UN’INDAGINE
CONOSCITIVA SULLA REALTA’ GIOVANILE
DEGLI STUDENTI DELL’ISTITUTO SUPERIORE"PACIFICI E DE MAGISTRIS"DI
SEZZE
Alfredo Ferrajoli
Premessa
e scopi della ricerca
L’indagine sulla realtà giovanile dei ragazzi che frequentano l’Istituto superiore “Pacifici e De Magistris” di Sezze è stata effettuata da me, Alfredo Ferrajoli docente di Psicologia e Scienze sociali dell’Istituto e psicologo-psicoterapeuta libero professionista, con la collaborazione delle Prof.sse di matematica Lucia Palmieri e Giulia La Penna entrambe esperte di statistica e di informatica.Un ringraziamento particolare è diretto alle studentesse dell’attuale terzo anno sia della sezione “A” che della sezione “B” del Liceo delle Scienze sociali le quali hanno effettuato la somministrazione dei questionari recandosi personalmente nelle classi e impegnandosi nella gestione informatica dei dati.I questionari compilati dagli studenti sono stati complessivamente 340.Scopo della ricerca è stato quello di reperire informazioni sulla condizione dei giovani studenti frequentanti l’istituto, si è voluto avere una fotografia dell’esistente anche attraverso domande che potessero rivelare il mondo interno di questi ragazzi, sui loro possibili problemi e ansie quotidiane.Questa ricerca psicosociale è stata svolta, quindi, per far luce su quegli aspetti variegati delle realtà giovanili che spesso possono sfuggire ad un esame generale, per questo sono state previste diverse aree di indagine allo scopo di ricavare informazioni più specifiche. Lo
strumento di indagine Il questionario conoscitivo è stato messo a punto sulla base di altri strumenti di indagine costruiti e utilizzati da me in altre scuole dei Monti Lepini.Attraverso gli items afferenti all’area della scuola, si è voluto conoscere l’atteggiamento generale degli studenti nei confronti della scuola e la qualità della relazione che hanno con i loro insegnanti. Si è voluto anche verificare, in questo modo, il livello di gradimento dell’attività didattica ed educativa così come recepita da parte degli alunni, quali le loro aspettative e le loro richieste.Attraverso la somministrazione degli items afferenti l’area della famiglia, si è voluto conoscere la percezione degli studenti nei riguardi dei loro genitori, i loro eventuali desideri o possibili difficoltà.Dall’area relativa al tempo libero si è voluto ricavare, invece, cosa facessero, di cosa parlassero, quali fossero i bisogni dei nostri ragazzi.Con gli items relativi all’area dell’amicizia si è voluto far luce sul livello di soddisfazione nei confronti degli amici, quanti fossero, se pochi o tanti, e quali luoghi e fonti di aggregazione avessero potuto offrire la possibilità di fare amicizie e avere incontri amicali.Attraverso gli items contenuti nell’area “Giovani e vissuti”, si è voluto invece sondare parte dell’universo interiore di questi ragazzi, si è voluto conoscere la percezione che hanno di loro stessi e come si muovessero dentro il loro mondo emozionale.Nell’area denominata “Esigenza di parlarne” sono contenuti alcuni items che riguardano l’uso di sostanze stupefacenti, si è voluto, attraverso quest’area, conoscere le cause che, secondo gli studenti, possono spingere i giovani a fare uso di sostanze e come loro percepissero la figura del tossicodipendente, quali idee o pregiudizi stessero formando intorno ad essa, si volevano inoltre conoscere le possibili azioni e comportamenti che potessero avere nei confronti di un eventuale amico caduto nella spirale della tossicodipendenza.L’area denominata “Esperienze dirette e indirette” ha consentito di avere una prima stima quantitativa della diffusione del fenomeno fra i ragazzi frequentanti l’istituto ed ha fornito informazioni sulle possibili motivazioni che possono esistere, secondo i ragazzi, per quanto riguarda il consumo di sostanze.Il questionario comprende quindi sette aree di indagine distribuite in ventotto items; attraverso di esso si è voluto realizzare uno strumento che potesse fornire più informazioni possibili e al contempo potesse essere agile e comprensibile e che impegnasse i ragazzi per la compilazione un tempo congruo e rispettoso anche dei loro impegni scolastici. Risultati
Attraverso l’area di indagine relativa alla scuola, si ricava che i ragazzi, complessivamente, si trovano bene in quest’ambiente e si rendono conto che la scuola è utile per la loro crescita.Sono abbastanza soddisfatti delle esperienze che essa offre (53%) anche se una piccola minoranza dichiara che il loro istituto non piace (14%).
Alcuni
studenti affermano che la loro scuola insegna solo le materie scolastiche
(34%) mentre per altri essa li aiuta a crescere interiormente (31%) e,
secondo un altro gruppo di studenti, essa “non è all’altezza dei loro
desideri” (18%).
Complessivamente, le classi scolastiche sono vissute dagli studenti in maniera positiva e sentite come luoghi dove si possono sperimentare sia sentimenti di affettività e aggregazione (37%) che consapevolezza di mancanza di unione e solidarietà (34%).
Dalle
risposte alla domanda “Quali doti o qualità dovrebbero avere gli
insegnanti”, si evince che per gli studenti è importante l’aspetto
concernente la qualità della relazione fra loro e i docenti, infatti per
gli studenti, gli insegnanti dovrebbero essere comprensivi (38%) e
disposti all’ascolto (36%); essi si sentono compresi solamente un po’
(44%), mentre un numero abbastanza forte (27%) non si sente per niente
compreso, anche se poi molti studenti affermano di andare spesso
d’accordo con i loro insegnanti (46%).
L’aspetto
relativo alla comprensione è un elemento molto importante nel processo di
individuazione del sé; sentire, per i ragazzi di quest’età, che gli
adulti per loro significativi comprendono i loro moti interiori, i loro
sentimenti e i loro problemi, fornisce quell’energia vitale, base dello
sviluppo psicosociale, che non “permette di sentirsi soli” e di
continuare a percorrere “insieme il viaggio”.
Alla
domanda “Come definiresti la tua famiglia” essi affermano di viverla
come affettivamente unita (69%) anche se per un numero di ragazzi essa è
vissuta come affettivamente disgregata (5%) e che soffoca (4%). In alcune
famiglie i pasti vengono consumati con la TV accesa (17%) – indicatore
questo del clima dialogico intrafamiliare – ed emerge anche che si
mangia ognuno ad orari diversi (9%).
Se
accettiamo il concetto del ruolo della famiglia come cellula fondamentale
nel processo di acquisizione dell’identità e della conquista di un sano
equilibrio emozionale, possiamo intuire il profondo dolore e il disagio
dei giovani che provengono da una famiglia che vivono come
“disturbata”.
Durante
il loro tempo libero, questi ragazzi affermano di fare sport (43%), di
praticare giochi con amici (15%) o di praticare “giochi di isolamento”
ai video game (8%), di leggere (14%), di usare sostanze insolite (10%).
Una
parte di essi afferma di non fumare (71%) mentre altri lo fanno,
dichiarando di fumare tra le tre e le dieci sigarette al giorno (15%), tra
le dieci e le quindici sigarette al giorno (9%).
Alla
domanda “Quante ore guardi la TV o trascorri a giocare con i
videogiochi”, i ragazzi rispondono, più di due ore (34%), due ore
(25%), un’ora (22%), meno di un’ora (10%).
Questi
ragazzi riferiscono di parlare tra di loro, durante il loro tempo libero,
di problemi esistenziali (36%), di sport (20%), di problemi legati al
mondo della scuola (10%).
Dalla
dimensione successiva, “area dell’amicizia”, si evince, tra
l’altro, che i giovani dell’istituto che hanno partecipato alla
ricerca, vivono l’amicizia in maniera estensiva, essi infatti
riferiscono di avere tanti amici (80%), mentre solo il 14% di essi
riferisce di averne pochi, il 2% ha un solo amico, il 2% neanche uno.
Sull’importanza
del sentimento amicale in età adolescenziale si sono scritte migliaia di
pagine di riflessione, non solo di carattere psicosociale ma anche opere
di narrativa, profondi ed entusiasmanti romanzi e racconti. Ognuno di noi,
d’altra parte, se invitato a ripercorrere la sua vita a ritroso nel
tempo potrà vedere dentro di sé quanta importanza può avere avuto per
lo sviluppo della propria personalità, del carattere e a livello
psicosociale il ruolo svolto da un sano sviluppo del sentimento amicale.
Non è questa la sede per approfondire questa tematica e rimando a quanto
si è scritto e che appartiene alla letteratura sull’argomento.
Alla
domanda “Dove hai incontrato il tuo migliore amico”, essi riferiscono:
a scuola (63%) confermando l’opinione diffusa che la scuola oltre che a
svolgere il compito di “agenzia educativa”, è il luogo, per certi
versi unico, dove il bambino, a partire dalla scuola dell’infanzia e
nell’età successiva, può trovare quella “palestra” che tanto può
insegnare e fare sperimentare la vita; altri ragazzi riferiscono di avere
incontrato il loro migliore amico nel vicinato (11%) confermando, anche
questo dato, l’importanza dei rapporti sociali e delle reti di
comunicazione che possono esistere in centri relativamente piccoli come le
realtà locali di Sezze, contrariamente alle realtà metropolitane dove
non sempre ciò può avvenire, caratterizzate come sono da difficoltà di
comunicazione, da estraneazione e dall’isolamento.
La
dimensione successiva, “Giovani e vissuti”, mette in risalto, ancora
una volta, il ruolo che svolge la comprensione. Alla domanda “Quali cose
fanno più male a un giovane della tua età”, infatti il 41%, dà come
risposta “non essere capiti”, mentre il 29% è convinto che le
“discordie presenti in famiglia”, siano le “cose” che più fanno
male, seguite dalla droga (14%) e dalla violenza (7%).
Alla
domanda tendente ad investigare sul livello di soddisfazione personale, il
16% dei ragazzi afferma di sentirsi poco soddisfatto, mentre il 4% afferma
di non sentirsi per niente soddisfatto, il 47% e il 31% afferma di
sentirsi, rispettivamente, abbastanza e molto soddisfatto.
Questi
risultati sono, in generale, in linea con altri risultati locali della
realtà lepina, in particolare quella di Priverno, dove ho potuto svolgere
un’analoga ricerca psicosociale, ma sono anche in accordo con i
risultati ricavati da ricerche nazionali dove essi esprimerebbero la
presenza di una certa disistima di sé anche come risposta fisiologica
propria dell’età adolescenziale.
Se
queste fragilità sono vissute come “mancanze”, scatterebbero nei
giovani sentimenti involontari di compensazione, messi in atto, purtroppo,
anche attraverso l’uso di sostanze capaci di annullare, per poco tempo,
il dolore interno e restituire loro un’immagine personale più
accettabile, meno dolorosa ma più falsa. La strutturazione del loro Sé
potrebbe essere debole e avere la caratteristica di essere poco
consistente dal punto di vista della salute psichica. Per questa qualità,
essa potrebbe non venire riconosciuta, né accolta, né coscientizzata ed
elaborata esponendo questi ragazzi a quelle forme di “autoinganno
inconsapevole” tanto presenti nelle patologie e nei disturbi mentali
anche adolescenziali.
Un
buon numero di ragazzi dell’istituto, alla domanda “Quale tipo di
intervento ritieni più corretto da parte della scuola”, riferisce che
interventi informativi su effetti e danni provocati all’organismo (20%)
potrebbero fornire idonea partecipazione al problema da parte della
scuola, insieme alla possibilità di avere colloqui con esperti, medici e
psicologi (19%), ma anche il mettere a confronto opinioni ed esperienze
(16%), sarebbe un’operazione positiva e offrirebbe, per questi giovani,
un’occasione per riflettere..
Dall’area
“Esperienze dirette ed indirette”, si ricava che il 33% dei giovani
che hanno partecipato all’indagine ha provato desiderio o curiosità per
quanto riguarda le droghe e il 24% ammette di averne fatto uso; il 65%
dichiara di non avere avuto né il desiderio, né la curiosità di provare
delle droghe e ammette di non averne mai fatto uso (73%).
Tra
le sostanze che i giovani dichiarano di aver provato, emergono le
cosiddette “droghe leggere”, marijuana ed hascish, che secondo recenti
ricerche esporrebbero i giovani al rischio di consumare droghe sempre più
pesanti e pericolose. Alcuni giovani riferiscono di aver assunto pasticche
e varie sostanze che si situerebbero tra le droghe ritenute pesanti, perché,
attraverso di esse, a loro dire, “si possono superare momenti di
solitudine”, o per “sentirsi spavaldi e forti”, “per curiosità”,
oppure, semplicemente, “perché lo facevano tutti”.
Emerge,
dalle diverse risposte, ancora una volta, la fragilità di questi ragazzi
- per fortuna minoritari, ma lo stesso da tenere in considerazione - nei
confronti di una realtà temuta, in cui l’autostima e l’identità
personali non sono ancora conquistate o acquisite e che, anzi, vanno
mostrando i loro “buchi” e le loro difficoltà.
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