La relazione oggettuale nello scenario perversoSalvina Faraci
Nel rituale perverso il tema rappresentato è sempre quello della castrazione, ma si tratta di una castrazione ludica dove il problema principale è ben nascosto: non si castra l'altro ma lo si ripara; non ci si castra, ci si completa.Sia che l'atto richieda di frustare, di sottomettersi a umiliazioni o di far perdere il controllo, lo scopo principale è sempre padroneggiare illusoriamente l'angoscia di castrazione.Ad esempio, un uomo, che aveva necessità di vedere tracce fecali per raggiungere l'orgasmo, raccontò le umiliazioni che aveva subito nell'infanzia a causa dei suoi disturbi encopresici. Nel rituale perverso è proprio l'umiliazione di allora che è diventata la causa del desiderio e del godimento. Ciò che sconcertava la madre diventa, per il perverso, sessualizzato; ma è la materia fecale dell'altro che sarà usata nel rituale. Il pervertito, prendendo il posto della madre, fa subire all'altro l'umiliazione che un tempo fu sua.Nell'agire perverso si delinea facilmente il ruolo del partner: è lui che incarnerà tutto ciò che il soggetto crede gli manchi, ma anche tutto ciò che egli non vuole assumere.L'obiettivo è ribaltare un conflitto intrapsichico ricercando la soluzione nel mondo esterno. L'altro servirà ad aggirare l'angoscia fallico-edipica (nevrotica) e a contrastare lo stato di morte interiore (psicotica).La differenza tra perversione e nevrosi da un lato e perversione e psicosi dall'altro sta nella specifica modalità della relazione oggettuale.Il termine "oggetto" viene usato per indicare sia un oggetto esterno, sia un oggetto interno ma anche il corpo in quanto oggetto.Nella nevrosi il rapporto oggettuale è stabile e il conflitto istintuale intrapsichico ad esso relativo è il problema patogeno.Nella psicosi la relazione con l'oggetto esterno è legata dall'onnipotenza dei processi intrapsichici soggettivi e dei bisogni istintuali.Nella perversione, invece, l'oggetto ha una posizione intermedia: è collocato in uno spazio tra la realtà esterna e la realtà psichica profonda. Lo sfruttamento magico narcisistico dell'oggetto è un aspetto sottolineato da vari autori che si sono occupati di perversione, tuttavia l'identificazione narcisistica e il pensiero magico non riescono a spiegare adeguatamente l'incapacità del perverso di mettere a fuoco e sintonizzare le emozioni nella relazione con l'oggetto. Questa incapacità di investimento oggettuale è spiegabile, secondo M.M.R. Khan, attraverso la dinamica che sta dietro la "tecnica dell'intimità" (Khan M.M.R., 1979).Per "tecnica dell'intimità" si vuole indicare il carattere e il clima emotivo della relazione oggettuale e le funzioni intrapsichiche proprie della perversione.Attraverso la "tecnica dell'intimità" il perverso cerca di rendere cosciente a se stesso e ad un'altra persona ciò che appartiene alla sua natura più profonda, scaricando la sua tensione in modo coatto.La caratteristica principale dell'intimità consiste nel creare un'atmosfera emotiva, implicante la seduzione, in grado di sollecitare la volontà e la partecipazione di un'altra persona. Il perverso invita l'oggetto ad arrendersi alla logica perversa dell'intimità corporea sospendendo il giudizio, la resistenza ai diversi livelli di colpa, vergogna e separazione.Si crea una situazione in cui due individui rinunciano alla loro identità, alle loro frontiere e tentano di creare un'intimità corporea finalizzata al raggiungimento dell'orgasmo.Il perverso non riesce però ad arrendersi interamente all'esperienza, in quanto il suo Io mantiene un controllo scisso e manipolativo della situazione. Egli rimane escluso dall'acme dell'esperienza vissuta e il massimo abbandono lo raggiunge solo attraverso l'identificazione visiva, tattile e sensoriale con l'oggetto-partner.Raggiunto l'orgasmo, il perverso rimane una persona svuotata del suo desiderio e con la sola soddisfazione di uno sfogo piacevole.L'esperienza che il perverso ha della "tecnica dell'intimità" è caratterizzata da sopravvalutazioni di Sé e dell'oggetto, insaziabilità, gioco solitario e invidia. La sopravvalutazione e l'idealizzazione prendono il posto di un vero rapporto oggettuale. Secondo Chasseguet-Smirgel (Chasseguet-Smirgel J., 1985) la perversione è caratterizzata dalla falsità che si esprime nell'idealizzazione degli oggetti e delle pulsioni pregenitali e nella costante ricerca di una valorizzazione estetica di ciò che si sceglie (dagli oggetti al proprio stile di vita).Questa idealizzazione estetizzante sembra voler mascherare la falsità e l'illusorietà delle proprie scelte. E' perseguita con lo scopo di realizzare una sorta di completezza narcisistica che nega la dipendenza dall'oggetto.Lo svelamento di questa falsità illusoria implica il vuoto oggettuale, il sentimento di abbandono e di colpa ovvero una condizione di non-esistenza.L'insaziabilità deriva dal fatto che l'esperienza del perverso è un fallimento.Il rapporto che il perverso instaura con l’oggetto è, in realtà, un gioco solitario e l'invenzione di una persona sola. Non c'è vera relazione, non c'è vero nutrimento.Il perverso prova invidia nei confronti dell'oggetto poiché, a volte, ha la sensazione che quest'ultimo abbia ottenuto di più dall'esperienza. Ciò spiega perché i perversi spesso sentano il bisogno di insultare e ferire in modo rabbioso e meschino i loro oggetti.Un'altra funzione della "tecnica dell'intimità" è la confessione. Questa, però, è sempre destinata al fallimento perché "l'altro" serve soltanto a mettere in scena il tema, dando ad esso una realtà attraverso il comportamento concreto e l'aquiescenza del corpo.Il perverso cerca di usare la "tecnica dell'intimità" come strumento terapeutico, ma l'unico risultato che ottiene è il perfezionamento della tecnica stessa.La "tecnica dell'intimità" non è una semplice ripetizione dell'autoerotismo infantile. E' piuttosto autoerotismo a due, organizzato quale compenso per le carenze di cure materne, che è il prerequisito dell'autoerotismo e del narcisismo infantile. Le ricerche svolte sulla relazione precoce fra madre e bambino ci permettono di affermare che la capacità del bambino di godere delle proprie esperienze corporee autoerotiche dipende dalla qualità delle cure materne. Winnicott ha spiegato, entrando nei particolari, come la tecnica usata dalla madre nella cura del figlio, aiuta il bambino a far proprio il contatto con la realtà, l'integrazione e il senso del proprio corpo (Winnicott D.W., 1948b e 1956a).Il disturbo del perverso si costituisce in quella fase in cui il Sé e i confini corporei si avviano a delimitarsi sotto la guida e le cure della madre. Il modo in cui il bambino si pone in relazione e sperimenta l'ambiente umano e non umano ha un'estrema importanza per il pervertito che attraverso la "tecnica dell'intimità", instaura il rapporto con il suo oggetto sessuale e lo manipola.La dissociazione tra le funzioni dell'Io e l'affettività della madre danno luogo ad una scissione dell'Io del bambino futuro perverso. Ha inizio un parallelismo tra lo sviluppo dell'Io e lo sviluppo istintuale che si evolverà indipendentemente, portando ad una esasperazione tanto di alcune valenze erotiche quanto delle funzioni dell'Io. Ciò impedirà la trasformazione dell'erotismo pregenitale in narcisismo (Khan M.M.R., 1979).Questi soggetti, ad un attento esame clinico appaiono come svuotati dal punto di vista dell'Io e con un notevole impoverimento pulsionale. In loro la ricerca di un oggetto è motivata dal desiderio di correggere questo squilibrio e fondere insieme dei processi paralleli.I perversi cercano oggetti sia per appagare i propri bisogni pulsionali, sia per soddisfare i bisogni arcaici dell'Io.L'oggetto del perverso, così come l'"oggetto transizionale", è un oggetto inventato, manipolato, usato, saccheggiato e scartato, coccolato e idealizzato; può essere oggetto di identificazione e nello stesso tempo essere ridotto a cosa inanimata. La caratteristica difensiva tipica del perverso consiste principalmente nell'evitare di regredire alla dipendenza dell'Io. Egli infatti utilizza la "tecnica dell'intimità" per ridurre il partner alla dipendenza e alla resa istintuale, mentre il suo Io la evita. Egli evita il vero investimento oggettuale e la resa emotiva attraverso il gioco, la finzione, l'onnipotenza e la manipolazione dell'oggetto.Il perverso, infine, usa la "tecnica dell'intimità" per tenere lontano da Sé un'esperienza traumatica o una crisi intrapsichica. Questo avviene mediante una fuga erotica verso la realtà e verso un oggetto esterno.Così facendo la passività, la colpa e l'angoscia dell'Io si trasformano in tormento per l'oggetto esterno e l'Io evita il terrore della dissoluzione e della disintegrazione.La "tecnica dell'intimità" è la manovra difensiva fondamentale dell'Io del perverso; per renderla concreta egli ricorrerà al meccanismo del "mettere in atto".Attraverso l'agire il perverso rovescia la sua situazione intrapsichica, spostando e proiettando su un'altra persona la tensione del bisogno.I sentimenti di colpa e di vergogna una volta esteriorizzati e condivisi sono neutralizzati. La paura d'abbandono, la cui minaccia è continuamente fronteggiata dall'Io, si trasforma in attiva padronanza dell'impulso e dell'oggetto.Rendendo libidica l'attività, il "mettere in atto" lega e neutralizza gli impulsi sadici aggressivi che l'Io del perverso non riesce a governare. Il suo Io non è un'entità integrata, ma piuttosto viene definito un "collage". Questo insieme di funzioni stabili e non integrate dà all'Io del perverso, da una parte una parvenza di falsa resistenza, dall'altra di elevata vulnerabilità.Il meccanismo del "mettere in atto" e la "tecnica dell'intimità" servono all'Io del perverso per costruirsi una piacevole identità negativa. Bibliografia Alexander F., (1950), Medicina psicosomatica, Firenze, Edizione Universitaria, 1951. Ammon G., (1974), Psicosomatica, Roma, Borla, 1976. Ammon G., (1970), La dinamica di gruppo dell'aggressività, Roma, Astrolabio, 1973. Ammon G., (1973), Psichiatria Psicodinamica, Roma, Astrolabio, 1970. Anzieu D., (1985), L'Io pelle, Roma, Borla, 1994. Anzieu D., (1990), L'epidermide nomade e la pelle psichica, Milano, Cortina Editore, 1992. Carli R, Psicologia clinica. Introduzione alla teoria e alla tecnica, Firenze, USES, Edizioni Scientifiche, 1987. 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