THE
SILVER LINING Cesare De Silvestri Questo
titolo è un popolare modo di dire inglese per ricordare che, anche se
nascosto dalla nube più
nera, il sole può riuscire a
darle un sottile bordo d'argento - una speranza di tempo migliore. La
nube nera Soltanto
pochi commentatori del disastro Katrina son riusciti però a non farsi
prendere dalla disperazione di fronte allo spettacolo di
una città allagata, incendiata e semidistrutta; di fronte ai
cadaveri che galleggiavano sulle acque torbide; di fonte ad una
popolazione in fuga o intrappolata nelle proprie case - specialmente la
popolazione più povera, nei quartieri più poveri, nelle case più povere
e fatiscenti. Giusto. Lo spettacolo
era orribile. I soccorsi non arrivavano. Tutte le comunicazioni erano
interrotte. Le essenziali
strutture di sopravvivenza (vie e mezzi di trasporto, approvvigionamenti
alimentari, acqua potabile, elettricità, ospedali, servizi sociali,
polizia ed esercito) erano paralizzati. Bande di miserabili che prendevano
ciò che potevano, dove potevano, per cercare di sopravvivere. . Bande di
delinquenti che approfittavano dell'imperante disordine per saccheggiare
case e negozi, stuprare donne
e bambini, non esitando a far fuoco contro chi tentava di impedirglielo.Uno
scenario apocalittico. Un'intera popolazione di diseredati che non avevano
potuto fuggire dalla città prima dell'inondazione e che erano piombati in
condizioni primitive e quasi animalesche di vita. E la situazione
perdurava e peggiorava d'ora in ora, specialmente
per i più deboli - malati, vecchi, bambini.Allora si è parlato di
migliaia di morti. Si è detto e scritto che New Orleans era morta. Che
la più grande città della Louisiana era morta. Morto il secondo
porto e uno dei massimi centri economici e commerciali degli Stati Uniti.
Morta la patria del jazz e di Louis Armstrong. Morta la famosa Crescent
City e la sua Canal Street d'affascinante attrazione turistica. I
dati di fatto Ebbene,
i morti sono alcune
centinaia. Anche un solo morto sarebbe di troppo, ma le macabre previsioni
di tanti commentatori erano palesemente fuori scala. I soccorsi sono
arrivati - tardi, molto
tardi - ma continuano ad
arrivare. Le comunicazioni sono ristabilite. L'inondazione è sotto
controllo e le acque vengono svuotate. I saccheggi sono finiti, e si sta
provvedendo a cercare casa per casa i superstiti intrappolati nei
quartieri poveri. Si cercano gli animali domestici da restituire ai
legittimi proprietari. Ci si preoccupa anche di salvare
i delfini dell'acquario cittadino finiti nelle acque del golfo.In
altre parole, la gigantesca opera di riparazione è in pieno svolgimento.
Durerà a lungo e non potrà porre rimedio alle morti né a molte
distruzioni. La ferita farà cicatrice, ma sarà meno deturpante del
previsto. Un'altra
nube nera Qualcuno
(Simon Winchester, International Herald Tribune del 9 settembre 2005) ha
ricordato un simile disastro di tanto tempo fa.Il 18 aprile 1906 alle 5 e
12 del mattino la crosta terrestre della California entrò in convulsioni
riducendo San Francisco ad un cumulo di rovine.
Linee elettriche, tubature del gas, ciminiere e fornaci innescarono
una serie d'incendi che, con le riserve d'acqua sventrate e gl'idranti
all'asciutto, si propagarono per tre giorni
distruggendo ciò che restava della grande città americana - the
Imperial City, come veniva chiamata. I morti furono circa 3000, i
senzatetto almeno 225.000 su una popolazione di mezzo milione di abitanti.
Fra i fortunati superstiti, il grande tenore italiano Enrico Caruso ed il
grande attore americano John Barrymore. Il
bordo d'argento Ecco.
Il paragone con quanto è successo a New Orleans potrebbe servire a
rincarare la dose delle accuse contro le autorità, contro il governo e il
Presidente, contro gli Stati Uniti, contro l'american
way of life, e contro gli americani.A me sembra invece che il paragone
serva soprattutto a mettere in evidenza come
quel paese e quel popolo sappiano affrontare anche
le peggiori sciagure con determinazione, efficienza, e generosa umanità.Molti
parlano dell'America senza nemmeno conoscerla. Parlano degli americani
conoscendoli ancora meno. E
tranciano giudizi dettati da pregiudizi e prevenzioni, da fisime e
superstizioni o, peggio ancora, da preconcetti ideologici piuttosto che da
un'onesta valutazione dei dati di fatto.Quando l'imprevidenza, la sordità
e la miopia di chi avrebbe potuto provvedere in tempo alla gestione di un
disastro puntualmente e tempestivamente annunciato hanno fatto precipitare
nel disordine e nel caos una grande città; quando il collasso dei mezzi
di comunicazione, di trasporto e di transito rendeva evidente che i
soccorsi non potevano arrivare né subito né in breve tempo; quando la
popolazione intrappolata nei quartieri poveri poteva contare soltanto
sulle proprie risorse più primitive, c'è stato un tempo di sconcerto e
di confusione. Come a San Francisco cent'anni prima. Conclusioni Non
mi sembra che questi siano i connotati di una civiltà messa al tappeto da
un violento soprassalto della Natura. Non mi sembra che siano i segni
della sua cieca protervia, della sua indifferenza morale, del suo distacco
dai valori essenziali della convivenza umana.Naturalmente non sto
avanzando una richiesta di piena assoluzione; ma,
secondo il mio modesto parere affatto personale, forse sarebbe bene
ricordare un po' di storia, con le sue ombre e le sue luci, i suoi orrori
e le sue vittorie. Sarebbe bene riflettere un po' più a lungo e misurare
meglio l'oggetto delle nostre valutazioni e dei nostri giudizi prima di
emettere definitive e frettolose sentenze di condanna.
| |||
CISP
www.psic.tv
www.cisp.info
www.attacchidipanico.it
www.psicoterapie.org
www.tossicodipendenze.net Copyright © CISP |