con i propri figli.
E’ risultato che il 23,3% ha dichiarato di vivere un rapporto
conflittuale con il proprio partner, mentre il 76,6% vive un rapporto
soddisfacente. Il 29,16% vive una vita sessuale conflittuale, mentre per
il 70,83% il proprio vissuto sessuale è soddisfacente.
Per quanto riguarda il rapporto con i figli: il 10% non ha figli, 4,2% ha
un rapporto conflittuale, mentre l’85,8% ha un rapporto soddisfacente.
(fig. 3.9)
Fig.
3.9:Composizione del campione rispetto al rapporto
del proprio
nucleo familiare
Va
inoltre considerato il risultato ottenuto per quanto riguarda
l’esistenza di una patologia psichiatrica.
Difatti
il 34,2% ha dichiarato di vivere un disturbo e si è così distribuito: il
2,5% vive disturbi di personalità; l’8,3% soffre di depressione; mentre
il 23,3% soffre di disturbi d’ansia (fig: 3.10).
Fig
3.10: composizione del campione rispetto alla tipologia del disturbo
Passiamo
adesso ai risultati del questionario sull’invecchiamento.
Secondo la positività e la negatività dei risultati dell’appena citato
questionario, abbiamo diviso in due gruppi l’intero campione.
E’ emerso che 94 donne, pari al 78,3%, hanno riportato un punteggio
negativo a tale questionario; vale a dire, che il valore del risultato
rientra nella norma; mentre 26 donne, pari al 21,6%, hanno riportato
risultati positivi;
Per quanto riguarda, invece, i risultati ottenuti con l’EAT40, delle 94
donne solo 3, pari al 3,2%, hanno ottenuti risultati positivi; mentre
delle 26 donne hanno riportati risultati positivi in 8, pari al 30,8% (fig:
3.11).
Fig:
3.11 Composizione del campione rispetto ai punteggi del questionario
sull’invecchiamento e dell’EAT
A questo punto abbiamo elencato le caratteristiche socio-demografiche dei
due gruppi, come illustrato nella tabella seguente, per focalizzare meglio
che tipo di soggetti trattasi, applicando il metodo del Chi quadro.
Tabella
Caratteristiche sociodemografiche dei gruppi senza timore di invecchiare e
con timore di invecchiare:
|
Soggetti
valori normali
N
= 94
|
Soggetti
paura di invecchiare
N
= 26
|
gdl
|
Chi
quadro
|
*P
|
Stato
Civile:
Coniugata
Nubile
Sep/divorziata
Vedova
|
86,2%
9,6%
4,2%
0
|
77%
15,4%
0
7,7%
|
3
|
9.1787
|
0.027
|
Occupazione
Att.continua
Att.
Saltuaria
Disoccupata
Casalinga
|
22,3%
19,1%
5,3%
53,2%
|
23%
19,2%
7,7%
50%
|
3
|
0.2411
|
0.9707
|
Disturbi:
Depressione
Personalità
Ansia
|
6,4%
2,1%
23,4%
|
15,4%
3,8%
23%
|
2
|
1.2121
|
0.5455
|
Rapp.
Madre:
Soddisfacente
Conflittuale
Simbiotico
Rifiutato
|
80%
16%
3,2%
0
|
73%
27%
0
0
|
2
|
2.3211
|
0.3133
|
Rapp.
Padre
Soddisfacente
Conflittuale
Simbiotico
Rifiutato
|
70,2%
26,6%
1,1%
2,1%
|
61,5%
34,6%
0
3,8%
|
3
|
1.2038
|
0.7521
|
Vita
sessuale:
Soddisfacente
Conflittuale
|
72,3%
27,6%
|
65,4%
34,6%
|
1
|
0.4770
|
0.4898
|
*livello di significatività p<0.05
Le
differenze tra i gruppi (ovvero, soggetti negativi all’invecchiamento e
soggetti positivi all’invecchiamento) sono state analizzate attraverso
il test non parametrico di Mann-Whitney, in quanto le distribuzioni delle
variabili non sono risultate normali.
Il
confronto dei valori del questionario sull’invecchiamento e l’EAT tra
gruppo con DCA e gruppo senza DCA, ha riportato risultati altamente
significativi: U di Mann-Whitney= 195,5; p<0.01, come si può notare
dalla tabella che segue:
Test non parametrico di
Mann-Whitney
dca
presente=1
dca
assente=2
|
Numerosità
|
Rango
medio
|
Somma
dei ranghi
|
INVECC
1
2
Totale
|
11
109
120
|
97,23
56,79
|
1069,50
6190,50
|
|
INVECC
|
U di Mann-Whitney
W di Wilcoxon
Z
Sig.Asint.
a 2 code
|
195,50
6190,50
-3,679
,000
|
Inoltre,
abbiamo osservato i punteggi medi dei due gruppi ottenuti alle sottoscale
dell’EDI che si sono distribuiti nel modo descritto nell’istogramma
della figura 3.12:
fig 3.12: Composizione
del campione rispetto ai punteggi medi riportati alle sottoscale dell’EDI
Tabella dei
valori medi dell’EDI
|
IM
|
BU
|
IC
|
IN
|
P
|
SI
|
CE
|
PM
|
Neg.Invecchiamento
|
3,72
|
2,02
|
6,55
|
3,5
|
3,87
|
5,08
|
4,79
|
6,93
|
Pos.Invecchiamento
|
8,38
|
5,46
|
12,03
|
4,5
|
4,73
|
5,07
|
6,65
|
15,5
|
A questo
punto si è svolta l’analisi dei dati per tutte le sottoscale dell’EDI
per escludere che queste variabili incidessero in quello che ci siamo
proposti.
Test di Mann-Whitney
Paura di invecchiare
Presente= 1
Assente=2
|
Numerosità
|
Rango medio
|
Somma dei ranghi
|
IM
1
2
totale
|
26
94
120
|
78,04
55,65
|
2029,00
5231,00
|
BU
1
2
totale
|
26
94
120
|
76,71
56,02
|
1994,50
5265,50
|
IC
1
2
totale
|
26
94
120
|
76,10
58,19
|
1978,50
5281,50
|
IN
1
2
totale
|
26
94
120
|
67,65
58,52
|
1759,00
5501,00
|
P
1
2
totale
|
26
94
120
|
65,69
59,06
|
1708,00
5552,00
|
SI
1
2
totale
|
26
94
120
|
59,10
60,89
|
1536,50
5723,50
|
CE
1
2
totale
|
26
94
120
|
74,02
56,76
|
1924,50
5335,50
|
PM
1
2
totale
|
26
94
120
|
99,10
49,82
|
2576,50
4683,50
|
Punteggi
significativi
|
IM
|
BU
|
IC
|
CE
|
PM
|
U
Mann-Whitney
W
di Wilcoxon
Z
Sig.Asint.
a 2code
|
766,000
5231,000
-2,960
,003
|
800,500
5265,500
-2,833
,005
|
816,500
5281,500
-2,591
,010
|
870,500
5335,500
-2,258
,024
|
218,500
4683,500
-6,405
,000
|
Punteggi non significativi
|
IN
|
P
|
SI
|
U Mann-Whitney
W Wilcoxon
Z
Sig. Asint a 2 code
|
1036,000
5501,000
-1,201
,230
|
1087,000
5552,000
-,867
,386
|
1185,500
1536,500
-,234
,815
|
Statistiche dei
punteggi EAT e EDI
|
MEDIANA
|
DEVIAZIONE
STANDARD
|
P
|
*EAT
|
19,50
|
14,48
|
<0,01
|
IM
|
6,50
|
7,35
|
=0,03
|
BU
|
3,50
|
5,69
|
=0,05
|
IC
|
8,50
|
9,20
|
=0,01
|
IN
|
3,00
|
4,88
|
n.s.
|
P
|
3,00
|
4,29
|
n.s
|
SI
|
4,00
|
4,55
|
n.s
|
CE
|
6,50
|
4,20
|
=0,02
|
PM
|
15,00
|
4,33
|
<0,01
|
Livello
di significatività p<0.05
*livello
di significatività p<0.01
Come si
può notare dalle tabelle, i soggetti con valori positivi al questionario
sull’invecchiamento hanno avuto valori significativamente più elevati
nelle sottoscale riguardante: Impulso alla Magrezza, Bulimia,
Insoddisfazione Corpo, Consapevolezza Enterocettiva, Paura Maturità.
Mentre non vi è stata significatività nella distribuzione dei valori
nelle sottoscale: Inadeguatezza, Perfezionismo, Sfiducia Interpersonale.
E’ interessante osservare come la significatività ottenuta alle
sottoscale dell’EDI dimostri quanto, per queste donne, sia accesa la
paura di ritrovarsi in un corpo non più giovane, sia vivo il loro
desiderio di essere magre e sia forte l’insoddisfazione del proprio
corpo che inizia a dare i primi segni di invecchiamento. Ne consegue che
tale paura viene scaricata tutta sul cibo, negandolo o abusandone.
Difatti, dai risultati dell’analisi dei dati statistici, si evince
chiaramente come, nel campione preso in esame, vi sia una tendenza ai
disturbi alimentari in donne che hanno riportati valori positivi nel
questionario sull’invecchiamento rispetto alle donne che hanno riportato
valori normali nel medesimo questionario.
Discussione
I
risultati della ricerca presentata con questo lavoro, mettono in evidenza
come l’alto response rate, pari al 78,4%, confermi che le inchieste
telefoniche riescono a raccogliere maggiori dati rispetto alle ricerche
che si basano sull’invio postale dei questionari; inoltre può essere
attribuibile al fatto che i problemi come: disturbi alimentari e paura di
invecchiare, in genere, interessano la società odierna. Anche se, io
azzerderei, “Non si parla d’altro”. Infatti, le donne che hanno
acconsentito si sono subito interessate all’argomento.
Pertanto, la richiesta di collaborazione per uno studio di tematiche
vicine ai soggetti ascoltati, ha giocato un ruolo positivo nella loro
scelta di aderire alla ricerca.
Aver selezionato il campione in modo randomizzato dall’elenco telefonico
del Quartiere di Miano, ha consentito di effettuare l’analisi su di uno
spaccato della popolazione che ne assicura una buona rappresentazione,
vicina al reale. La distribuzione del campione per età (40-50 anni) è
stata confrontata con i dati sulla popolazione reale di Miano forniti dal
Centro Statistico di Napoli sito a Piazza Cavour.
Il numero delle donne che risulti riportare valori positivi al
questionario che tende a rilevare una probabile paura di invecchiare è
del 21,6%, cioè pari a 26 donne su 120. Questo dato dipende
essenzialmente da due possibili aspetti fondamentali: il primo riguarda
sicuramente il vissuto personale delle donne. Infatti abbiamo visto dalle
caratteristiche sociodemografiche che
tali soggetti hanno riportato valori significativi nella casella
riguardante lo stato civile (chi quadro= 9.1787; gdl=3; p<0,05).
In
particolare i valori più elevati rispetto ai soggetti sani, si sono
riscontrati nella nubilanza e vedovanza. Ciò dimostra quanto sia incisivo
l’aspetto della solitudine relazionale.
L’altro aspetto, non meno importante, è il condizionamento
socio-culturale. Infatti tali donne sono più ricettive ai condizionamenti
della società.
Sono molto più facilmente bersagliate dalla superficialità legata al
mondo “dell’usa e getta”; al mondo che ti accetta soltanto se sei
giovane e bella.
Ecco perché, non accetterebbero l’invecchiamento, non accetterebbero
che il proprio corpo stia cambiando. Essere vecchie vuol dire essere
obsolete, inutili, non più belle e non più giovani, quindi non più
desiderate e cercate; vuol dire: essere sole!
Di conseguenza la solitudine della vecchiaia crea un vuoto; un vuoto che
viene riempito dal cibo. Infatti, come dai risultati ottenuti, tali donne
tenderebbero a scaricare tutto sul cibo; negandolo fino
all’inverosimile, e abusandone fino a sentirsi male. (U di Mann-Whitney=
195,5; p<0,01).
Inoltre i punteggi riportati alle sottoscale dell’EDI come Impulso alla Magrezza (U di Mann-Whitney=766,00; p=0,03), Bulimia
(U=800,5; p=0,05), Insoddisfazione
Corpo(U=816,5; p=0,01), Consapevolezza
Enterocettiva (U=870,5; p=0,02) e Paura
Maturità (U=218,5; p<0,01), confermerebbero quanto affermato.
Difatti la scala IM valuta l’eccessiva paura di ingrassare e una
esasperata preoccupazione per la dieta: una vera priorità nella scala
valoriale di queste donne. Quasi come se il proprio valore personale
dipendesse dall’avere un corpo snello e giovane.
La scala BU invece, valuta l’eccessiva sovralimentazione. Una forza
incontrollabile che porta ad ingerire una quantità di cibo superiore alla
norma, cioè superiore alla quantità di cibo che normalmente la
maggioranza delle persone assumono per il fabbisogno personale. Delle vere
e proprie abbuffate che servono a riempire non solo il vuoto dello
stomaco, ma il vuoto dell’essere.
A tali abbuffate spesse volte, infatti, si accompagnano l’incertezza nel
riconoscere il senso della fame e della sazietà e l’incapacità di
inquadrare gli stati emotivi che invadono in tali momenti. Un vero e
proprio momento di confusione emotiva e psichica. Infatti, ciò è quanto
valuta la scala CE.
A tutto questo si unisce una forte insoddisfazione per il proprio corpo;
una scontentezza profonda verso la deformazione di un corpo che non si
accetta più. Un corpo che inizia a non essere più giovane.
Infine, la scala PM valuta il desiderio di rifugiarsi nella sicurezza che
dà la giovinezza di essere desiderate e cercate; infatti, tali donne
vivono l’illusione che mantenersi giovane e belle protegga dalla
solitudine della vecchiaia.
Sintesi e Conclusioni
I
disturbi alimentari sono causati, tra le altre cose, da fattori
socioculturali; essi dipendono anche da una risposta individuale rispetto
alle soggettive condizioni psico-affettive.
E’ stato condotto uno studio sui disturbi alimentari come sintomo socioculturale della paura di invecchiare in una società
occidentale, come la nostra, che sempre più spesse volte pone al primo
posto della propria scala valoriale la giovinezza e la magrezza.
Tale ricerca è stata svolta in un quartiere di Napoli, Miano sito a nord
della città, attraverso una selezione telefonica in modo randomizzato.
Una volta presentatoci al telefono, ci siamo recati presso il domicilio
delle donne che hanno acconsentito di collaborare allo studio. Abbiamo
posto alle donne due test che rilevano il comportamento alimentare
utilizzati usualmente nell’indagine clinica, l’EAT e L’EDI, e un
questionario costruito ad hoc per rilevare la possibile tendenza di paura
dell’invecchiamento.
Le donne contattate per la ricerca ne sono state 153, di cui 120 hanno
dato disponibilità al lavoro.
Dell’intero campione il 21,6% ha riportato valori positivi al
questionario dell’invecchiamento; mentre il 78,3% ha costituito il
gruppo dei soggetti sani.
Del gruppo dei soggetti sani, il 3,2% ha riportato punteggi positivi al
test dell’EAT, invece del gruppo dei
soggetti con possibile paura di
invecchiamento, il 30,8% ha riportato punteggi elevati all’EAT
riportando una alta significatività rispetto ai soggetti sani (U di
Mann-Whitney=195,5; p<0,01).
Il risultato rafforza l’ipotesi che tali donne tenderebbero pertanto a
scaricare sul cibo la propria paura di invecchiare.
A
conferma di ciò, sono stati i risultati altamente significativi riportati
alle sottoscale dell’EDI. Tra questi l’Impulso alla Magrezza(U di
Mann-Whitney=766,00;
p=0,03) e la Paura della Maturità
(U=218,5; p<0,01).
P
S I C T V
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