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Università degli Studi di Urbino

Corso di laurea in Psicologia

Cattedra di Psicologia delle Dipendenze Patologiche

 

“Realtà virtuali e identità soggettiva: fra nuovi mondi e psicopatologia del Sé.”

Studio clinico e approcci terapeutici.

 

Prof. Moreno Marcucci

Dott. Giuseppe Lavenia

  

 

Introduzione

La diffusione delle nuove tecnologie sta modificando in breve tempo le nostre abitudini e le modalità d’intendere i processi di comunicazione. I nostri parametri spazio temporali mutano continuamente in relazione al costante aggiornamento delle nuove tecnologie e con esse si modifica sempre più il nostro sistema di comunicazione con gli “altri significativi”. In passato scrivere una lettera richiedeva tempi lunghi, talvolta non si era neanche sicuri che il destinatario l’avesse ricevuta. Questa estate durante le ferie estive mi sono trovato, per altro con piacere, a scrivere delle cartoline, cercare  francobolli o la buca delle lettere. Mi sono sentito un “cavernicolo” ormai  ampiamente abituato  a comunicare attraverso la posta elettronica e le chat-line.La tecnologia modifica le nostre abitudini e la nostra vita, ma a fronte degli innumerevoli vantaggi apportati dall’applicazione di queste nuove tecniche iniziano a manifestarsi “situazioni particolari” definite da alcuni autori come psicotecnologie.L’utilizzo delle nuove apparecchiature interagisce con il nostro apparato psichico e per la prima volta nella storia del genere umano, l’uomo ha ideato un dispositivo che lo costringe a adeguarsi al “suo” modo di “ pensare”; l’utilizzo del personal computer richiede un reale adattamento mentale al suo funzionamento e di conseguenza spinge il soggetto a adeguare le proprie funzioni cognitive al funzionamento della macchina. Alcuni studiosi statunitensi hanno evidenziato un cambiamento nelle modalità di comunicazione del linguaggio parlato degli adolescenti in relazione all’uso dell’informatica.  Sempre più spesso questi adolescenti terminano le frasi in tono crescente e lievemente dubitativo, come per suggerire che tutto quanto dicono sia una domanda più che un’affermazione (fenomeno battezzato come upspeak). La natura  condizionale e aperta di questo nuovo modo di parlare sembra suggerire che i pensieri di ciascuno, per avere un senso ed essere convalidati, debbano essere sempre collegati alle relazioni altrui.C’è apparso quindi indispensabile analizzare le modificazioni che si verificano  nella psiche umana in rapporto con l’ormai totale diffusione della rete e,  per quanto riguarda noi operatori delle salute mentale, il possibile approccio per quei fenomeni psicopatologici riuniti nella sigla di IAD (Internet Addiction Disorder) che sempre più frequentemente si manifestano nella pratica clinica.

Elementi di psicopatologia.

L’utilizzo della rete e delle varie applicazioni è in grado di determinare un ampliamento ed una errata percezione dei confini del Sé. Presi nel vortice dei rapporti sociali, dividiamo disperatamente la nostra limitata attenzione, concedendo frammenti della nostra coscienza a ogni cosa o persona che richieda il nostro tempo. Nel farlo, rischiamo di perderci pian piano nella rete labirintica di connessioni mutevoli e temporanee in cui siamo sempre più integrati. Gergen scrive: “Questa frammentazione della percezione di sé corrisponde a una molteplicità di relazioni incoerenti e fra loro sconnesse. Queste relazioni ci spingono in una miriade di direzioni, invitandoci a interpretare una varietà di ruoli tale da far sfumare il concetto stesso di sé autentico, dotato di caratteristiche conoscibili. Il sé completamente  saturato diventa un non sé.D’altro canto la mancanza di una reale presenza fisica e l’impossibilità di poter accedere a tutta una serie di messaggi non verbali ai quali siamo abituati nelle relazioni interpersonali diminuisce la possibilità di accesso a tutta una serie d’informazioni fondamentali nell’interazione tra due individui. Questi due fenomeni appena descritti sono alla base di sensazioni d’onnipotenza legate all’uso di Internet e ai vissuti di depersonalizzazione spesso descritti nelle situazioni di grave intossicazione. Elemento fondamentale per comprendere le dinamiche legate alla dipendenza da Internet è il fenomeno della “distorsione del tempo” prodotta dalle chat. La comunicazione in chat possiede “l'interattività” che le permette di essere assimilata alle altre forme di comunicazione verbale. Ciò porta istintivamente a confrontarla con esse e a considerare come unità di misura del tempo il volume di informazioni trasmesse e ricevute.  Purtroppo nonostante l'interattività, la chat è comunque più lenta di una comunicazione verbale, per cui alla fine di una conversazione in cui ci si sono scambiate "tot" informazioni il tempo trascorso sarà molto maggiore di quanto sarebbe stato se la comunicazione fosse avvenuta a voce. Questo però viene percepito solo successivamente quando controllando l'orologio si vede che, come sempre, si è stati in chat molto più tempo di quanto non ci si era prefissati. Non è solo la chat a possedere questa peculiarità ma a nostro avviso tutta la struttura del net, sebbene con forme diverse, amplifica il problema tempo. Fra tutti ricordiamo l’ipertesto, elemento fondamentale della rete, costituito da  una serie infinita di  collegamenti  che ci portano a navigare  per  ore  e  ore  ricercando e reperendo una quantità così vasta d’informazioni che la mente umana non può “contenere” e rendendo in questo modo il nostro “viaggio” vano.Problematica psicopatologica legata alla distorsione del tempo è l’alterazione spazio temporale prodotta nel soggetto che rimane collegato per molte ore, talvolta per giorni, in internet. Alcuni pazienti vanno incontro ad un’ inversione del ritmo sonno veglia e a veri e propri stati deliranti in rapporto al costante utilizzo della rete,  questi sono i casi di M e di G.

Esperienze Cliniche

M., 22 anni, universitario, domiciliato a Latina, nel test (che tratteremo in seguito) ha ottenuto un punteggio di 122/125; dall’anamnesi non sono emersi problemi psicopatologici rilevanti; M. più passava il tempo più aumentava  progressivamente le ore passate on-line; diceva di essere ossessionato dai download; per accelerare tale processo, era dovuto ricorrere ad un cambio di abbonamento, passando da una normale linea 56K, ad una velocissima ADSL; tale passaggio comportava dei costi abbastanza proibitivi, che era riuscito a sostenere evitando l’acquisto di libri di testo, fondamentali per proseguire nei suoi studi accademici;causa scatenante i suoi disturbi probabilmente è stata l’annunciata chiusura del suo programma preferito per lo scambio di file multimediali: Napster. Marco è rimasto 36 ore senza mai “staccare”, per cercare di sfruttare al meglio il tempo rimasto fino alla chiusura del famigerato sito. Superate le 36 ore, si sono verificati nel soggetto in questione, tremori, sudorazione profusa, tachicardia, prosopoagnosia. Tali disturbi sono regrediti spontaneamente in un periodo di 48 ore.Oltre  a  questa  sintomatologia   eclatante, Marco  riferiva  alcuni  deficit relazionali che erano sempre facilmente riconducibili all’uso del computer (era stato lasciato dalla ragazza, si sentiva ignorato da gran parte dei suoi amici e non comprendeva il perché).G. ha attualmente 23 anni, da sei ha abbandonato gli studi in conseguenza di un episodio psicotico che lo ha costretto ad un ricovero obbligatorio durato più di due settimane in rapporto ad alterazioni del corso del pensiero a carattere delirante e grave alterazione del proprio vissuto corporeo: sente di essere diventato fisicamente come sua madre alla quale ha sempre assomigliato di carattere.Dopo il ricovero M. viene da me seguito con terapia farmacologica nl  e colloqui di psicoterapia individuale associati a incontri di psicoterapia famigliare.Segue un nuovo peggioramento della sintomatologia clinica che lo porta a rimanere sempre più chiuso in casa; isolato anche dagli ultimi amici, inizia a collegarsi ad Internet.M. inizia a modificare tutti i suoi orari di vita, rimane alzato tutta la notte per rimanere connesso e va a dormire alle 6/7 del mattino quando gli altri famigliari si alzano.

Psicotecnologie Deliranti

M. Rossi Monti nel suo saggio “Tecnologia del delirio”[1]ci fa notare come sia cosa  nota in psicopatologia  la presenza di macchine e di automatismi meccanici influenzanti il corso del pensiero. Da sempre esiste un sottile collegamento fra il pensiero dell’ uomo e la macchina e continuamente attraverso lo strumento-macchina l’uomo cerca di controllare e ordinare la natura.Si può ipotizzare che più elevata sarà l’insicurezza del soggetto maggiormente aumenterà la necessità di controllare i propri pensieri e quindi più grande sarà la necessità di trovare nel mondo esterno degli elementi e dei comportamenti che possano permettere il contenimento dei sentimenti angoscianti impedendo lo scinvolamento verso l’ angoscia psicotica di frammentazione.Ecco forse spiegato il boom delle nuove tecnologie comunicative (sms e chat fra tutti) che permettono il “facile e indolore”  ingresso in altri mondi all’interno dei quali non c’ è bisogno di definirsi o di strutturare relazioni stabili come nel mondo reale.All’apertura di “nuove terre” corrisponde però la chiusura in un mondo personale alienato, nel quale le relazioni affettive e la realizzazione personale diventano sempre più periferiche (fenomeno questo comune nei soggetti dipendenti da sostanze).Stiamo cercando di orientare la vostra attenzione non solo sulla psicopatologia prodotta dalla rete ma  sui comportamenti che sono alla base di tutte le nuove forme di dipendenza. Quale relazione esiste fra i nostri atteggiamenti quotidiani, mossi  dall’iniziativa individuale e la realizzazione personale e il rischio di sviluppare processi di dipendenza da quegli stessi comportamenti? Esiste una correlazione fra la continua ricerca della realizzazione personale attraverso il benessere economico e il notevole aumento di disturbi psicopatologici che analizziamo quotidianamente?. Basti pensare ai disturbi dell’ umore che sono diventati una presenza costante per buona parte della popolazione che oramai non ci si meraviglia neanche più di essere depressi. Il sociologo francese Ehrenberg in “ La fatica di essere se stessi” diceva “la depressione nell’età moderna minaccia l’individuo come il senso di colpa insidia l’uomo lacero dal conflitto o, ancora prima, il peccato incalza l’anima rivolta a Dio.La depressione può essere vista  quindi come la mancanza di un oggetto perduto ma che nella nostra  società non è mai possibile raggiungere e conoscere in quanto non si sa mai quando si è realizzato qualcosa di importante o quando ci si può sentire contenti di ciò che si è prodotto. Se la depressione è legata al desiderio e alla ricerca di un oggetto perduto e non ritrovato la dipendenza ne è la sua controparte. In essa il soggetto cerca di rimanere strettamente legato a ciò che percepisce come fondamentale per la sua vita: “ La dipendenza stà alla liberazione psichica come la follia   stava un tempo alla legge della ragione: un sé che non è mai abbastanza sé stesso.” Quindi se l’aspirazione ad essere sé stessi conduce alla depressione, la depressione conduce alla dipendenza , quale nostalgia dell’ oggetto perduto.Crediamo che tutti queste ipotesi, in parte descritte, siano fondamentali nell’ approccio ai disturbi della dipendenza da Internet e forniscono maggior importanza al contesto nello sviluppo della psicopatologia.

APPROCCIO PSICOTERAPEUTICO NELLA DIPENDENZA DA INTERNET

L’approccio da noi utilizzato prende origine da una visione teorica legata al costruttivismo sistemico; la sintomatologia del soggetto si definisce in rapporto ai fenomeni intrapsichici definiti nel contesto in cui si producono.Internet rappresenta uno strumento che conduce il soggetto in un mondo virtuale nel quale i contatti con la realtà diventano sempre più evanescenti e periferici. La nostra identità si sviluppa su un piano fenomenologico nell’interazione sociale in cui  siamo protagonisti strutturando costantemente il nostro sé. Trasportati nel mondo virtuale il nostro sé deve mantenere la sua coesione integrando nel contempo le informazioni che provengono dalla Rete. A questo proposito ci è apparso opportuno e attinente richiamare  il pensiero di G. Bateson  in cui si ipotizza che l’alcolista è sano nelle fasi “bagnate”; difatti  nelle fasi asciutte è così pieno di problematiche ed incapace di riuscire ad affrontarle che costantemente evade dal proprio mondo utilizzando la sostanza. L’utilizzo della sostanza serve sia a contenere i gravi stati d’ansia prodotti dalla vita quotidiana sia come risposta inadeguata ad un mondo vissuto come “aggressivo” e “indifferente alle loro problematiche. Riadattando l’ipotesi batesoniana al nostro lavoro sarebbe opportuno chiedersi se l’utilizzo sempre più sfrenato della Rete non abbia una qualche “connessione” con i modelli di vita sviluppati nei paesi occidentali.

Metodologia d’intervento

Il nostro intervento parte da una valutazione clinica del livello di coinvolgimento raggiunto con la rete (tramite l’ausilio dell’ITT), da una attenta analisi della qualità della vita affettiva del soggetto e dalla sua integrazione sociale precedente lo sviluppo del quadro psicopatologico. Alcuni casi della nostra esperienza hanno evidenziato come l’aumento del tempo trascorso in rete sia aumentato in maniera eccessiva tale da produrre un danno nella qualità di vita del soggetto in rapporto  ad un precedente evento traumatico che l’individuo ha vissuto e che non è stato in grado di “rielaborare” per la sua importanza. L’ intervento  psicoterapeutico è strutturato su degli incontri individuali orientati all’analisi relazionale-sistemica della propria vita associati ad incontri di psicoterapia famigliare o di coppia a seconda delle situazioni. L’obbiettivo degli incontri individuali è primariamente orientato a far conoscer al soggetto i propri meccanismi di funzionamento mentale in relazione alle modalità di legame affettivo vissute durante l’infanzia e attualmente riprodotte nelle relazioni. In alcuni casi è stato somministriamo l’Adult Attachment Interview al fine di riuscire ad accedere ai ricordi più lontani del soggetto. L’ utilizzo della A.A.I. è risultato un ottimo strumento per aiutare i soggetti ad accedere a ricordi passati e alle esperienze emotive ad essi collegati, fornendoci inoltre utili informazioni sullo stile di attaccamento dell’ individuo.Anche se,  uno studio dettagliato sugli stili di attaccamento che caratterizzano i soggetti dipendenti dalla rete non è stato ancora svolto dalle nostre esperienze cliniche è emersa una prevalenza di stili evitanti che tendono a soffrire molto nelle relazioni interpersonali e che preferiscono mediare le relazioni esterne attraverso attività pratiche o strumenti che gli permettono di sentirsi protetti.Questa ipotesi è in accordo con la possibile presenza di tratti schizoidi come struttura di personalità predisponente la IAD vera e propria.Il secondo passo, o meglio il secondo obbiettivo del nostro intervento terapeutico è cercare di giungere prima possibile al coinvolgimento di altri famigliari significativi attraverso i quali il soggetto elaborerà le problematiche irrisolte. Purtroppo,  coinvolgere altre figure significative non sempre risulta cosa facile; il dipendente da internet è piuttosto reticente nel chiedere aiuto per le proprie difficoltà poiché difficilmente vive come problematici i propri comportamenti (o meglio, difficilmente riuscirà ad ammettere che un mezzo tecnologico che tutti ammirano per le grandi potenzialità possa far male!). Per di più l’utilizzo della rete “chiude” maggiormente il soggetto in un mondo personale nel quale la presenza dell’altro come “persona completa” è sempre più periferica.


IL CASO DI D.

D. si presenta in consultazione  a 23 anni ,evidenzia aspetti depressivi legati a suo dire ad un precedente contatto con una ragazza conosciuta in chat con la quale si è poi incontrato ed ha avuto un  rapporto sessuale. Successivamente D. ha cercato di ricontattare la giovane senza però riuscirci. D. è figlio unico, universitario ma con scarsi risultati.Nei colloqui successivi D. inizia a raccontare la precedente relazione sentimentale con una ragazza con la quale sperava di poter andare a convivere.Il rapporto successivamente si è interrotto e D. ha iniziato a trascorrere sempre più tempo in chat cercando chiaramente di trovare una figura femminile sostitutiva.Si può ben osservare la presenza di un trauma affettivo che ha compromesso i progetti di svincolo di D. dalla famiglia di origine (tossicodipendenza di tipo A di Cancrini).Elaborando con D. la depressione attribuita alla relazione in chat riusciamo a dare la giusta  importanza al precedente trauma affettivo e ad interpretare, sia pur con molte difficoltà, come  la fugace storia sessuale  abbia rappresentato il parafulmine di un problema non elaborato.Durante i colloqui emerge una difficile situazione relazionale con i genitori; la famiglia è costituita dal padre, la madre e il nonno materno che abita nella loro casa.La nonna paterna abita nell’appartamento di fronte ed entrambi i genitori sono figli unici come lui. Convocati a colloquio entrambi i genitori risultano” ipercoinvolti” con i propri genitori d’origine, i nonni di D., ed entrambi hanno rinunciato al proprio processo di svincolo per rimanere legati alle rispettive figure genitoriali. Madre e padre sono “terrorizzati” dall’idea che  D.  possa allontanarsi da casa; D.,  ha un buon rapporto con entrambi i nonni e nei periodi di assenza dei genitori si prende cura di loro.   Dopo alcuni incontri con i genitori alternati a degli incontri individuali D. inizia a comprendere le difficoltà di svincolo dalla famiglia di origine e l’impossibilità di essere aiutato dai propri genitori che non hanno mai elaborato la loro autonomia.Alcuni mesi dopo D. ha ripreso la frequenza universitaria in una città diversa dalla residenza della famiglia di origine ed ha iniziato ad elaborare in maniera diversa le relazioni con le figure femminile. Durante l’estate ha cominciato un’attività lavorativa saltuaria ed ha ripreso l’attività sportiva; l’utilizzo della rete è divenuto periferico e oramai trascorrono  giorni senza che D. accenda il computer.

 

LA RICERCA EPIDEMIOLOGICA

Abbiamo ritenuto opportuno, come primo passo per la buona riuscita dello studio, realizzare un test, l’Internet Trap Test (I.T.T.)[2],  che ci permettesse di verificare il grado d’intossicazione raggiunto dai soggetti nei confronti della nuova tecnologia Internet. Nella costruzione degli item del test e del “colloquio pilota”sono state considerate tre dimensioni teoriche ed alcuni elementi specifici per ognuna di esse:

-         Dipendenza: tolleranza, abuso, astinenza, impatto sulla vita reale (relazioni, salute, lavoro, abitudini).

-         Tratto[3] impulsivo: abbiamo preferito indagare questo punto poiché, dai numerosi colloqui effettuati, è emerso che il net-dipendente, e in generale buona parte degli utenti da noi valutati,  tendono a scaricare su internet  malumori, frustrazioni e depressioni. L’azione impulsiva appare loro gratificante ma malauguratamente tale appagamento è patologicamente distorto poiché denuncia l’incapacità del soggetto a sopportare tensioni e frustrazioni.

-         Tratto[4] schizoide: interessi e passatempi, qualità delle relazioni personali, espressività, emotività, rapporto con il sesso. Grande importanza è stata data alla valutazione dei loro divertimenti che di solito tendono ad aumentare lo stato di isolamento dalle altre persone. I soggetti con questo tratto mostrano, infatti, un particolare interessate alle cose, agli oggetti e alle macchine. Ne sono derivate tre scale, la prima consente al terapeuta di evidenziare il grado di dipendenza raggiunto, mentre le restanti due evidenziano la possibile predisposizione  psicologica che è alla base della net-dipendenza.

1.      SCALA della DIPENDENZA (SD): evidenzia i sintomi ed i comportamenti della dipendenza, tra cui tolleranza (aumento progressivo del tempo di connessione), astinenza, ipercoinvolgimento, impatto sulla vita reale.

2.      SCALA dell’IMPULSIVITA’(SI): rileva frustrazioni, aggressività, rimorsi e pentimenti, relazioni sociali.

3.      SCALA SCHIZOIDE (SH): . mette in evidenza la difficoltà da parte dei soggetti di formare relazioni sociali stabili, la loro tendenza ad essere individui “solitari” e la loro inclinazione ad integrarsi in gruppi.

Il passaggio successivo è stato caratterizzato dalla costruzione di un “colloquio pilota” costruito sulla base delle nostre dimensioni teoriche. Il colloquio ci permette di ottenere informazioni dettagliate in merito alle caratteristiche socio-culturali, alla personalità, alla presenza attuale o passata di patologie medico-psichiatriche nel soggetto. Tramite il colloquio si indagano accuratamente le risposte relative alla SI e alla SH cercando un confronto tra il responso fornitoci dal test e le risposte ottenute durante l’incontro.Adottando tale metodologia sono stati valutati 500 soggetti italiani, 350 uomini e 150 donne, d’età compresa tra i 18 e i 45 anni sparsi in tutto il territorio nazionale e reperiti grazie alla collaborazione d’Internet Point e Biblioteche Multimediali. L’analisi qualitativa dei risultati grezzi evidenzia differenze significative nei processi psicologici messi in atto dai tre gruppi problematici:

• Il gruppo degli utenti a rischio (22%) presenta un vissuto di curiosità nei confronti delle opportunità offerte dalla rete. Questo stadio, simile alla fase di luna di miele  dell’eroinomane, porta a vedere solo gli aspetti positivi del mezzo tecnologico incoraggiandone l’utilizzo. Tendono ad osservare ed apprendere come muoversi in questo nuovo mondo, custodiscono gelosamente ogni nuova conquista e  si costruiscono una nuova identità. I soggetti appartenenti a questo gruppo evidenziano[5] gravi sentimenti di frustrazione e inutilità in ambito lavorativo e/o familiare tendendo ad utilizzare il mezzo internet per “scaricare” la propria insoddisfazione. La “scarica” nella maggior parte dei casi la si ottiene sottoforma di appagamento a carattere sessuale. L’utente in questa fase  sostituisce il mondo reale con un oggetto artificioso, quasi una sorta di “feticismo tecnologico”, con il quale riesce a costruire un proprio mondo dove finalmente è accettato e compreso.  Gli “utenti a rischio” presentano un punteggio elevato nella valutazione del tratto impulsivo  mentre  è  “contenuto” il tratto schizoide.
 

• Il gruppo degli utenti abusatori (29%) manifesta delle caratteristiche analoghe ai soggetti assidui utilizzatori di oppiacei: gravi problemi nelle relazioni affettive, importanti problematiche lavorative legate all’utilizzo della rete, problematiche psicofisiche ( problemi visivi, alterazione del ritmo circadiano, disturbi nelle condotte alimentari, ecc). Il tratto schizoide in questo gruppo raggiunge il livello massimo conseguibile attraverso l’internet Trap Test. Questa peculiarità nell’abusatore  “amplifica” il senso d’isolamento  nella vita reale ma  permette ai soggetti, “trincerandosi” dietro lo schermo del computer, di controllare nel “loro nuovo mondo virtuale” le relazioni sociali che tanto gli preoccupavano in passato. Una sorta di meccanismo di difesa che, come spesso accade,  porta ad un peggioramento e ad una cronicizzazione dei sintomi trascinando in breve tempo questi soggetti a far parte della categoria “addicted”.Per cercare di comprendere meglio le motivazioni del net-abusatore, abbiamo riadattato e traslato nella nostra ricerca il concetto di automedicazione del prof. Cancrini. Secondo l’illustre studioso  le risposte che il dipendente riceve dal proprio ambiente sono vissute come insufficienti e, proprio per questo motivo, il soggetto cerca di curare se stesso ricorrendo alla droga. I risultai ottenuti e le numerose esperienze cliniche sembrano concordare con l’ipotesi di Cancrini. Potremmo, dunque, affermare che la dipendenza da Internet ha come scopo latente quello di automedicare un vissuto di relazioni sociali viste come insufficienti e o inadatte? Risposte definitive non se ne possono certamente dare ma è senza dubbio   una peculiarità della Rete quella di possedere caratteristiche allettanti in particolare per quei soggetti con bassa autostima o con difficoltà relazionali: la dimensione dell’anonimato, che favorisce la disinibizione, la possibilità di trovare supporto sociale on-line e di creare identità parallele a quella reale, possono facilmente rappresentare fattori di rischio per lo sviluppo di una vera e propria dipendenza dalla rete.

• Il gruppo degli utenti dipendenti (11%) presenta aspetti psicopatologici più gravi; in alcuni casi disturbi dissociativi, allucinazioni semplici visive, prosopoagnosia, ipertermie, tremori. Elemento caratterizzante il dipendente è la presenza di precedente diagnosi psichiatrica caratterizzata spesso da disturbi della sfera sessuale e dell’umore. I soggetti valutati come dipendenti  tendono a prolungare i tempi di collegamento prefissati, spendono grandi quantità di tempo nella ricerca del materiale da utilizzare in rete, utilizzano incessantemente la rete per ottenere appagamento sessuale, interrompono  o riducono importanti attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell’utilizzo d’internet; utilizzano in maniera continua il “net” nonostante la consapevolezza di avere un problema sociale, psichico o fisica collegato ad esso. Presentano inoltre tratti schizoidi che, a nostro avviso, “amplificano” e ”cronicizzano”  il senso d’isolamento che pervade i soggetti “addicted” nella vita di tutti i giorni.

 

BIBLIOGRAFIA

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[1] V. Carretti, La Barbera “Psicopatologia delle realtà virtuali. Comunicazione, identità e relazione nell'era digitale”, Masson, Milano, 2001;

 

[2] Internet Addiction Disorder: valutazione del fenomeno in Italia, M. Marucci G. Lavenia,  pubblicato su C I S P  Rivista telematica semestrale di PSICOLOGIA e PSICOTERAPIA www.cisp.info , Editore CENTRO ITALIANO SVILUPPO PSICOLOGIA numero I (2° semestre 2003).

 

[3] Tratto: caratteristica stabile e duratura che rende diverso ogni individuo da tutti gli altri.

 

[5] Si ricorda che  si fa sempre riferimento al colloquio pilota effettuato dopo la valutazione dei risultati del test.

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