I Fattori di Base del Lessico Emotivo di Gian Luigi Dell'Erba Riassunto Attraverso una disamina delle più note teorie sulle emozioni si discute della rilevanza di alcuni aspetti teorici e metodologici alla luce di alcune recenti ricerche. In particolare, si focalizza l'attenzione sui diversi livelli di spiegazione nel problema emozione - lessico. Inoltre, si presenta una ricerca sui raggruppamenti nel lessico emotivo i cui risultati indicano una sovrapposizione tra emozioni di base e componenti fattoriali nei termini indicanti emozioni. Tali risultati vengono collegati alla generale concezione della esistenza di un livello emotivo di base espresso anche nel lessico. Summary By a review of the principal theories of emotions, is discussed the importance of some theoretical and methodological aspects under the light of some recent researches. Particularly, this work focus on the level of explanation on Emotion - Lexicon problem. Moreover, the Author deal with a research on the clusters of emotional lexicon which indicates a covariation between basic emotions and clusters of lexical terms on emotions. These issues are connected to the general view of basic emotions. Parole-Chiave Emozioni - Linguaggio - Fattori Key-Words Emotions - Language - Clusters Introduzione Le emozioni possono essere definite come esperienze soggettive di elevata intensità accompagnate da modificazioni nella fisiologia, nel comportamento e nella espressione dell'organismo. L'interesse nello studio delle emozioni è antico quanto l'uomo. Ne parlano i primi pensatori in varie forme (solo in apparenza molto lontane); se ne trova traccia importante nelle opere di Aristotele, in particolare nella Retorica (2). Tuttavia, da Descartes in poi le emozioni (le passioni) sono state identificate con maggiore chiarezza. Molti teorici e filosofi hanno descritto un insieme finito di stati emotivi. Descartes, ad esempio, parla di sei passioni principali primitive dalla cui combinazione si generano stati d'animo complessi; queste emozioni fondamentali, primitive, erano: l'odio, l'amore, la meraviglia, il desiderio, la gioia, la tristezza. E' sorprendente che nel corso delle elaborazioni teoriche e filosofiche il quadro fondamentale delle emozioni sia rimasto costante. Darwin, nel 1872, nel lavoro "L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali", descrive in modo puntuale le espressioni tipiche delle emozioni "di base", primitive. Egli le defin" come repertorio innato ed universale (6). Questa posizione è stata poi confermata da numerosi autori. Lo studio più celebre è quello di Ekman e Friesen che oltre a confermare le posizioni darwiniane, riscontrarono la tipicità delle espressioni come veicoli non verbali universali(9) (10)(11)(13). Principali teorie e ricerche Come già osservato, la grande varietà di letture che sono state date alle manifestazioni emotive ha prodotto un cospicuo numero di teorie. Accenneremo quelle fondamentali (16) .La prima, in ordine di tempo tra quelle moderne, è quella di James-Lange. Secondo questa teoria l'emozione è determinata dall'effetto sulla coscienza delle reazioni organismiche scatenate da uno stimolo: lo stimolo viene colto dai sistemi inferiori, si dispiega la reazione caratteristica dell'organismo, e quindi viene "notata" dai sistemi superiori corticali coincidenti con la coscienza(19).Un'altra teoria è quella di Watson. Egli inquadrava le emozioni come reazioni periferiche in risposta a stimoli ambientali, senza il bisogno di citare la coscienza del soggetto in questa reazione.Una teoria del tutto diversa è quella di Cannon-Bard. Questa teoria, cortico-diencefalica, vede nel processo di valutazione (superiore) un ruolo primario che innesca attraverso l'azione (inferiore) dell'ipotalamo gli schemi predisposti delle reazioni organismiche neuro-vegetativo-comportamentali, e quindi rimanda alla corteccia il segnale per l'attribuzione del significato emotivo.Accanto a queste teorie "storiche", citiamo alcune più recenti.La teoria di Schachter e Singer vede nel processo di valutazione cognitivo un ruolo centrale fondamentale. Gli autori evidenziano che il soggetto attribuisce ad uno stimolo un valore di attivazione (arousal) e successivamente assegna alla situazione un significato emotivo invece che un altro (oppure nessuno). In sostanza, l'attivazione non è sufficiente per avere una emozione, è il processo di attribuzione del significato che la definisce.Una teoria molto moderna è quella di Johnson-Laird e Oatley . Essi definiscono le emozioni come un sistema di segnalazione a più livelli. Uno arcaico, immediato, primitivo, più rozzo, ma molto diffuso; l'altro livello, più complesso, "proposizionale", valutativo e autocosciente (in riferimento ad attribuzioni di significato su di sé, sul mondo, sugli altri). I due livelli hanno una giustificazione diversa: il primo, quello "di base", è essenzialmente predisposto ad una rapida risposta coerente con l'adattamento organismico all'ambiente, l'altro livello costituisce una caratteristica evoluta che coincide con le valutazioni e le comunicazioni sociali tipiche del pensiero proposizionale ed autocosciente (21)(22).In particolare, quest'ultimo aspetto (il linguaggio e le emozioni) è stato in gran parte trattato, nella psicolinguistica, come studio dei fattori emotivi interferenti o interagenti con le performances linguistiche. Di recente, come vedremo più avanti, sono stati presi in considerazione aspetti riguardanti il lessico, vale a dire l'insieme delle parole di una lingua, nelle interazioni con le emozioni(5)(7).Questo contributo vuole studiare la capacità intrinseca del lessico nel mettere in risalto i fattori emotivi di base; l'assunto è che, supposta l'esistenza di emozioni di base, primitive, ben definite, la organizzazione interna del lessico rispetti e rifletta la struttura emotiva.Dalla varietà di ricerche indaganti le dimensioni semantiche all'interno della organizzazione cognitiva e l'esplorazione dei linguaggi naturali si evidenzia un dato interessante (35).La organizzazione semantica delle emozioni, perlomeno sul piano linguistico-lessicale, sarebbe strutturato in tre livelli gerarchici, corrispondenti ad un livello astratto, uno intermedio, e un livello sottordinato (28)(29). Il livello astratto indicherebbe delle categorie sovraordinate del tipo "positivo" o "negativo", "attivo" o "passivo"; il livello intermedio corrisponderebbe ad una tassonomia categoriale delle emozioni più specificate, che sarebbe comune alle varie teorie e ricerche sulla tipologia delle emozioni, e descriverebbero le dimensioni "fondamentali", "primitive", "basiche", "prototipiche"; il livello sottordinato costituirebbe la specificazione più situazionale della particolare dimensione emotiva, e sarebbe indicativa delle emozioni "complesse", "argomentative", "proposizionali", dei sentimenti (7) (14) (20) (21) (22) (29) (30)(32). Una pregevole rassegna di alcune ricerche su questo argomento è stata raccolta da D'Urso e Trentin (8).Un problema cruciale è quello di studiare le emozioni a partire dal linguaggio quotidiano. Molti autori sostengono, a questo proposito, che la grande varietà di vocaboli e termini attinenti alla vita emotiva implichi un ostacolo alla identificazione rigorosa di un lessico emotivo. I linguaggi naturali, d'altra parte, costituiscono probabilmente una fonte più attendibile allo studio delle emozioni discostandosi da setting di ricerca artificiali dove i risultati potrebbero essere falsati, o le stesse condizioni e metodologie sperimentali potrebbero "filtrare" alcune emozioni ed elicitare o potenziare altre.Se da un lato vi è sostanziale accordo sulle principali emozioni, o almeno sul significato attribuito a emozioni quali Paura, Rabbia, Felicità, dall'altro lato vi sono difficoltà teoriche (ancorché metodologiche) ad isolare termini quali "ostile", "insicuro", "speranzoso", "irritato", ecc..., in quanto sono ritenuti vocaboli più "complessi" rispetto a termini quali quelli citati come emozioni "principali".Una argomentazione che vede il linguaggio naturale come mezzo non adatto a cogliere la struttura delle emozioni è quella di valutare vocaboli come insicuro, ostile, ... come emozionalmente complessi, distinti rispetto a Paura, o Rabbia. Alcuni autori (Plutchick, Johnson-Laird e Oatley) considerano alcuni termini come attinenti a categorie multiple (cioè rappresentativi di più emozioni di base insieme), altri autori (ad esempio Ortony) vedono in tali termini "naturali" una componente discorsiva, argomentativa, più complessa della semplice componente emozionale.Il punto è, a mio avviso, lo studio dei livelli di funzionamento della mente.Vi è, in sostanza, un disaccordo tra adeguatezza o non adeguatezza del linguaggio naturale come strumento di rappresentazione emozionale. Autori come Ekman, pur ammettendo teoricamente la possibilità di rilevare le categorie emotive nel linguaggio, opta in favore di distinzioni tra vari stati affettivi ed emotivi preferendo cos" misurazioni più oggettive (il F.A.C.S. di Ekman e Friesen)(10) Nonostante i problemi teorici evidenziati, vi sono numerose ricerche tendenti a studiare la capacità emotiva del linguaggio, e a compiere delle analisi dei termini e delle etichette linguistiche attinenti alle emozioni (o a situazioni verosimilmente emotigene).Il tentativo di Davitz (1970), ad esempio, evidenzia, a partire da una analisi di 400 termini affettivi, che la struttura emotiva del linguaggio è organizzata in 4 fattori: 1) attivazione; 2) relazione con l'ambiente; 3) piacevolezza/spiacevolezza; 4) senso di adeguatezza verso l'ambiente. Il numero dei vocaboli selezionati a partire dalla rima lista dei 400 è stato di 50 parole definite come adeguate a descrivere le emozioni (sulle quali è stata compiuta l'analisi finale).Nowlis e Nowlis hanno invece trovato 4 dimensioni principali a partire da una analisi attuata in diverse situazioni emotive: 1) livello di attivazione; 2)livello di controllo; 3)orientamento sociale; 4) piacevolezza/spiacevolezza. Successivamente (1987), gli autori hanno rilevato 8 fattori principali: 1) concentrazione; 2) aggressività; 3) piacevolezza; 4) attivazione; 5) egocentrismo; 6) affetti sociali; 7) depressione; 8) ansia.Watson e Tellengen (1985) hanno studiato le numerose ricerche rilevando che l'elemento comune ed indipendente delle condizioni sperimentali era il fattore "positivo-negativo". C'è, a parere degli autori, emerge anche nell'analisi multivariata dei vocaboli.Russel (1980), evidenzia, nel suo modello circomplesso, che i vari termini emozionali si situano in un piano cartesiano avente per assi la "piacevolezza" e la "attivazione".Ortony e collaboratori (1987) affermano che un termine emotivo deve riferirsi a condizioni mentali interne piuttosto che esterne, ed avere come riferimento affetti piuttosto che comportamenti o cognizioni. Questi autori evidenziano 3 fattori generali di reazioni emotive: 1) agli eventi; 2) agli agenti; 3) agli oggetti.Johnson-Laird e Oatley (1990) evidenziano delle emozioni basiche (paura, felicità, tristezza, rabbia, disgusto) sostenendo che tali emozioni costituiscono categorie di base per la categorizzazione lessicale delle emozioni. Tuttavia, vi sono termini complessi che pur potendo indicare una categoria devono essere ricondotti ad una analisi delle valutazioni di sé nel contesto.Come appare evidente, i fattori e le categorie evidenziate dagli autori (eccetto, evidentemente, Johnson-Laird e Oatley) costituiscono dei livelli di funzionamento mentale non emotivo ("processi freddi"); essi sono, in sostanza, dei fattori di lettura, valutazione, ed orientamento che hanno una giustificazione e un ruolo assai diverso da quello delle emozioni. Questi fattori, rilevati con le analisi fattoriali, hanno messo in luce, piuttosto, un livello di funzionamento "freddo" nella interazione tra organismo e ambiente, livello che può essere considerato precedente sia in senso logico, sia in senso adattivo-evolutivo.Un altro dato rilevante è quello della metodologia usata. Alcuni autori, infatti, hanno utilizzato l'analisi dei resoconti e il successivo ragruppamento categoriale, altri hanno utilizzato l'analisi dei cluster dei termini proposti come indicativi di stati emotivi, altri ancora hanno elaborato i giudizi di somiglianza e distanza tra termini o situazioni selezionate dagli autori stessi o proposte dai soggetti sperimentali.Alcuni punti generali vanno discussi. Un primo punto riguarda la scelta dei termini impiegati nella elaborazione fattoriale. Molto spesso i ricercatori utilizzano liste già disponibili di termini ( ad esempio presenti nei vari tests sulle emozioni) oppure elaborano termini riferiti dai soggetti sperimentali della ricerca(12)(14)(35). Ciò pone un problema di campionamento; inoltre i risultati spesso riproducono le aspettative di partenza in quanto i termini immessi, molto probabilmente, si organizzano dimensionalmente con maggiore facilità rispetto alla immissione di termini esterna rispetto alle ipotesi del ricercatore.Un altro aspetto interessante è quello riguardante la capacità del "senso comune" e del "linguaggio quotidiano" di discriminare finemente i fattori emotivi(33)(34).Infatti, data una configurazione neurobiologica determinata, e dati certi schemi predisposti all'azione, una lingua si sviluppa sulla base delle interazioni comunicative e miranti alla condivisione dei significati; il senso comune sarebbe la veste semantica interattiva più "naturale", nel senso che riflette i processi di adattamento della specie in modo più trasparente(15)(17)(28)(34)(37). Obiettivi della ricerca Gli obbiettivi della ricerca possono essere riassunti nei seguenti punti: studiare la struttura semantica attinente alle emozioni; determinare gli eventuali fattori esistenti; correlare la struttura semantica emotiva del lessico alle altre espressioni e comunicazioni delle emozioni. Metodologia La ricerca è stata effetuata attraverso un metodo consistente nel raggruppamento di termini emozionali in fattori. I termini emozionali sono stati ricavati da un normale comune dizionario nel quale sono presenti sinonimi del termine prescelto. La selezione dei vocaboli è stata identificata attraverso la scelta di termini riguardanti "stati d'animo", "emozioni", "sentimenti", "reazioni emotive", "pulsioni", ed altri vocaboli specificanti delle categorie attinenti a emozioni e manifestazioni emozionali. Si è, in pratica, costruito un elenco di termini attinenti a manifestazioni emozionali, il quale poi è stato elaborato attraverso un programma implementato al calcolatore. Tale programma aveva lo scopo di trarre dei raggruppamenti sulla base delle relazioni semantiche tra i sinonimi. Dato un termine, il programma cercava nelle definizioni immesse vocaboli-sinonimi determinando cos" dei raggruppamenti-fattori. In questo modo, da un insieme di vocaboli è possibile avere un numero di dimensioni di grandezza variabile, e di "purezza" variabile. La grandezza (dimensione) è data dal numero di vocaboli presenti nel fattore, la "purezza" (saturazione) è data dal numero di vocaboli comuni a più fattori (intersezioni). Quante più intersezioni vi sono in un fattore, tanto più esso è meno saturo, quindi meno interessante in termini di ricerca di dimensioni primitive fondamentali. Un vocabolo comune ad almeno due fattori è un vocabolo emozionalmente "ambiguo" (in quanto non indicante una specifica appartenenza categoriale) oppure è un vocabolo emozionalmente "complesso" (in quanto indicante un termine proposizionale esprimente un elemento linguistico con riferimento a costrutti complessi su di sé, sul mondo, sugli altri). Questo punto richiama le teorie che distinguono le emozioni di base da emozioni complesse o proposizionali in quanto esprimenti il contributo del ragionamento e di valutazioni "alte"(7)(14)(22).Tuttavia, un grande numero di fattori emozionali espressi nel lessico determinerebbe una certa indistinzione, una scarsa significatività delle dimensioni "primitive" cos" come riscontrate in altri ambiti dai diversi autori; al contrario, un numero esiguo di fattori costituirebbe un dato a riprova della capacità del linguaggio di rappresentarsi dimensioni "primitive", salvo riscontrare fattori non "centrati" semanticamente con l'obbiettivo della ricerca.Una ultima nota riguardo al metodo è quella relativa alla tecnica di analisi dei dati (vocaboli). L'analisi per raggruppamento di dati, nota come cluster analysis, solitamente utilizzata con dati numerici (o comunque con variabili aventi in qualche modo una componente numerica) è stata tuttavia anche impiegata come modalità "categoriale" di leggere insiemi complessi di dati di varia natura (anche nel linguaggio). L'idea alla base è quella della valutazione della presenza-assenza del legame tra coppie di variabili. Il numero dei raggruppamenti non può essere predeterminato, e quindi il metodo cerca di studiare la organizzazione, per cos" dire, naturale delle variabili in fattori(3)(4).Per concludere questa parte sul metodo, si fa presente che la prima elaborazione ha dato un certo numero di vocaboli che erano copresenti in più di due fattori (vocaboli complessi). La seconda elaborazione è consistita nella eliminazione di tali vocaboli, e di mantenere le intersezioni a due fattori simultaneamente (1 vocabolo associato a massimo due fattori). E' cos" diminuito il numero dei vocaboli presenti, ma è aumentato il livello di saturazione o purezza di ogni fattore. Nel passaggio dalla prima alla seconda elaborazione la struttura dei fattori, nel numero di esse e nella grandezza, non è cambiata. Risultati L'elaborazione fattoriale dei vocaboli indicanti gli stati emotivi ha evidenziato un numero ridotto di dimensioni attinenti ad emozioni, ed ha inoltre messo in risalto alcuni elementi di un certo interesse teorico. I fattori emersi sono distinti fra loro per grandezza e saturazione. Questi due elementi sono rilevanti in quanto permettono di distinguere dimensioni "centrate" con gli obbiettivi della ricerca, e altre dimensioni emerse per effetto del campionamento (come discuteremo più avanti).I fattori principali, cioè con una saturazione sufficientemente elevata, sono risultati essere 6, con una percentuale di purezza superiore all'87%, ed inoltre un fattore con saturazione inferiore (57.1%). Si è, infine, raggruppato in una ulteriore dimensione una serie di vocaboli, non centrati, con scarsa saturazione, esprimenti una percentuale molto bassa nell'insieme.I 6 fattori principali risultano essere pressoché coincidenti con le caratteristiche emozioni "di base" identificate da vari autori: gioia, tristezza, paura, rabbia, disgusto, sorpresa.Il fattore aggiunto risulta essere una rappresentazione di termini esprimenti constatazione di sensazioni fisiche. Quest'ultimo raggruppamento pur non esprimendo alcuna rappresentazione emotiva, va comunque evidenziato in quanto è rappresentato a livello lessicale con una certa saturazione significativa, ed inoltre è evidenziato a partire da vocaboli indicanti contenuti attinenti a stati emotivi "da dizionario". Il restante raggruppamento ci sembra un "difetto di taratura" del metodo, o del campione o della fonte. Va comunque precisato che la scarsa rilevanza in termini numerici non modifica alcunché nel risultato emerso, restando comunque interessante dal punto di vista metodologico l'approfondimento di tale questione. I risultati dei fattori sono rappresentati nelle Figure, indicanti le dimensioni e la saturazione dei raggruppamenti. (FIG.1, TAB1).La denominazione dei fattori è stata operata dallo scrivente, in quanto l'analisi dei raggruppamenti ha soltanto evidenziato i clusters assegnando a ciascuno di essi dei numeri. Data l'entità numerica dei vocaboli, diamo solo degli esempi dei termini appartenenti a ciascun raggruppamento. (FIG.1, TAB2).Qualche osservazione va fatta sulla base dei dati. (TAB.1)I fattori che coprono gran parte del campione di vocaboli utilizzati (N=518) sono rappresentati nelle 6 dimensioni principali. L'altro fattore è marcatamente distinto sia come numero sia come purezza. Tuttavia, è interessante notare che esso sia emerso nell'intento di focalizzare raggruppamenti emotivi.Pur riservandoci più avanti una discussione di questo punto, si può sottolineare che, nonstante la precisione del lessico a rappresentarsi le emozioni di base, il lessico proveniente da fonte mediamente "neutrale" come un dizionario sia impreciso nel accorpare tra le emozioni i termini riferentisi a sensazioni corporee e fisiche. Questo paradosso è del tutto apparente ove si consideri che la definizione "mediamente neutrale" dei vocaboli riflette la disposizione comune, dei soggetti parlanti questa stessa lingua, a rappresentarsi non solo la vita emotiva in senso stretto ma anche le sensazioni ad essa appartenenti ed in qualche modo ad essa collegate.In sostanza, questo fattore, pur non essendo una emozione di base è una dimensione rappresentazionale attinente alla vita emotiva. Dunque, il metodo adottato ha messo in luce da una analisi "generica" dei vocaboli, "da dizionario", una disposizione del linguaggio a rappresentarsi gli schemi emotivi basici, già studiati ampiamente, caratteristici di altre modalità espressive e comunicazionali (comunicazione non verbale, espressione dei volti)(9)(23)(26).
Tabella 1 - I dati relativi ai fattori emotivi
Figura 1 - La dimensione e la saturazione percentuali dei fattori emotivi
Tabella 2 - Alcuni esempi di aggettivi attinenti ai fattori emotiviDiscussione A livello generale si può affermare che le emozioni vengono espresse nel linguaggio verbale per definirle, discriminarle, categorizzarle; e per comunicarle(31)(32)(35). Una sintesi delle varie concezioni e teorie delle emozioni sembra essere quella che considera le seguenti caratteristiche principali: valutare soggettivamente uno stimolo in relazione al bagaglio immagazzinato in memoria; permettere l'adattamento o l'azione nell'ambiente; comunicare con altri il proprio stato(16)(26).Da una riconsiderazione critica di alcune ricerche, emerge che alcune di esse sono basate sul metodo dei resoconti tratti direttamente dal soggetto che esperisce le esperienze emotive; altri autori, invece, derivano le categorie delle emozioni da raggruppamenti di liste di parole. Queste liste sono costruite o in modo "teorico", cioè in base ad una selezione operata da un gruppo di esperti della materia, oppure costruite sulla base di successive selezioni, fatte da soggetti sperimentali, di liste originariamente molto estese (Gius et al., 1992; Storm, Storm, 1987).Ciò che personalmente mi sembra importante è che, se da un lato gruppi di individui riflettono la categorizzazione emozionale della nostra lingua (e probabilmente per estensione di tutte le lingue), e quindi si approssimano ad una tassonomia basica delle emozioni, non è la stessa cosa affermare che questa procedura evidenzi la struttura categoriale di base delle emozioni. Vi sono alcuni aspetti da discutere.Un primo aspetto è che i soggetti sperimentali selezionando e raggruppando più etichette mettono in atto la propria rappresentazione linguistica delle emozioni in termini di competenza linguistico-emotiva e capacità di discriminazione delle emozioni attraverso la lingua (e non). Questo aspetto, tutt'altro che scontato è uno dei punti, a parare di chi scrive, più deboli di gran parte delle ricerche sul raggruppamento di termini emozionali.Un secondo aspetto è quello delle etichette usate, cioè del materiale delle ricerche. La maggior parte delle metodologie è fondata sull'analisi di sostantivi. Sebbene evidenziato da alcuni autori (Plutchick, 1980; Fehr, Russel, 1984) questo aspetto è raramente tenuto in conto. La scelta del sostantivo, piuttosto che dell'aggettivo, corrisponde linguisticamente ad un livello di analisi del problema che è tutt'altra cosa dall'esperienza emotiva; piuttosto il sostantivo può evidenziare un processo già avvenuto di categorizzazione di un "evento" presente nel mondo. L'analisi è spostata su un oggetto di analisi che non è sempre la medesima cosa rispetto ad uno stato interno esperito; semmai nel processo di collegamento (valutazione) di uno stato ad un evento vi possono essere diversi gradi di competenza. Un ulteriore aspetto riguarda la sovrapponibilità o meno delle categorie emozionali delle varie ricerche. Uno dei motivi, mi sembra, della non completa coincidenza consiste nella scelta di procedure metodologiche che non tengono conto di un possibile "errore" di competenza nella discriminazione ed etichettamento delle emozioni.Dunque, ai fini di una migliore definizione della struttura categoriale, sarebbe più auspicabile l'uso di metodi "dall'alto", cioè di fonti terminologiche sufficientemente generalizzate e mantenere l'analisi a questo livello, oppure l'uso di campioni di selettori molto estesi in tutti i diversi momenti delle procedure di analisi (scelta dei termini, raggruppamento, giudizi di somiglianza). Questo ulteriore aspetto può consentire lo sviluppo di analisi adeguate sulle emozioni affidabili e standardizzate. Infine tali punti complessivamente mi sembrano fondamentali in quanto tendono a mantenere separati livelli di analisi dell'emozione, come ad esempio i livelli valutativo, esperenziale, categoriale-astratto, situazionale-interazionale. Conclusioni Il risultato emerso dalla presente ricerca sottolinea la "capacità" del lessico di discriminare e far, eventualmente, discriminare la struttura emotiva di base veicolando in questo modo le segnalazioni utili all'organismo (certamente questo attiene alle funzioni delle emozioni utili alla specie, di cui l'individuo non ha coscienza; egli discrimina il suo stato interno sulla base del mezzo linguistico che la sua cultura ha costruito)(26)(31)(34).La struttura semantica evidenziata nel lessico "emotivo" si correla con una certa precisione ai risultati delle ricerche cross-culturali, ad esempio di Ekman (come già in Darwin), ed ai risultati in ambito neuropsicologico(13)(23)(26),specie nello studio del linguaggio non verbale, ed alle recenti osservazioni della psicologia cognitiva (in particolare la teoria proposta da Johnson Laird e Oatley).Infine, è utile rilevare quanto il processo di socializzazione incida non solo nella discriminazione lessicale emotiva ma anche nella più fine categorizzazione, e nella più utile auto- ed etero-regolazione (1)(17)(18)(27).
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