OBESITA'
, ANORESSIA, BULIMIA: FACCE DIVERSE DI UN DISAGIO PSICOSOCIALE.
COME
POSSONO I PENSIERI FAR INGRASSARE O DIMAGRIRE?
di
Barbara Rossi
Si parla di obesità
quando il sovrappeso supera di almeno il 20% il peso normale. Nella società
moderna è sempre più frequente vedere persone che superano
abbondantemente il loro peso forma, basti pensare agli Stati Uniti, dove
lo slogan "grasso è bello" fa da triste consolazione a
statistiche preoccupanti sulla diffusione del fenomeno. Non si tratta
infatti solamente di un problema estetico, ma piuttosto di una vera e
propria malattia, che se non viene curata può danneggiare cuore, arterie
(soprattutto cerebrali), fegato, articolazioni, sistema endocrino e
respiratorio. Le conseguenze sono pesanti: aumenta fino al 70% rispetto
alla popolazione normale, il rischio di contrarre malattie come il diabete
e la gotta, o di subire un infarto miocardico, di avere un ictus
cerebrale, o lesioni articolari per il sovraccarico di peso. Ci rendiamo
conto che queste notizie possono spaventare qualcuno, o sembrare eccessive
esagerazioni per altri. Non vogliamo fare né allarmismo, né rovinare il
sapore della cena al buongustaio, ma solo evidenziare che l'obesità può
diventare un problema serio. Purtroppo, spesso trascuriamo ciò che
sappiamo positivo e salutare per noi, e allo stesso tempo non evitiamo le
cattive abitudini. Il paradosso è che coloro che dovrebbero maggiormente
ridurre il loro sovrappeso, cioè le donne in menopausa e gli uomini di età
matura, non se ne curano, considerandolo solo un inestetismo, mentre i
giovani possono problematizzare a tal punto la questione della loro
immagine da farsene un'ossessione. Iniziano così le "diete fai da
te", con perdita - aumento continuo di peso, cosa che aggrava il
problema obesità su un piano strutturale, con diminuzione della massa
proteica. Quali le cause? Si tratta sicuramente di un fenomeno dove le
cause genetiche ed ambientali si intrecciano e si avvitano con modalità
complesse, che coinvolgono aspetti sociali, fattori familiari, abitudini
di vita, motivazioni psicologiche, stress situazionali, ecc. Sul piano
psicologico, va evidenziata la confusione tra bisogni diversi, dove
stanchezza, malessere ed altre esigenze vengono erroneamente sedate con il
cibo, come se l'alimentazione potesse soddisfare ogni bisogno. Il cibo è
associato infatti a sensazioni di sicurezza, soddisfazione, amore e
piacere. Vanno ricordate le cattive abitudini familiari, per cui la madre
impara a rispondere col cibo ad ogni pianto del bambino. Oppure le
reazioni individuali agli stress, per cui mangiare può compensare una
affettività repressa, sostituire un'aggressività che non può essere
espressa, consolare le piccole delusioni, fino a placare l'angoscia o la
depressione. Su un piano sociale, è interessante evidenziare le
differenze tra diverse culture. Se pensiamo alle civiltà orientali,
storicamente sottoposte a lunghi periodi di povertà e carestia, possiamo
trovare come perfetta rappresentazione del benessere e della felicità
immagini come quella del Buddha, col suo aspetto solido e solenne. Al
contrario, nella società occidentale, caratterizzata dall'abbondanza e
dalla ricchezza di ogni bene, l'immagine della perfezione è associata
alla magrezza, che contiene messaggi fuorvianti e ambigui, quali l'invito
all'anoressia. Il Buddha, inoltre, è una trasfigurazione positiva della
religione, "un grasso dell'animo", mentre il magro del corpo
nella nostra società laica d'oggi è privo di connotazioni valoriali.
Fino al dopo guerra il magro e il grasso avevano però significati diversi
anche nel nostro vivere quotidiano: l'abbondanza era associata a un vero
benessere, in contrasto con la fame sofferta negli anni precedenti. La
modernizzazione nella nostra società ha portato ad abitudini nocive e
talvolta autolesive. La terapia, viste le cause multifattoriali, deve
prevedere un trattamento multidisciplinare integrato, includendo un
dietologo, uno psicoterapeuta, un medico, nonché un aumento dell'attività
fisica. La terapia farmacologica può essere un aiuto temporaneo, un
facilitatore, che certo non può cambiare le abitudini e i
"pensieri" che fanno ingrassare. Va segnalato inoltre
l'importanza di un'attività di terapia gruppale, che permette ai singoli
di confrontarsi con altre persone aventi lo stesso problema, e che può
dare un sostegno al progetto individuale, alleviando il peso dei sensi di
colpa e l'ansia connessa al difficile compito di modificare abitudini
amate/odiate. Un compito difficile ma possibile.
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