Aspetti
psicologici della Retinite Pigmentosa
Francesca
Ruiz
La
Retinite Pigmentosa (R.P.), è una patologia genetica degenerativa
altamente invalidante, che ha grosse ripercussioni sociali e di relazione
da parte dell’interessato e/o di chi gli si trova vicino, sia esso
parente, amico o conoscente.Quando questa malattia emerge nell’infanzia,
diviene fondamentale il ruolo dei genitori, i quali devono riuscire ad
accettare loro stessi la patologia per poi far condurre una vita
“normale” al loro figlio senza farlo sentire differente dagli altri.
Questa non è una cosa semplice da attuare, infatti spesso la normale
attenzione dei genitori nei confronti dei loro figli, ancor di più se
affetti da R.P., si trasforma in iperprotettività mettendoli in una sorta
di “gabbia dorata” e non favorendo la socializzazione di questi con i
loro coetanei; tutto questo si ripercuote negativamente al momento in cui
questi dovranno affrontare da soli le difficoltà della vita trovandosi
improvvisamente “diversi” dagli altri, cadendo molto spesso nella
depressione. Atteggiamento di altri genitori, può essere quello di
nascondere al figlio la patologia fin quando questo non cresce e capita
che lo venga a scoprire da solo e ciò avviene quando egli si trova nella
fase adolescenziale, fase già difficile di per sé, dove il giovane perde
la fiducia nei confronti dei genitori a causa del fatto che gli hanno
nascosto la patologia.
Altra situazione, è quando la R.P. viene diagnosticata in età più
avanzata. Qui si può notare la differenza tra chi è cieco fin dalla
nascita, il quale pur rendendosi conto che esiste una percezione
sensoriale a lui sconosciuta, non vive questa mancanza come una privazione
affrontando la sua vita sociale e relazionale nella più totale
“normalità”. La diagnosi di R.P. fatta ad un adulto, anche con un
buon residuo visivo, suona come una sorta di condanna alla cecità senza
possibilità di appello. L’impatto con questa nuova realtà, può
produrre atteggiamenti che vanno dalla depressione all’isolamento,
all’abbandono del posto di lavoro e addirittura alla rottura di legami
affettivi consolidati in precedenza, mentre all’opposto può provocare
la negazione della patologia facendo finta di niente, mettendo a rischio
se stesso e gli altri ad esempio continuando a guidare l’automobile. Non
mancano le persone che si aggrappano ad illusioni, ricorrendo a numerosi
viaggi della speranza, illudendosi di trovare soluzioni al problema,
invece questi sono fonti di delusioni continue, portando la persona ogni
volta ad un senso di frustrazione sempre più accentuato. La
vita psicologica del retinopatico è scadenzata da alcune situazioni che
gli ricordano il suo handicap, alcuni di questi momenti critici possono
essere quando ad esempio, nella fase adolescenziale, non esce la sera con
gli amici perché si vergogna di chiedere il posto più illuminato in
pizzeria, o di farsi aiutare all’entrata del cinema, ecc.; mentre nella
fase adulta questi momenti li possiamo individuare quando smette di
guidare, quando non riesce più a leggere, quando arriva il momento di
essere accompagnato nei suoi spostamenti, ecc.. Queste situazioni,
possono condizionare fortemente la vita di relazione del soggetto con gli
altri, creandogli, in alcuni casi, un isolamento dal mondo esterno, e
quindi ciascuno di questi momenti può essere la scintilla scatenante
dell’insorgenza della depressione.Altro problema è quello dei familiari
di quest’ultimo, i quali possono rapportarsi alla patologia del
congiunto in modi differenti; infatti anche nel caso dei parenti o amici,
ci sono comportamenti che vanno dall’iperprotettività, tipico dei
genitori, al rifiuto della patologia, avendo raramente un approccio
corretto e bilanciato con le situazioni che si vengono a creare.
La scoperta della R.P. è sempre e comunque un trauma per tutto il nucleo
familiare. La presenza di uno psicologo al momento della diagnosi può
aiutare sia l’interessato che i suoi familiari a superare lo shock
iniziale. Inoltre, lo psicoterapeuta può aiutare il nucleo familiare
quando compaiono le problematiche di vita quotidiana sopra esposte.
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