IL
NATALE E IL DESIDERIO DI RINASCERE NEL RAPPORTO CON GLI ALTRI
di
Barbara Rossi
Il Natale
è un evento simbolicamente così denso di significati che è difficile
parlarne, al di là dello scambio dei regali. Storicamente il 25 dicembre
è rappresentativo di una fascia temporale di transizione. Il 21 dicembre
inizia l'inverno, che nel nostro clima segnala un periodo di pausa
vegetativo - vitale. Le formiche rientrano nelle loro "tane", a
godersi il raccolto dell'estate, le cicale muoiono, per i terreni si apre
il periodo della vangatura e concimazione, e sotto il gelo della neve si
preparano al nuovo ciclo della vita. Qualcosa muore, qualcosa nasce,
qualcosa si trasforma. Nel nostro clima temperato il 25 dicembre
appartiene alla cultura del sole e della luce, tanto che in origine, prima
del Natale Cristiano, tra i pagani c'era la festa del fuoco e del sole, la
divinità della luce Mitra, che doveva illuminare di fortuna. In Oriente
invece le tradizioni e i ritmi sociali ruotano attorno a un altro elemento
vitale, l'acqua portata dai Monsoni, così come in Africa i cicli vitali
dipendono dagli Alisei, i venti periodici portatori di acqua. La
tradizione cristiano-religiosa si intreccia così con la tradizione
popolare e contadina, fatta di rituali e feste, in rapporto agli elementi
vitali della Natura. Sul piano evolutivo le fasi di transizione si
accompagnano a nuove forme di comunicazione. Nella nostra società si
fanno i bilanci economici di fine anno, che aumentano le occasioni di
incontro, sia per ringraziare di quanto ricevuto, sia come auspicio di
buona fortuna per l'anno seguente. Si chiude un ciclo e ci si prepara per
quello che verrà. E Natale etimologicamente deriva dal latino col
significato di nascere. Quante cose, progetti, idee, propositi, speranze
prendono vita nel corso dell'inverno! E ancora durante il Natale si dedica
molto tempo per rinsaldare (e rinnovare?) i legami affettivi tra
generazioni, includendo la parentela e il giro di amicizie. La scelta del
regalo, la ricerca di quello specifico dono, il rito dello scambio, la
scelta del menù, la preparazione dei cibi tradizionali, le cene, i
pranzi….sono tutti momenti carichi di valore affettivo. E' il periodo in
cui tutti "devono" essere buoni, indipendentemente dalla realtà
contingente. Varie sono le domande che si sentono. Faccio un regalo solo
perché è Natale? Se ho litigato con moglie/marito, come mi gioco il
regalo? Se mio figlio ha portato a casa un pagellino orribile lo premio?
Gli nego tutto? Che faccio? E se questa volta non regalo nulla, che
conseguenze avrà la mia scelta nel confronto tra mio figlio e gli altri
suoi amici? Ti meriti un regalo grosso solo perché fai quello che voglio
io, rinnegando la tua individualità, il tuo spontaneo modo di essere, o
perché ti voglio bene così come sei? Verrebbe da chiedersi se siamo in
grado di operare il salto di livello, là dove il dono è un simbolo di
pace (che è serenità interna) e non di merito (che è un comportamento).
Il consumismo eclissa e nasconde l'intenso e vivo retroterra culturale,
sociale, emozionale insito nella festa. Per vari motivi l'accento si è
spostato dall'essere all'apparire, ovvero al possesso dei vari status
symbol (telefonino, pelliccia, macchina nuova e grande….); oggi
addirittura non basta più averli ed esibirli, in quanto servono degli
oggetti super-più, quali il super gioco, il mega-computer……, che
rendono l'altro un "Grande Fratello", una sorta di burattino o
gioco elettronico che puoi controllare in ogni mossa, che puoi vedere e
spegnere a tuo piacimento. In questo gioco dell'apparire resta una grande
fame di comunicazioni e relazioni, che nemmeno una montagna di balocchi
riesce a far dimenticare. Il desiderio di rinascere come se stessi,
rinnovati nel rapporto con l'altro, resta terribilmente deluso. Lo vediamo
negli amici, che ad un certo punto partono alla ricerca di se stessi
organizzando viaggi nei Paesi del Terzo Mondo, viaggi che sono
affascinanti ma anche angoscianti nell'incontro con la fatica del vivere e
del conoscersi. Oppure si parte in fuga da tutto e da se stessi, nei
grandi mercati del divertimento, nei villaggi vacanze, dove anche il
sorriso è programmato, dove sei tu nel gioco elettronico che gli altri
fanno funzionare finché non finisce il gettone. Così il Natale, festa
attesa con impazienza da alcuni e con triste depressione da altri, resta
alquanto emblematica della complessità del nostro vivere. Ma c'è spazio
nella società dei velocizzati e degli "svuotati" per
interrogarsi su questi punti?
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