PSEUDODEMENZA DEPRESSIVA: UN CASO CLINICO Vincenza Berardi Le difficoltà di diagnosi differenziale, nel soggetto anziano,tra sindrome psichiatriche e quadri di deterioramento cognitivo, soprattutto se in fase iniziale, sono notevoli.I sintomi di depressione o di ansia, in modo particolare negli anziani,possono interferire con la prestazione cognitiva, ma la determinazione della presenza di tali sintomi psichiatrici non facilita la diagnosi differenziale, in quanto in essi possono coesistere o esordire insieme ad un deterioramento cognitivo.A tal proposito, ci sono stati diversi tentativi di caratterizzare meglio le diverse presentazioni cliniche possibili. Per esempio, Feinberg e Goodman(1) propongono di distinguere 4 principali situazioni di associazione tra demenza e depressione: - depressione che si presenta come demenza – pseudodemenza depressiva - demenza che si presenta come depressione – pseudodepressione - depressione con demenza secondaria – Dementia syndrome of depression - demenza con depressione secondaria – Depressive sindrome of demenza. Attualmente la maggior parte degli studiosi presuppongono che la depressione e la demenza nell’anziano costituiscono un “continuum” di possibili estrinsecazioni cliniche e che è fondamentale, vista la frequente difficoltà di differenziare questi due quadri, rilevare la presenza di sintomi depressivi e trattarli in maniera adeguata, sottolineando che spesso è necessario un trattamento deciso e prolungato per ottenere un miglioramento.La prognosi e le linee terapeutiche sono quelli tipici dei disturbi depressivi che di solito implicano un esito positivo e quindi una reversibilità nel tempo dei sintomi cognitivi.Diversi autori, però, segnalano casi di soggetti con disturbi cognitivi che inizialmente sono secondari a quadri depressivi e che successivamente nel 50% svilupperebbero nell’arco di 5 anni una vera e propria demenza (2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12).I quadri di deficit secondario alla presenza di un disturbo depressivo indicati come pseudodemenze depressive, di cui ci interesseremo in questo lavoro, evidenziano un tono dell’umore orientato sempre in senso depressivo, che di solito non è l’aspetto principale, e un deficit motivazionale quale la mancanza di interesse nelle cose. I pazienti spesso si lamentano in modo esplicito dei loro deficit cognitivi, mentre i parenti sono consapevoli della presenza del deficit mnemonico e sono in grado di indicarne l’inizio con sufficiente precisione.Nella tabella 1 vengono presentati i principali criteri distintivi tra demenza e pseudodemenza depressiva che possono essere utili per una diagnosi differenziale che comunque resta complessa.(13) Tabella 1 CARATTERISTICHE DISTINTIVE TRA DEMENZA E PSEUDODEMENZA DEPRESSIVA
Una adeguata valutazione testistica può evidenziare una performance sensibilmente ridotta ma non comparabile a una grave demenza, resta comunque importante una precisa valutazione della rilevanza dei deficit cognitivi riscontrati e il controllo della loro evoluzione nel tempo.Va ricordato che nella valutazione psicometria è molto importante tenere in considerazione l’attivazione ansiosa di un paziente con sospetto deterioramento cognitivo in quanto la sua prestazione cognitiva avrà un andamento molto caratteristico a forma di U rovesciata (secondo la legge di Yerkes e Dodson 1908 citata da Spinnler, 1991) (14), che sta ad indicare che la qualità delle prestazioni del paziente andrà a migliorare sino ad un livello di attivazione ottimale, per poi essere progressivamente ridotta con l’aumentare dello stato ansioso.I test neuropsicologici evidenziano una certa compromissione sia della memoria a breve termine sia di quella a lungo termine,probabilmente a causa di deficit attentivi, con difficoltà di concentrazione e distraibilità che interferiscono sulla capacità di apprendimento del paziente.Di solito non sono presenti confabulazioni, agnosie,afasie o alterazioni percettive , di linguaggio e calcolo.Quello che si verifica è piuttosto una modificazione qualitativa dei processi cognitivi e decisionali che sono rallentati e non una modificazione qualitativa delle informazioni elaborate.Di solito si evincerà una minore efficienza nell’intelligenza non verbale, nelle abilità prassiche, nella memoria visiva non verbale, nella velocità di processamento delle informazioni, nei compiti di tipo esecutivo, nei test di fluenza verbale, nella velocità di inizio ed esecuzione di compiti sia motori che intellettivi(12).La misura più efficace per distinguere la pseudodemenza dalla demenza tipo AD sono le prove di riconoscimento in quanto i depressi adottano un diverso criterio di risposta e cioè tendono a commettere più frequentemente errori di ommissione, mentre i pazienti con demenza producono molti falsi riconoscimenti (Gainotti e Marra, 1994 ) (14).Inoltre un’altra peculiarità dei depressi è che è conservata la capacità normale di organizzazione del materiale da ricordare che non trova un correlato nella demenza ( La Rue,1992) (14).I disturbi cognitivi sono di solito proporzionali all’entità della depressione e migliorano con il trattamento e la risposta clinica.Per concludere riporto a titolo esemplificativo un caso di pseudodemenza depressiva giunto all’osservazione clinica nell’ambulatorio di Neuropsicologia del S. Spirito di Roma.Il signor Claudio, di 55 anni e 13 anni di scolarità, al momento della prima visita nel Gennaio 2001 insegnava Educazione Tecnica in una scuola media.Dall’osservazione comportamentale risultava rallentato nei movimenti e nell’eloquio, inoltre iniziò subito ad affermare che non ce la faceva più a lavorare in quanto non riusciva più a fare le cose che faceva prima, aveva problemi di memoria, non si sentiva bene e né autonomo come prima.La moglie riferiva che i problemi maggiori riguardavano il comportamento del marito che aveva crisi ansiose ( per esempio mentre stava seduto tranquillamente, all’improvviso si alzava ed andava a controllare se vi fosse qualcosa o qualcuno nell’altra stanza, per poi ritornare seduto ), umore depresso,insonnia,inappetenza, associati ad importanti aspetti regressivi, per cui necessitava di essere aiutato da lei in molte delle attività della vita quotidiana.Inoltre, la moglie asseriva che i problemi erano iniziati a Settembre del ’98, quando al compleanno della madre se ne stava seduto, immobile a fissare il vuoto, inoltre ricorda che quel giorno rientrando in macchina da Ladispoli il marito ha iniziato a sbandare in quanto si era addormentato mentre guidava ( da allora non ha più guidato), al rientro a casa ha iniziato a vomitare ed è stato accompagnato al pronto soccorso dove non gli era stato riscontrato nulla di patologico, le dimenticanze e il suo star male sono iniziate da quel giorno.Nell’Aprile del ’99 gli è stata diagnosticata una grave depressione, successiva alla perdita della madre, da allora ha presentato sintomi di isolamento, insonnia, mancanza di interessi, andava solo al lavoro forzandosi e poi rimaneva a casa senza fare nulla e spesso guardava nel vuoto; da allora era in cura farmacologia presso un neuropsichiatria che l’aveva inviato da noi per valutare la sua efficienza cognitivaNell’Ottobre del ’99 aveva ottenuto il 65% di invalidità permanente e con l’articolo 23 era stato distaccato in un lavoro di ufficio.Dall’anamnesi personale si evinse che il signor Claudio da bambino era mancino e che era stato corretto dai suoi per cui attualmente è ambidestro. L’anamnesi familiare segnalava la bisnonna paterna con una patologia di arteriosclerosi .Le RM magnetiche cerebrali effettuate nel Luglio del ’99 e nel 2002 erano risultate negative.Gli strumenti utilizzati per lo screening e la valutazione cognitiva globale, nell’ambulatorio di Neuropsicologia sono stati i seguenti: - MMSE Mini Mental State Examination (16), - MODA Milan Overal Dementia Assessment (15), - ADAS Alzheimer’s Disease Assessment Scale(20), - CPM Coloured Progressive Matrices (17)), - IADL Instrumental Activities of Daily Living(18), - ADL Activity Daily Living (18), - GDS Geriatric Depression Scale(21). La tabella 2 mostra i test neuropsicologici somministrati al signor Claudio nel Gennaio del 2001 e in una seconda valutazione effettuata nel Gennaio del 2003 e i punteggi ottenuti.Durante questi due anni gli era stata riconosciuta una invalidità del 80% e dal 2002 era in pensione, e stava continuando la terapia farmacologica abbinata ad una psicoterapia di gruppo.Le prove eseguite nel 2001 ai test hanno evidenziato che la prestazione del signor Claudio alle prove aveva una caduta selettiva nelle prove di memoria verbale, nelle prove contro tempo, con errori di omissioni nelle prove di riconoscimento e in quelle attenzionali a differenza dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer che presentano una compromissione omogenea di tutte le funzioni cognitive esplorate dalle batterie ( C.Caltagirone,22).Inoltre era presente una depressione di grado grave che aveva compromesso l’autonomia del paziente sia nelle attività della vita quotidiana che in quelle strumentali. Comunque i deficit cognitivi riscontrati erano di lieve entità e non erano tali da determinare una così ampia perdita di autonomia nelle attività della vita quotidiana. Pertanto si era ipotizzata una diagnosi di pseudodemenza depressiva che doveva essere verificata nel tempo con un controllo.Il retest eseguito a distanza di due anni ha pienamente confermato l’ipotesi iniziale in quanto non solo non si era verificato alcun peggioramento nelle abilità cognitive, ma come prevedibile, si erano rilevati dei miglioramenti con il regredire della gravità della sintomatologia depressiva. In conclusione i test neuropsicologici hanno dimostrato di essere provvisti di un buon valore diagnostico nel distinguere dementi in fase iniziale da depressi pseudo - dementi (19).
Tabella 2 PROTOCOLLO DELLE PROVE
PROVE DEL 29.01.2001 PROVE DEL 08.01.2003
M.O. D. A. M. O. D. A.
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