SENSO
DI CATASTROFE: TRA TECNICA PSICOANALITICA INDIVIDUALE E GIOCO DI RUOLO
NELL'ANALISI IN GRUPPO.
di
Roberto Pani [1]
pagina
precedente
che
l’analisi duale presuppone, (la mancata visualizzazione dell’analista,
mancate o immediate risposte agli interrogativi del paziente, Croce 1989):
il paziente deve aver percepito il mio essere con lui laddove egli aveva
bisogno, ma, al tempo stesso, Luca stava sperimentando un senso di
separazione che implicava assumersi la propria parte di responsabilità
nel gestire le nuove realtà future. L’obiettivo più ambizioso era di
raggiungere una posizione globale di protagonista, cioè d’essere in
grado d'elaborare le esperienze con sufficiente autonomia. A questo
riguardo, tornando alle premesse teoriche iniziali, sono disposto a
riconoscere una certa connessione di contiguità tra vissuto di
catastrofe, blocco del pensiero nel senso di incapacità di processare
simbolicamente le esperienze, ristretto spazio psichico, limitati
movimenti psichici ed infine dipendenza patologica. Ipotizzo che
l’evoluzione dell’opposto di questi concetti connessi tra loro possa
condurre ad un processo di risanamento. Pertanto sostengo che la
situazione psicoanalitica funzioni simbolicamente come all’interno di un
palcoscenico in un teatro ove le vicende in scena siano molto intrecciate
tra loro: mi immagino come se in tale situazione numerosi attori
interpretino ruoli in scenette che si svolgano tutte contemporaneamente.
Il pubblico sarebbe impegnato nel seguirle tutte, ma sarebbe anche
confuso. Il regista sarebbe costretto a dare priorità e centralità ad
alcune di questi episodi, per evitare il caos. Dal mio punto di vista, in
analisi il paziente è paragonabile sia al regista che all’attore:
infatti cerca di dare priorità alle scene, che si svolgeranno sulla base
dei desideri prevalenti, all’interno dello spazio psichico rappresentato
dal presente-futuro. Infatti egli ripercorre anche i livelli del proprio
passato che si ripete e si intreccia con i vari livelli dell’attuale.
L’analista-direttore adotta il paziente per un certo periodo e si presta
anche ad essere diretto traduttore degli interlocutori interni del
paziente-attore: lo scopo è quello di favorire una nuova e più attuale
posizione di protagonista attraverso un dialogo tra gli interlocutori
interni di cui l’analista è appunto interprete e direttore. Se la
relazione analitica è abbastanza buona, il paziente sarà in grado di far
primeggiare nel proprio teatro interno la scena prodotta dai suoi desideri
autentici e di dare la parola al più importante protagonista, cioè la
parte di se stesso che considera migliore.; egli potrà ristrutturare il
proprio edificio interno riscrivendo con più chiarezza parti infelici di
sé. Allo scopo di progredire in questo gioco il paziente-regista dovrà
contattare i propri oggetti interni o fantasie primarie ad essi connessi,
e aumentare l’area di gioco e la flessibilità per cambiare ed elaborare
le esperienze, (Gaddini 1987).Se il direttore-analista avrà un’abilità
di funzionare con quel paziente nel senso di assorbire e contenere
gradualmente ciò che è troppo indigesto e di restituirgli quel che egli
sarà in grado di assumere in sé in quel momento, egli riuscirà a
mediare i vari piani della sua realtà psichica interna, (Winnicott
1965).In altre parole, il direttore (analista) temporaneamente accetta il
ruolo (il vestito) assegnato dal protagonista (il paziente, l’attore)
allo scopo di facilitare l’assunzione del proprio autentico ruolo. Una
volta che egli sia diventato forte a sufficienza, l’analista
gradatamente cercherà di condurre il paziente dal piano delle illusioni
al piano della realtà. Ci domandiamo, pensando al transfert, "chi in
quel momento sta parlando nella mente del paziente"?"Quali
fantasie primarie passate dominano ancora nel presente il mondo interno
del paziente"?Nel caso di Luca, suppongo che egli fosse
temporaneamente guarito dai suoi sintomi psicosomatici e fosse in grado di
moderare la sua tendenza all’acting perché era presente una nuova
figura di padre in lui; mi riferisco ad un Io ausiliare sul quale, tramite
identificazione proiettiva ed introiettiva, era possibile fare
affidamento. Allo stesso tempo si profilavano nella scena analitica
terrori arcaici che avevano anche fare con la figura materna, e sebbene
non fossero analizzabili in quel momento, il paziente si sentiva protetto
dall’immagine che benevolmente rappresentavo per lui, avendo la
sensazione di tenerli sotto controllo, (Gaddini 1958/59).
Psicodramma Analitico in gruppo. Caso B: Matteo e Manuela
Matteo aveva trentatré anni quando entrò una volta alla settimana nel
gruppo di psicodramma. Aveva svolto un breve trattamento psicoanalitico
individuale con un collega ricavandone scarso progresso. Nella precedente
analisi aveva portato pochissimi sogni, poi il lavoro giunse ad un punto
morto. Nella psicoterapia in gruppo, considerando il tipo di reazione
forse dovuta in parte al lavoro individuale già svolto in passato, si
rivelò un paziente esemplare. Maggiore di due figli, perse la madre
repentinamente quando aveva già cominciato la psicoterapia in gruppo. La
donna mori’ improvvisamente tra le braccia del figlio a causa di un
violentissimo attacco d’asma, ansiosa malattia di cui soffriva sin dalla
nascita di
continua
>>>
ritorna alla homepage <<<
Copyright
© CENTRO ITALIANO
SVILUPPO PSICOLOGIA cod. fisc. 96241380581
Note legali - Si
prega di leggerle accuratamente prima di utilizzare il sito
|