SENSO
DI CATASTROFE: TRA TECNICA PSICOANALITICA INDIVIDUALE E GIOCO DI RUOLO
NELL'ANALISI IN GRUPPO.
di
Roberto Pani [1]
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sentire
la responsabilità di diventare madre ….Alcuni, tra i partecipanti
tornati a sedere in cerchio dopo il gioco, notarono che Matteo, nella
parte della madre di Manuela, aveva reagito diversamente da quel che ci si
sarebbe aspettato. Il paziente ammise i propri sentimenti di liberazione
nello sfogo del gioco.Di quale voce era egli l’interprete?Manuela diede
al gruppo l’impressione di indossare una camicia di forza morale.Di
quale voce era lei l’interprete?Alla fine della seduta, l’osservatore
diede nota di come Matteo stesse cercando di liberarsi di un ruolo
infantile con lo scopo di investire nel reale della propria vita: egli
stava comprendendo che non era più tanto tenuto dalla bocca di sua
madre.Il suo Ego cominciava a parlare all’interno di se stesso: il
paziente cercava di conquistare un territorio lottando strenuamente con
l’Altro (l’immagine della madre).A livello di funzionamento psichico
Manuela sembrava muoversi in un inconscio regno appartenente all’ordine
simbolico dell’immaginario, dominio della madre ambivalente, (Lacan).
Egli non sembrava potersi sottrarre, infatti, dalla scena stilizzata del
gioco. L’alterità ambivalente ancora padroneggia il suo spazio psichico
interno.
Il senso di catastrofe e le due tecniche psicoanalitiche
Ho cercato di mostrare come il mondo interno sia un setting psichico in
che entrambe le tecniche possano ben mettere in luce.L’analisi
individuale favorisce rappresentazioni arcaiche al di là di quelle
scopofiliche come risultato dell’astensione dell’uso della parola; nel
setting della terapia duale questo atteggiamento non implica ovviamente
una mancanza di risposta, ma piuttosto un tentativo di ripetere una
domanda interna di transfert che è spesso significativa, allo scopo di
sollecitare una distinzione più chiara tra i vari livelli psichici,
lavorando su differenti piani con l’intento di ricostruzione del Sé, (Miglietta
1982).Quale tecnica potrebbe essere maggiormente utile nel gestire una
situazione di crollo psichico non fortemente psicotico?Riferendoci al
concetto di svolta drammatica che comporta un inevitabile senso di
solitudine, la tecnica del gruppo, quale equivalente psichico di parti
conglomerate della mente, sembra più efficace, in quanto si presta meglio
al paziente (protagonista della scena interna), per alcune ragioni.La
frustrazione conseguente dall’astensione dello psicoanalista non è
particolarmente in uso nel gruppo di psicoterapia; per di più il gioco
psicodrammatico offre l’opportunità di sperimentare differenti
situazioni di vita reale da nuovi punti di vista. Sebbene il gruppo sembra
offrire soltanto un’esecuzione reiterata della vita reale, si propone
invece di enfatizzare gli elementi inconsci quali provengono dal teatro
interno. Come risultato di questo, l’elemento spaziale e la
partecipazione corporea contribuiscono all’estensione dell’espressione
verbale, rendendo il gruppo psicodrammatico in molti casi più efficace e
persuasivo dell’ intervento duale.In psicodramma, lo psicoanalista fa
uso del gioco proprio come quando fa uso dell’intepretazione di
transfert (Lemoine 1972). Questo avviene principalmente per mezzo
dell’uso dello spazio e del linguaggio del corpo, il secondo risulta
essere espressione più rappresentativa del Sé; come conseguenza, le
emozioni, correlate all’esperienza che viene drammatizzata, facilitano
il passaggio dal simbolico al reale attraverso i messaggi del corpo, (Lemoine
1982).Ciò naturalmente non significa che la psicoterapia psicoanalitica
classica o quella psicodinamica breve che si svolge nella relazione duale,
non producano risultati maggiormente completi e profondi. Con Bollas,
(1987) penso che lo psicoanalista, nella sua pratica, sia continuamente
impegnato a guarire le proprie problematiche attivate dalle proiezioni del
paziente. Tale attenzione peculiare alla guarigione del proprio Sé,
insieme a quella del paziente, attribuisce un importante significato alla
relazione duale come ad una nuova famiglia disponibile ed alternativa per
il paziente. L’analista, nel prendersi cura di se stesso, dovrebbe
naturalmente essere in grado di riconoscere le proprie precedenti
esperienze intollerabili, favorendo il lavoro d’analisi del paziente. Il
processo analitico, come una metaforica esperienza di viaggio, permette al
protagonista ed all’analista di riconoscere se stessi come due individui
distinti e separati, (Stone 1954).Se il paziente funziona meglio in un
setting dove il teatro interno è espresso oralmente, ha maggiori
possibilità di progredire in un gruppo di psicoterapia che in una
relazione duale. Ciò sviluppa, infatti, un più ampio sistema di
rappresentazioni all’interno del Sé che conduce ad una più rapida
focalizzazione della realtà interna. Freud nel 1914 descriveva la realtà
come l’opposto dell’ordine immaginario; Bion (1963 bis), invece,
individua, nell’esperienza dell’assenza, della relazione duale (cioè
il controllo visuale dell’analista o anche le risposte disattese o non
gratificanti) uno stimolo per i movimenti psichici tra gli interlocutori
interni e l’attivazione del pensiero simbolico (Bion 1963 bis): tale
dimensione simbolica facilita il passaggio nella realtà connettendo le
azioni reali, mentre il pensiero indigerito conduce alla messa in atto
come meccanismo di difesa mirante ad espellere quel che non si può
elaborare.Infatti se lo spazio interno del paziente non è abbastanza
strutturato o non sufficientemente ampio per sintetizzare le esperienze,
egli è costretto, a livello inconscio, ad espellerle o ad attaccare il
suo corpo, cercando disperatamente di rimanere all’interno di uno spazio
protettivo. Questo, però, corrisponde ad un ordine immaginario che
mantiene il soggetto al riparo dal pericoloso ordine del reale .Nel caso
di chi disponga di un mondo interno troppo povero da avviare il processo
di simbolizzazione, come nel caso degli alessitimici e anche dei pazienti
psicosomatici, il gioco psicodrammatico, come la scena modello, (Lichtenberg
1983), potrebbe essere maggiormente efficace della tecnica psicoanalitica
duale. Se questo tipo di paziente è incapace di trovare le parole per
esprimere le proprie emozioni e pure di riconoscere le connessioni che
queste hanno con il proprio corpo, gli interlocutori con i quali egli
entra in una relazione di gioco possono, in psicodramma, essere accostati
gradualmente e dolcemente: ciò avviene dal momento che l’invito che il
direttore o gli altri partecipanti rivolgono per giocare una scena, può
essere dall’interessato respinto in quel momento. Il senso di questo
rinvio viene recuperato ai fini clinici, ma il paziente tecnicamente può
prendersi il suo tempo individuale in modo da accontentarsi di assistere
ai giochi degli altri, appagandosi, ma anche lavorando psicologicamente
attraverso l’identificazione introiettiva e proiettiva. Questo può
aiutare ed attivare emozioni nascoste e mettere in luce differenti aspetti
del Sé focalizzando tratti dell’inconscio attraverso momenti diversi di
elaborazione. Per di più, la combinazione psicologica del corpo, (McDougall
1989, & Favaretti e altri 1998), e l’atteggiamento che il paziente
assume nel gioco possono aiutarlo a riconoscere come egli stia vivendo una
situazione psicologica. Infatti, il gioco interrompe la ripetizione
ciclica: giocare esperienze del passato non ha a che fare con puro atto,
ma piuttosto con un liberarsi autorizzato che, all’interno di uno spazio
protetto, cerca soltanto di consentire alle emozioni di essere sentite
allo scopo di enfatizzare il Sé nelle sue articolazioni più profonde,
per fornire allo stesso tempo maggior concretezza a ciò che e stato
detto.S. Freud (1912/14) comprese che per il nipote Ernst, il gioco del
rocchetto era il modo magico con cui controllava il proprio distacco dalla
madre Sophie.M. Klein (1932), durante la psicoterapia con i bambini accettò
che questi le assegnassero ruoli cercando di raggiungere il cambiamento
desiderato anche accettando con loro lo scambio dei ruoli, impiegando
all’interno del setting alternative che erano suggerite dalle diverse
meta-rappresentazioni.Winnicott (1953 e 1971) descrive lo spazio
transizionale come un’area che consente al bambino di mediare tra
fantasia e realtà, un oggetto interno (madre) e una realtà fatta di
stimoli sensoriali esterni, ancora tra una realtà onirica, l’illusione,
collocata tra l’area dell’inconscio/conscio, tra l’Io ed i suoi
interlocutori.Il gioco psicodrammatico mira ad aprire una breccia tra il
lacaniano reale dell’inconscio ed il muro della realtà esterna, tra i
nomi delle cose e le cose in se stesse.La dimensione illusoria che
Winnicott riferisce al lavoro clinico-psicoanalitico è un presupposto
essenziale per lo psicodramma analitico; l’obiettivo psicoterapeutico
riguarda l’ascolto dell’illusione proprio per staccarsi veramente da
questa. Tale processo risulta davvero difficile da attuarsi, se
l’illusione non è stata sufficientemente riconosciuta nei suoi aspetti
seduttivi.Penso che ogni tecnica psicoanalitica funzioni richiamandosi ad
un modello psichico di tipo scenico-spaziale, nel senso che gli eventi,
sia immaginari che reali, cercano una dimensione percettiva concreta in
una sorta di rappresentazione scenica del mondo interno dei partecipanti,
(Schaffer, 1968, Stewart 1985).
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