Pubblicato
sul settimanale Viversani & belli, 16/12/2005 Con la consulenza di Gianni Lanari e di Barbara Rossi del Centro Italiano Sviluppo Psicologia di Roma Pochi
mesi fa, la principessa Beatrice di York, figlia di Sarah Ferguson e del
principe Andrea di Inghilterra, ha confessato di soffrire fin da piccola
di dislessia. Beatrice, in realtà, non è la sola a combattere questa
battaglia: anche Tom Cruise, Liv Tayler, Robin Williams, per fare qualche
esempio, soffrono dello stesso problema. Il loro successo dimostra che la
dislessia non è una malattia invalidante e insuperabile, ma un problema
che può essere tenuto sotto controllo o superato. Vediamo come. Di
che cosa si tratta
Punto
di riferimento riconosciuto a livello internazionale nel classificare i
vari disturbi, è il manuale del DSM (Manuale diagnostico e statistico dei
disturbi mentali, del 1994).Questo manuale propone criteri diagnostici
specifici per riconoscere e distinguere tra loro i vari disturbi.All’interno
di questo manuale la dislessia, come Disturbo della Lettura, è uno dei
Disturbi dell’Apprendimento (DSA); gli altri Disturbi
dell’Apprendimento si riferiscono a difficoltà di scrittura (disortografia
e disgrafia) e di calcolo (discalculia).La dislessia è un fenomeno
piuttosto frequente (in Italia interessa circa il 3-4 per cento della
popolazione scolastica).Di fatto, benché si tratti di un disturbo
facilmente codificabile dal clinico, spesso si verificano ritardi nel
riconoscimento del problema e quindi nella diagnosi e cura. Ad un ritardo
della diagnosi corrisponde un complicarsi della situazione del bambino,
sia sul piano degli apprendimenti che diventano difficili, sia sul piano
relazionale, sia su un piano più intimo e profondo, come incremento della
sensazione di disagio, inadeguatezza, insicurezza, disistima. Le
cause
Ci
sono vari studi che hanno cercato di conoscere e comprendere le radici di
questo problema.Secondo alcuni la dislessia è causata da piccole
alterazioni dell’apparato neurobiologico. E’ legata cioè a un
disturbo, talvolta ereditario, che rende difficile imparare a leggere e
scrivere nei tempi medi. I bambini dislessici hanno, in pratica, un
problema di percezione che rende difficoltosa l’organizzazione spazio-
temporale di eventi, concetti e anche sequenze di lettere o numeri. Le
persone dislessiche non presentano, quindi, problemi di ordine cognitivo,
neurologico, sensoriale, emotivo o sociale. Non sono cioè meno
intelligenti o brave, semplicemente mostrano alcune difficoltà nello
svolgere attività automatiche per i loro coetanei.Secondo altri invece i
bambini dislessici soffrirebbero di ansia di prestazione, a tal punto da
non riuscire ad utilizzare in modo ottimale le loro capacità. Si
tratterebbe quindi di bambini molto sensibili e molto intelligenti: il
pensiero è molto più veloce e rapido, ma affettivamente restano
dipendenti dall’approvazione dell’adulto e percepiscono come colpa il
loro sentirsi diversi. Come
si manifesta
Il bambino dislessico non è incapace di leggere; a differenza dei compagni riesce a svolgere questa attività solo impegnando al massimo le sue capacità e le sue energie, poiché non può farlo in maniera automatica. Non riesce, infatti, a distinguere e a mettere nell’ordine esatto le sillabe o le lettere che compongono una parola. Si stanca quindi rapidamente, commette errori, l’ansia aumenta, il senso di inadeguatezza pure, rimane indietro, fatica ad imparare. *La difficoltà di lettura può essere più o meno seria e spesso si accompagna a problemi nella scrittura e nel calcolo. *Se
il disturbo non viene subito riconosciuto, il ragazzino viene spesso
considerato, erroneamente, svogliato o distratto. In realtà. i bambini
dislessici sono intelligenti e, di solito, vivaci e creativi. Questa
incomprensione da parte di genitori, insegnanti e compagni può creare un
forte disagio nel bambino, che solitamente è già frustato da questa sua
“diversità”. Il risultato è spesso la nascita di un disamore verso
la scuola e l’apprendimento, ma non solo: molte volte queste difficoltà
sono alla base di disistima e bassa considerazione di sé. I
primi segnali
Per non creare ulteriori disagi al piccolo dislessico e per aumentare le probabilità di successo delle cure (prima si interviene, più è facile curare il problema) è necessario riconoscere sin da subito il problema.. Ecco i primi segnali che devono far nascere il sospetto: *il bambino compie spesso nella lettura e nella scrittura errori caratteristici come l’inversione di lettere e di numeri (ad esempio 21 - 12) e la sostituzione di lettere (m/n; v/f; b/d); *il piccolo può non riuscire a imparare le tabelline e alcune informazioni in sequenza come le lettere dell’alfabeto, i giorni della settimana, i mesi dell’anno; *il ragazzino può fare confusione per quanto riguarda i rapporti spaziali e temporali (destra/sinistra; ieri/domani; mesi e giorni) e può avere difficoltà a esprimere verbalmente ciò che pensa; *in alcuni casi sono presenti anche difficoltà in certe abilità motorie (ad esempio allacciarsi le scarpe), nel calcolo, nella capacità di attenzione e di concentrazione; * il bimbo ha difficoltà a copiare dalla lavagna e a prendere nota delle istruzioni impartite oralmente; *i compiti scritti richiedono un forte dispendio di tempo; *il bambino appare disorganizzato nelle sue attività, sia a casa sia a scuola; *il bambino è molto ansioso per ciò che riguarda la scuola; *il dislessico può perdere la fiducia in se stesso e può avere alterazioni del comportamento. *anche
dopo le elementari persistono lentezza ed errori nella lettura, che
ostacolano la comprensione del significato del testo scritto. L’importanza
della tempestività
Il problema, in genere, si manifesta in età scolare: è quando il bambino deve imparare a leggere e a scrivere, infatti, che emergono le difficoltà. Spesso sono gli insegnanti i primi ad accorgersi che qualcosa non va. In questo caso è bene informare i genitori, i quali, insieme con il personale della scuola, devono rivolgersi agli specialisti dei servizi sociali e sanitari. *La
diagnosi deve essere fatta da degli esperti. Non è sempre facile trovare
la persona in grado di identificare il problema. Per questo, è utile
consultare le figure professionali specifiche, neuropsichiatra infantile,
psicologo. In questo modo è possibile inquadrare il problema ed evitare
gli errori più comuni come colpevolizzare il bambino (dicendo cose del
tipo “non impara perché non si impegna”) e attribuire la causa a
problemi di natura diversa (“non impara perché è stupido”, “non
capisce proprio”) determinando sofferenze e frustrazioni inutili nel
bambino. La
diagnosi
La diagnosi si basa su: - anamnesi, ossia la raccolta della storia clinica personale e familiare: lo specialista cerca di raccogliere il maggior numero di dati possibile sui problemi manifestati dal bambino, su eventuali malattie, sulla sua vita. Fa lo stesso con i parenti stretti (la dislessia o problemi d’ansia potrebbero aver interessato altri famigliari); - colloquio per la valutazione dell’equilibrio emotivo del bambino: lo specialista cerca di stabilire lo stato emotivo del piccolo, per esempio con domande o piccoli test; -
test specifici, realizzati con la lettura di un brano
standardizzato. I
metodi di intervento
Va sempre ricordato che i dislessici, pur avendo un diverso modo di imparare, sono in grado di imparare. La possibilità di risolvere il problema o di tenerlo sotto controllo dipende da come viene affrontato. Se il problema viene individuato precocemente, quando il bambino è alle sue prime esperienze scolastiche, diventa più semplice comprenderne la radice e trovare la chiave di svolta. *I bambini dislessici possono essere aiutati in diversi modi: con tecniche di riabilitazione e di compenso oppure con alcuni semplici provvedimenti didattici, come la concessione di tempi più lunghi per lo svolgimento di compiti, l’uso della calcolatrice o del computer, .... * In altri casi il lavoro è più di tipo psicoterapeutico, per aiutare il bambino a gestire l’ansia, lavorando per un riconoscimento di sé più autentico. *In alcuni casi si ricorre alla logopedia. In base alle difficoltà di lettura e scrittura diagnosticate, al bambino vengono insegnati alcuni esercizi specifici che lo inducono a riflettere sui meccanismi della parola scritta e gli fanno individuare quelle strategie che gli permettono di superare il problema. Il bambino, durante il trattamento, deve essere stimolato a pensare e a soffermarsi su quei suoni con cui ha problemi. *Non
esiste, però, un metodo di intervento uguale per tutti, e anche la durata
del trattamento varia in base ai diversi casi. Il
ruolo della scuola Le prime manifestazioni della dislessia compaiono solitamente all’inizio del percorso scolastico. E’ importante quindi che la scuola si attrezzi nel modo migliore, inizialmente per individuare e riconoscere la specifica difficoltà, e poi attivando interventi mirati, modificando la didattica rispetto al bisogno specifico del bambino (didattica dell’apprendimento individualizzato). *Anche
il bambino deve essere consapevole di questa sua peculiarità perché deve
imparare a sviluppare e utilizzare strategie compensative che lo aiutino a
rimanere nel percorso scolastico. Il
ruolo degli insegnanti
Gli insegnati, sono spesso i primi, o dovrebbero esserlo, a captare i segnali. E’ bene quindi che: *si informino il più possibile sul problema; *non insistano perché il bambino legga in classe ad alta voce; *preparino compiti con domande specifiche, per facilitare il bambino nel dare risposte specifiche; *lascino più tempo allo scolaro per svolgere le normali attività scolastiche; *facciano uso di strumenti che consentono di compensare le eventuali difficoltà di esecuzione di compiti automatici: • Per la scrittura: programmi informatici di videoscrittura. C.A.R.L.O. con sintesi vocale • Per la lettura: registrazione, schemi, mappe, libro parlato. •
Per il calcolo: tavola pitagorica, calcolatrice. Il
decalogo per i genitori
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