Il
rilassamento e la mente inquieta
Olga
Chiaia
Rilassarsi
è una funzione naturale del nostro organismo: basta guardare i bambini e
i gatti, che in un attimo sanno immergersi nel più totale relax, con
visibile piacere. I loro ritmi interni lo richiedono con ciclica regolarità,
e loro li assecondano, tutte le volte che percepiscono l'assenza di
minacce interne o esterne.
Ma allora perché è così difficile, da adulti, in alcuni momenti,
trovare la via della distensione?
Le esperienze affettive della nostra infanzia, il clima emotivo in cui
siamo cresciuti, i piccoli e grandi traumi, sono tutti elementi che
caratterizzano il livello di fiducia che ospiteremo nel cuore, e di
conseguenza l'attitudine alla serenità, o la vulnerabilità allo stress.
Inoltre il modello dei nostri genitori (e in parte anche la loro genetica)
ci fornirà una maggior o minore capacità di gestire le emozioni, e
strategie più o meno efficaci per fronteggiare l'ansia. Interiorizzare un
genitore tranquillizzante e protettivo è ben diverso dall'averne dentro
uno colpevolizzante e ansioso.
In alcuni casi, tendiamo a controllare paure e disagi più o meno
consapevoli con una tensione muscolare protratta, che si cristallizza in
un atteggiamento psicofisico particolare, per cui non ci si rilassa mai
davvero del tutto: dopo i picchi d'attivazione nervosa dovuti ai vari
stress, la linea di base non viene mai recuperata perfettamente. In alcuni
punti del corpo, la muscolatura crea una specie di corazza protettiva. E'
utile cercare di capire quali sono i nostri organi bersaglio, quelli che
tendiamo a contrarre in modo preferenziale quando siamo nervosi (e che,
alla lunga, saranno danneggiati da questo). Sono i sismografi della nostra
psiche. Di solito si tratta dello stomaco, o della cervicale, o del viso
(rughe sulla fronte, mascelle contratte).
Oppure, invece di somatizzare, sfoghiamo la tensione in comportamenti più
o meno consci, come tormentarci le unghie, i capelli, la pelle interna
della bocca, i tic. Ma anche stramangiare, straparlare, bere alcolici,
spendere.
E' importante ascoltare quali frasi ci ripetiamo nel nostro dialogo
interno, a mo' di mantra. Le formule mistiche evocative, i mantra, sono
utilizzati per concentrare la mente su qualità spirituali o per
connettersi al divino, e sono molto efficaci. Per questo, se utilizzate
involontariamente al negativo, ad esempio: "non ce la faccio, non
sono capace, tutto andrà male..." il loro effetto sarà
perfettamente coerente. Come profezie autoavverantesi, queste frasi
automatiche non sono innocue. Attraggono l'energia negativa, quasi un
augurio stregato, un comando autoipnotico che intima di
fallire…L'inconscio reagisce al potere semantico: se diciamo ad un
bambino su un albero "ora cadi e ti fai male", aumentiamo il
pericolo che ciò avvenga. E' sempre meglio accorgersene, e volgere al
positivo:"fai attenzione, ce la fai, ce la stai facendo".
Secondo Ellis, psichiatra americano, la "terribilizzazione " e
la "catastrofizzazione" sono abitudini di pensiero che innalzano
il livello d'ansia, per cui bisognerebbe liberarsene con un'analisi
realistica e razionale della situazione. E sostituirle con affermazioni
positive ed equilibrate di fiducia in se stessi e nel flusso della vita.La
tentazione è quella di superare lo stato di tensione, che spesso è
vissuto come spiacevole e d'ostacolo alla vita sociale, sessuale o al buon
sonno, grazie a delle scorciatoie semplici e rapide: l'alcool distende,
così come le gocce sedative, o anche una bella mangiata di dolci. Per non
parlare delle canne, degli oppiacei, da sempre efficaci mezzi per
raggiungere la pace della mente. Inutile dire che il prezzo da pagare per
aver "barato" è molto più alto di quello sborsato
economicamente: ne va della nostra salute fisica, e ancor di più di
quella mentale.
Delegare ad un mezzo esterno la capacità di indurci il rilassamento ha
infatti il risultato collaterale di diminuire ulteriormente il senso di
autocontrollo, e la fiducia di poterlo esercitare.
Il fascino delle tecniche di rilassamento - ce ne sono moltissime -
risiede nel loro ricollocare dentro di noi il potere gestionale su corpo e
mente.
E' però una via più lunga, e più difficile. Tutto lo stile di vita
andrebbe modificato, per accogliere bene la tecnica e integrarla, farla
nostra: elogio della lentezza (quando si può), dei valori umani rispetto
a quelli dell'apparenza o del profitto, rispetto di se stessi e della
natura come indivisibilmente connessi, abbandono delle idee di onnipotenza
("Sia fatta la Tua volontà" o "Inshallah", in tutte
le religioni è analogo). Sapersi rilassare implica saper cedere lo
scettro della mente e dare spazio e ascolto alle emozioni e al corpo. Non
è una resa da poco.
Alcune persone riferiscono di subire un effetto paradosso quando provano
le prime volte una tecnica di rilassamento: anziché star meglio, si
sentono più irrequiete che mai. Altre si addormentano; apparentemente è
un'ottima riuscita della tecnica, in realtà è una fuga dal rilassamento
profondo, in cui si è svegli. Le difficoltà che si sperimentano offrono
preziosi indizi per capire qual è l'ostacolo al rilassamento, e per
individualizzare il percorso, scegliendo quello più affine. Tra Yoga,
Training Autogeno, Biofeedback, Rilassamento Progressivo di Jacobson, il
ventaglio di proposte è assai ampio. Talvolta c'è uno sfondo spirituale,
in altri casi l'approccio è più fisico e semplice, in comune a tutti c'è
l'importanza del respiro, e la necessità di un apprendimento graduale,
fiducioso e paziente, tramite la pratica, gli esercizi quotidiani. Sarebbe
preferibile avvicinarsi alle tecniche con una guida esperta, e magari con
una condivisione di gruppo (ma non è irrinunciabile).
I rimedi naturali, le tisane di erbe, i Fiori di Bach, l'aromaterapia,
hanno un effetto placebo indiscutibile, uno effettivo molto blando; forse
troppo, se l'ansia è reale. Possono essere però dei buoni alleati, e
potenziare l'effetto delle tecniche di rilassamento.
Distesi, cercando il rilassamento, emergono delle sensazioni diverse da
quelle abituali nello stato di veglia vigile: formicolii, pesantezza,
leggerezza, vertigini. Se si lascia andare il controllo razionale, emerge
l'inconscio, con i suoi contenuti e immagini talvolta sorprendenti, o
dolorosi; possono affiorare sensazioni sessuali, timori legati
all'abbandono delle difese, alla passività. Lasciarsi andare non è
facile, ci si può sentire intensamente vulnerabili, ma di solito è molto
piacevole. Eppure la mente si difende, non vuol mollare il suo ruolo
prevaricante, e invade il campo con pensieri ossessivi o intrusioni
indesiderate: è normale. I monaci meditanti della tradizione buddista la
chiamano "la scimmia pazza", perché come una scimmia, la mente
non fa che correre da un ramo all'altro, inseguendo pensieri
incessantemente, e spesso sterilmente. Saper fare il vuoto mentale, un
vuoto accogliente in cui le sensazioni si dispiegano, una ad una, è
un'arte che s'impara con paziente esercizio, e che gratifica di un
benessere e di una lucidità cristallina chi la coltiva.
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