Disturbi
alimentari e abuso sessuale: trattamento nel setting di gruppo
Domenica
Corazza
Nel
mio studio ho analizzato il modo in cui l'abuso sessuale interviene nello
sviluppo e nel mantenimento del disturbo della condotta alimentare,
attraverso l'analisi della letteratura corrente e di alcuni contributi di
ricerca avanzati a tal riguardo. Complessivamente, si può constatare che
non è attualmente emersa una relazione definitiva tra violenze fisiche e
sessuali subite durante l'infanzia-adolescenza e lo sviluppo del disturbo
alimentare, ma che queste violenze aumentano il rischio di formazione di
disturbi psicopatologici per lo più di tipo bulimico in ambito
alimentare. Sulla base dei dati attuali, sembra che l'abuso sessuale possa
giocare un ruolo efficace nel sensibilizzare le vittime al far ricorso a
disturbi alimentari nell'adolescenza, ma che l'influenza non è specifica,
né centrale e spesso agisce in interazioni con altri fattori dello
sviluppo (temperamento e caratteristiche personali del bambino, famiglia e
background familiari, componenti sociali, culturali e ambientali). (Brusa,
Senin; 2000)
.Per un'analisi approfondita della relazione tra abuso sessuale e disturbi
alimentari, ho esaminato il concetto di “godimento”, che si ripete e
si fissa nell'effetto del trauma. Il “godimento” è una sorta di
eccitazione confusa, che mescola indistintamente la sofferenza al piacere
(Recalcati, 1998). Infatti il sintomo anoressico-bulmico è un sintomo
congegnato proprio per esprimere perfettamente sia la dimensione della
ripetizione del godimento, sia un certo "esorcismo" o, una sorta
di auto-cura di questo godimento maligno. In seguito a ciò, il vomito
bulimico e il rifiuto anoressico del cibo, possono configurarsi come delle
vere e proprie strategie difensive rispetto alla ripetizione
"demoniaca" (Brusa, Senin, 2000). Diventare anoressica è,
infatti un modo per sfuggire al rischio di essere di nuovo abusata, ovvero
ridotta a puro oggetto di godimento dell'altro. A suo modo anche il vomito
bulimico può presentificare questa ripetizione del godimento maligno, ma
anche staccarlo, separarlo, esorcizzarlo dal soggetto (Recalcati, 1998).
Le
numerose ricerche fiorite a partire dagli anni Ottanta, in cui si avanza
l'ipotesi di una possibile associazione e di un legame eziologico, tra
abuso, principalmente di tipo sessuale ma non solo, e l'insorgenza di
disturbi alimentari, si sono sviluppate a partire dalla constatazione che
molti sintomi, caratteristiche ed effetti tipici dell'abuso erano simili a
quelli riscontrati nei disturbi alimentari: abuso di sostanze, depressione
d'ansia, tentativi anticonservativi, sensi di colpa, comportamenti
autoaggressivi ed autolesivi, immagine negativa di sé e bassa autostima,
dissociazione, disturbi di personalità, distorsione e problemi nella
percezione del proprio corpo (Brusa, Senin; 2000).
È quindi ipotizzabile sia la possibilità di una relazione indiretta tra
incesto e disturbi del comportamento alimentare attraverso l'influenza
mediatrice della famiglia e dell'attaccamento, sia una connessione diretta
tra incesto e disordini alimentari: questi possono risultare dal senso di
vulnerabilità che la persona sopravvissuta all'abuso prova, come
tentativo per riconquistare una sensazione di controllo sul proprio corpo
(Ibidem).
Infatti, come suggerito da Herman (1982), bambini esposti a stress
durante l'infanzia sono a rischio di compulsività e di replica del trauma
attraverso sindromi di auto-abuso. In particolare è stata notata una
connessione tra l'abuso sessuale infantile e lo sviluppo di disordini
alimentari, considerati una forma di auto-lesione.
La maggior parte degli studiosi più recenti concordano nel ritenere che
la più alta prevalenza di abusi sessuali si riscontri in pazienti
bulimiche "multi-impulsive", che abusano cioè anche di alcool e
droghe, ed in pazienti che hanno oltre ad una patologia alimentare purging
type (vomito, abuso di lassativi), anche un notevole stato patologico
associato (depressione, alcolismo, cleptomania, autolesionismo) con gravi
sintomi dissociativi (identità confusa, derealizzazione,
depersonalizzazione, amnesia). Così la bulimia stessa diventa un
meccanismo dissociativo che usa la ossessione del cibo e del peso, come
metodo primario di separazione dei sentimenti e delle memorie relazionati
alle esperienze traumatiche (Omodei, Picozzi, 1998).
Per un'ulteriore conferma di questi dati emersi in ambito teorico, ho
ritenuto necessario analizzare alcuni contributi di ricerca [1] che
avvalorano il legame tra abuso sessuale e disturbi alimentari. Questi
studi illustrano un quadro in cui è possibile delineare una più alta
prevalenza di abuso sessuale in pazienti bulimiche, soprattutto se alla
bulimia nervosa è associato un disturbo da dipendenza da sostanze.
La
prospettiva biopsicosociale (Jonson, Connors; 1987) sostiene che i fattori
biologici, sociologici e socioculturali si combinano in uno stile
cumulativo per sviluppare la patologia alimentare, così un individuo che
potrebbe essere biologicamente predisposto allo sviluppo di un disturbo
alimentare, è doppiamente a rischio, crescendo in una cultura
ossessionata con il dimagrimento per le donne e che dà rilievo alla
realizzazione e alla perfezione[1]. Inoltre l'influenza di un trauma
sessuale sembra essere più pregnante in pazienti bulimiche, poichè
utilizzano questa sintomatologia come mezzo per affrontare le difficoltà
emozionali connesse all'abuso (Lacey, 1986).[1] In uno degli articoli
analizzati, si è rilevato che soggetti con bulimia nervosa associata a un
disturbo di dipendenza da sostanze, hanno riportato percentuali più alte
di abuso sessuale rispetto agli altri gruppi[1]. Per di più all'interno
dei contributi di ricerca viene evidenziato come i livelli delle
credenze principali maladattive dei bulimici, fanno da mediazione nel
rapporto tra abuso sessuale e livelli maggiori di sintomatologia, e la
depressione e la dissociazione giocano un ruolo portante nel rapporto
credenza-abbuffate/vomito.
Tuttavia, nonostante la nosografia recente, in particolre il Manuale
Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell'American Psychiatric
Association, IV edizione, in cui i Disturbi Alimentari comprendono la
Bulimia Nervosa, l'Anoressia Nervosa e i Disturbi dell'Alimentazione N.A.S.,
sempre più autori, tra cui Recalcati (1998) preferiscono oggi parlare di
Posizione Anoressico-Bulimica. Infatti molti pazienti presentano una
commistione tra le due forme, passano da una forma all'altra, è presente
un identico terrore di ingrassare, e in entrambe i disturbi l'apparenza
estetica è determinante per lo stato psicologico.
Nello
specifico ho trattato l'aspetto psicopatologico dell'anoressia e della
bulimia.
L'anoressia
nervosa è stato argomento di interesse soprattutto sul versante
psicoanalitico, a partire dall'analisi dei primi studi di casi di isteria
trattati da Freud, che sembrano in realtà avere anche una sintomatologia
anoressica, per poi analizzare l'interpretazione che della stessa ci viene
fornita da A. Freud e da M. Klein, fino a considerare la letteratura
moderna sull'anoressia sviluppata da analisti statunitensi, che fa capo al
modello conflittuale e al modello deficitario di Kohut.
Per quanto riguarda l'eziopatogenesi sulla bulimia nervosa, va considerato
il contributo di Mintz (1988), che individua l'origine di punizione della
paziente bulimica, in una riserva di aggressività inconscia diretta verso
le figure genitoriali. Inoltre nelle bulimiche secondo Goodsitt (1983),
mancherebbe un oggetto transizionale, per aiutare la bambina a separarsi
dalla madre. Per di più i genitori di bambine destinate a divenire
bulimiche, si rapportano alle figlie, come se queste non fossero separate
da loro (Humprey, Stern, 1998; Strober, Humprey, 1987).
Andando ad analizzare le cause dei disturbi del comportamento alimentare,
bisogna sottolineare che sono complesse, dato che i DCA derivano
dall'azione combinata di numerosi fattori di rischio (individuali,
familiari e socioculturali) perpetuanti, e scatenanti[1], tra cui va
inserito l’abuso sessuale. Infatti la malattia si manifesta quando, in
presenza di fattori di rischio, sopraggiunge un fattore precipitante che
scatena la patologia; il persistere della malattia è infine dovuto alla
presenza di fattori perpetuanti che favoriscono il mantenimento della
patologia e ostacolano il processo di guarigione (Curi Novelli, 2004).
Per quanto riguarda l'abuso sessuale, bisogna considerare che esso si
manifesta, secondo Finkelhor (1996), attraverso quattro fasi:
sessualizzazione traumatica, tradimento, stigmatizzazione, senso di
impotenza. L'abuso sessuale viene definito come " il coinvolgimento
in pratiche sessuali di soggetti minori che, per ragioni di immaturità
psicoaffettiva e per condizioni di dipendenza verso gli adulti, non sono
ritenuti in grado di poter compiere scelte consapevoli e di possedere
un'adeguata consapevolezza del significato e del valore delle attitudini
sessuali in cui vengono da altri coinvolti"[1]. I principali
costrutti teorici nell’ambito dell’abuso sessuale sono: le teorie
psicodinamiche (teoria della seduzione di Freud, 1896), la teoria
dell’attaccamento (attaccamenti insicuri e disorganizzati, Cicchetti,
Barnett, 1991) e le teorie del disturbo post-traumatico da stress (Lindberger,
Distare, 1985).
Nel
tentativo di proporre un modello di cura per pazienti anoressico-bulimiche
nella fattispecie, che hanno subito un abuso sessuale, ho approfondito il
trattamento nel gruppo omogeneo. I gruppi omogenei possono essere formati
in base ad una diagnosi comune, ad un obiettivo specifico da conseguire,
oppure corrispondono ad una competenza specializzata del gruppo curante
(Corbella, Girelli, Marinelli, 2004)[1].
All'interno di un setting gruppale, l'idea di un approdo verso la
rinascita e la rigenerazione, pervade il desiderio di collegamento con le
altre partecipanti al gruppo, tanto da sognare a catena gli stessi sogni,
fare racconti e descrivere ricordi molto simili, ricercare nomi, oggetti,
caratteristiche del gruppo anche nella vita reale, perché non vi siano
fratture nella continuità del legame (Marinelli, 2004).
Per i pazienti che hanno subito un abuso sessuale, la terapia di gruppo
sembra risultare particolarmente indicata, principalmente perché
incoraggia la condivisione dei sentimenti circa l'abuso, insegna una
maggiore sicurezza personale e la prevenzione di un nuovo abuso, promuove
lo sviluppo di un sistema familiare più funzionale. Inoltre si affrontano
temi legati all'isolamento, al senso di perdita, alla rabbia, alla
socializzazione con le persone del proprio stesso sesso, all'immagine del
proprio corpo e all'educazione sessuale (Dèttore, Fuligni, 1999).
All’interno
del gruppo omogeneo è possibile individuare dei processi che
contribuiscono al transito progressivo da una condizione di tollerabile
confusione verso uno stadio più differenziante. Questo è reso possibile
dal susseguirsi di fasi evolutive del gruppo, che vanno da quella iniziale
e indistinta dello "Stato gruppale nascente", a quella della
"Comunità dei fratelli", fino alle attività di pensiero e di
auto-rappresentazione ("Semiosfera")[1] (Neri, 2003). Tra le
funzioni che permettono un simile mutamento vanno sicuramente considerate
le oscillazioni isomorfiche-omomorfiche[1], il mito dell'eterno
ritorno[1], l’idea di “socialità sincretica” importante per
contribuire alla formazione di un contenitore tollerabile e non
troppo estraneo al gruppo[1], e la funzione del sogno come
rappresentazione, elaborazione, espressione di ciò che accade nel mondo
interno e nella situazione analitica in cui la persona è impegnata (Marinelli,
2004).
Fra i modelli elaborati dalla psicoanalisi che possono favorire la
comprensione delle fenomenologie che si sviluppano in un gruppo di
pazienti anoressici e bulimici, bisogna valutare il modello del
"terrore della catastrofe" come "catastrofe già
avvenuta" (Marinelli, 2004), in cui si cerca di avvicinare elementi
precoci e fragili del sé che sono alla base del disturbo alimentare; il
concetto di Bion sul gruppo collegato con la mente sociale e con le
angosce di frammentazione e indifferenziazione, per cui tenderebbe a
sviluppare la fantasia di dar vita ad un nuovo organismo; l'idea di
rispecchiamento di Winnicott, Lacan, Kohut; la nozione di gruppo
pre-concepito dall'analista[1] e dell’analista a sua volta pre-concepito[1]
dal gruppo (Ibidem).
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