PROSTITUZIONE
OGGI ALCUNI CENNI DI UN FENOMENO ASSAI COMPLESSO
di Barbara Rossi
Parlare
di prostituzione oggi significa azzardare e semplificare molto. Innanzitutto
è un togliere il velo dell’omertà, dire ciò che non si può dire,
perché sta diventando sempre più difficile parlare di gruppi marginali,
devianti, portatori di una certa “insicurezza”; in secondo luogo è un
osservare ciò che non si deve vedere, ciò che la pulizia sociale delle
piazze dovrebbe aver bandito e forse risolto, una trasgressione al famoso
detto “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, ciò che non si vede
non preoccupa, forse non esiste; in terzo luogo è un occuparsi di ciò
che non ha senso, di ciò che non è meritevole di attenzione, di ciò che
non è produttivo, fuori dal sistema. Sullo sfondo si legge il giudizio e
la colpevolizzazione per quella che sembra essere solo una scelta e non un
problema di disagio sociale, dalle caratteristiche multidimensionali,
tutto da comprendere ancora nelle sue trasformazioni. E’
difficile quindi, per questi motivi, descrivere un fenomeno di questo
tipo; sappiamo che coinvolge donne, uomini, transessuali e ci auguriamo
non i bambini, come accade in alcuni Paesi stranieri, fatto comunque che
richiederebbe un’analisi a parte. Là
dove tutto è andato perso, non vale più la pena nulla. Un
fattore spesso presente è la tossicodipendenza. Sappiamo che i
tossicodipendenti utilizzano questa attività per procurarsi il denaro e
poter così acquistare sostanze stupefacenti, vivendo sulla propria pelle
poi le conseguenze associate alla dipendenza, tra cui le malattie,
l’ulteriore stress psicofisico, il rinforzare l’anestesia emozionale,
ovvero “un mettere il dito nella piaga, allargando la ferita”. Alcune
sex workers sviluppano invece sintomi psicologici acuti e disturbi
psichiatrici: la distanza dai Paesi di origine, le violenze cui sono
sottoposte, la fatica del lavoro in strada, spesso nelle persone più
fragili accelerano processi di disorganizzazione e degenerazione. “L’alcol
l’ho provato… mi faceva un attimo dimenticare… dicevano che ti
faceva stare calda in strada ma non era vero…..dopo ti faceva stare male
tantissimo.. quando andavi con un cliente non capivi niente.. non mi
faceva rendere conto di quel che succedeva…pensi che rischi oggi, rischi
domani…almeno con il Martini pensi di stare bene… ma dopo rischi di più..
e ho smesso..però poi...” Questo
“surfismo“ del consumo, ovvero il passaggio da una dipendenza
all’altra, collezionando problemi, traumi, stress e altro, unita alla
difficoltà di chiedere aiuto, rende difficile elaborare una strategia
curativa. Un
accenno anche ai clienti della strada. Si
dice spesso che il sesso con una prostituta è un sesso senza amore, poco
impegnativo perché ciò che viene messo in gioco è solo il denaro. Poco
si sa sulle clienti al femminile, forse perché anche culturalmente si
tratta di un tabu’. Benché
questo scorcio sul mondo della prostituzione non possa essere affatto
esaustivo, credo che apra molte domande sulle relazioni, sulla difficoltà
delle persone di vivere ed esserci in una relazione affettivamente
importante, godendosi le emozioni connesse, anziché puntare solo
sull’essere all’altezza di determinate prestazioni. Che relazione è,
infatti, quella in cui la donna ritiene più importante il suo ruolo di
casalinga che di compagna, e l’uomo il suo ruolo di lavoratore più
importante di quello di partner? Ovviamente,
conciliare le molteplici funzioni che abbiamo in questa società è
tutt’altro che semplice, ma è già un passo importante il provarci!
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