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QUANDO LA DIETA FALLISCE SPESSO LA COLPA E’ DEI PENSIERI AUTOMATICI

Mariantonietta Fabbricatore

 

Il soprappeso e l’obesità sono condizioni patologiche giovani ma tuttavia sono bastati pochi decenni perché si trasformassero in un’epidemia. Il recente e preoccupante aumento della popolazione con problemi di soprappeso e obesità, ha reso urgente lo sviluppo di nuovi modelli di prevenzione e di cura per tentare di fermare la diffusione, ormai globale, di queste condizioni. Nel perseguire tale obiettivo, la medicina basata sull’evidenza clinica ha individuato due trattamenti non chirurgici che si sono dimostrati capaci di determinare un risultato positivo nella perdita di peso corporeo: la terapia comportamentale e la terapia farmacologica. Tuttavia, nonostante i progressi compiuti, l’emergenza obesità non accenna ancora a diminuire. Infatti sia la terapia comportamentale che quella farmacologia, impiegate in tale condizione, hanno dimostrato di non riuscire a far mantenere i risultati ottenuti oltre i due anni. Dall’analisi dei dati estrapolati dal follow-up dei pazienti dimagriti si è evidenziato che circa l’80% dei soggetti obesi trattati otteneva, in un periodo variabile dai quattro ai sei mesi, una perdita media del peso corporeo del 10% ma si è anche osservato che la maggior parte dei pazienti recuperava tutto il peso corporeo perduto in circa tre anni. Andando ad approfondire l’indagine sul perché di tale esito si è visto che il trattamento del soprappeso e dell’obesità non teneva conto di due aspetti principali: 1) fornire strategie idonee a far mantenere nel tempo il peso corporeo perduto e quindi far adottare la dieta come stile di vita; 2) studiare i processi cognitivi o più semplicemente i modi di pensiero del paziente. Infatti, in ricerche successive, è stato rilevato che responsabili dell’abbandono dei tentativi di dimagrimento e quindi del recupero del peso perduto sono alcuni pensieri disfunzionali. Pertanto il motivo che chiarisce il fallimento del programma dietologico è costituito proprio dal fatto che la terapia comportamentale tradizionale dell’obesità ha trascurato di dare attenzione al ruolo dei processi cognitivi nella regolazione del comportamento alimentare. E’ solo di recente che autori di scuola cognitiva si sono occupati dell’analisi dei meccanismi implicati nel fenomeno del recupero del peso corporeo. La terapia cognitivo-comportamentale, in un primo momento, è stata usata con successo nella cura della depressione, dei disturbi di ansia e nell’attacco di panico. Aaron Beck è stato il primo a mettere in evidenza il ruolo fondamentale di pensieri disfunzionali nel mantenimento di uno stato di depressione e successivamente le metodologie cognitive sono state affiancate a quelle comportamentali dando vita così alla terapia cognitivo comportamentale. Successivamente la terapia cognitivo-comportamentale è stata sperimentata anche in altri campi tra i quali rientrano appunto i disturbi del comportamento alimentare. Tutte le applicazioni della terapia cognitivo-comportamentale si basano su ricerche scientifiche che hanno dimostrato la presenza di pensieri disfunzionali in un vasto numero di condizioni ritenute patologiche. Infatti la terapia cognitivo-comportamentale parte dal presupposto che molte patologie psicogene sono causate dai pensieri che il paziente ha elaborato per dare una spiegazione alle diverse situazioni che si sono verificate nella sua vita. Pertanto la malattia non sarebbe altro che il quadro di una persona sana che, agendo in maniera disordinata, raggiunge effetti altamente disordinati ed estremi che rappresentano il nucleo della sintomatologia. E’ noto che, a partire dall’infanzia, gli individui sviluppano, sulla base delle esperienze fatte nell’interazione con gli altri e con le diverse situazioni che si sono trovati a vivere, alcune convinzioni su di sé, sugli altri e sul mondo. Le convinzioni più centrali, che poi sono quelle che risultano molto resistenti al cambiamento, si trovano ad un livello più profondo rispetto allo stato normale di coscienza. Le convinzioni centrali, a loro volta, influenzano lo sviluppo di convinzioni intermedie, che sono rappresentate da abitudini, norme ed assunzioni. Infine ci sono i pensieri automatici che rappresentano le cognizioni più superficiali, sono costituiti da pensieri o immagini e si riferiscono ad una sorta di dialogo interno in cui il paziente si trova coinvolto quando deve affrontare specifiche situazioni. I pensieri automatici possono essere coscienti o inconsci, nel senso di non coscientizzati, e comunque possono essere facilmente resi coscienti se si presta attenzione al dialogo interno. In genere sono automatici nel senso che la persona che li elabora spesso non se ne rende conto. Quindi, riassumendo, esiste un livello più profondo di cognizione che consiste in credenze o convinzioni che rappresentano regole tacite che il soggetto si è dato e da queste, in un tempo successivo, nascono i pensieri automatici. I pazienti non sempre hanno chiaro il contenuto di tali credenze, che in genere non vengono esplicitate nel loro dialogo interno, ma si esprimono attraverso i pensieri automatici o i comportamenti che vengono messi in atto. La vita umana e la vita psichica, che è parte della vita umana, hanno una legge fondamentale: ciò che avviene nella vita in toto o nella vita psichica ha come finalità raggiungere o conservare l’omeostasi intesa come la condizione ideale per il soggetto che possiede la vita. Quindi l’azione che il soggetto svolge è il ripristino della condizione precedente all’alterazione omeostatica. Quando una persona ha un interesse ha anche dei modi per tutelarlo. Questo interesse da forma alle operazioni che la sua mente ed il suo cervello compiono per avere più risultato vantaggioso attraverso le occasioni che si presentano. Inoltre è esperienza comune che un pensiero o l’interpretazione di un evento sono capaci di generare uno stato d’animo o un’emozione che, a loro volta, provocano reazioni fisiche quali la tachicardia, la sudorazione fredda o reazioni gastroenteriche, oppure possono determinare un comportamento specifico. L’emozione è un’alterazione omeostatica, il sentimento anche. Ma l’omeostasi cos’è? E’ non angoscia, non paura, non allarme, non tristezza, non rabbia, cioè l’assenza di questi sentimenti principali legati alla risposta a stimoli che irrompono nel nostro spazio vitale. L’azione ha lo scopo di ripristinare una condizione iniziale. E’ utile a questo punto precisare che lo stile di vita è dato dalla somma di qualsiasi cosa che riguarda il proprio modo di vivere, è la combinazione dei propri pensieri, emozioni, comportamenti, valori, obiettivi e l’interazione tra l’individuo e l’ambiente. Un approccio alla gestione del peso corporeo finalizzato alla modificazione dello stile di vita comporta pertanto un lavoro su di essa ad ampio spettro (abitudini alimentari, attività fisica, modo di pensare, controllo dello stress).Pertanto di fronte ad un comportamento disfunzionale  si deve sempre pensare che questo è sostenuto da pensieri ed emozioni. Tutte le volte che il paziente riferisce difficoltà nel modificare il suo stile di vita adottando le indicazioni previste dal programma, il terapeuta dovrebbe cercare di verificare se tale fenomeno sia dovuto alla presenza di pensieri disfunzionali che ostacolano l’instaurarsi delle nuove abitudini.I pensieri disfunzionali sono stati definiti in questo modo proprio perché si è visto che possono indurre a compiere dei comportamenti non coerenti e, nel caso specifico dell’obesità e del sovrappeso, ostacolano la perdita di peso. In essi sono contenuti errori di ragionamento o distorsioni cognitive per identificarli è utile, ogni volta che si sperimenta un’ emozione negativa o sgradevole che si è attuato un comportamento disfunzionale, domandarsi “che cosa stavo pensando?Un errore di ragionamento riscontrato molto frequentemente nei soggetti con problemi di soprappeso e obesità è il pensiero tutto o nulla definito anche pensiero dicotomico o polarizzato, gli eventi vengono visti o tutti bianchi o tutti neri senza gradi intermedi. Chi ha questo modo di ragionare è convinto che si può essere perfetti oppure fallire e rapportato al problema del peso continua a considerarsi grasso fino a che non raggiunge l’obiettivo del peso ideale, non riuscendo ad apprezzare variazioni del peso di minore entità o gradi intermedi (es: se mangio un cioccolatino vuol dire che non sono più a dieta, se non raggiungo il peso ideale non sono magro, se non entro nella taglia 42 non posso vestirmi).Un’altra distorsione del pensiero è rappresentata dall’attenzione o astrazione selettiva o filtraggio.  E’ la polarizzazione delle preoccupazioni del soggetto su stimoli che per lui sono molto importanti. Si crea pertanto nel paziente un filtro mentale per cui un dettaglio negativo è interpretato come particolarmente importante e viene meno la capacità di vedere l’intero quadro della situazione (es: sono grassa e quindi sono brutta). Il filtraggio funziona in maniera diversa a seconda dei problemi del paziente, vengono enfatizzati tutti i dettagli negativi di una situazione mentre si sottovalutano tutti gli aspetti positivi.La lettura del pensiero o inferenza arbitraria è l’errore di interpretazione che compie il soggetto che è convinto di intuire quello che gli altri pensano nel vederlo. Senza che gli altri abbiano detto niente egli sa ciò che loro provano, pensano o perché si comportano in una carta maniera; in particolare si diventa abili a prevedere ciò che una persona pensa del soggetto. (es: pensano che sono ingrassata perché ho dei problemi, pensano che mi piace mangiare e che mangio molto, faccio pena perché sono grassa).La generalizzazione è un errore di ragionamento che consiste nel creare una regola dall’osservazione di un singolo evento e applicarla ad altre situazioni (es: se non riesco a stare a dieta non riesco neanche a fare altre cose e quindi sono un fallito. Una volta sono dimagrito escludendo i farinacei dalla mia alimentazione quindi per essere magro devo evitare i carboidrati.). Inoltre se è successo in passato qualcosa di negativo ci si aspetta che accada sempre nel futuro.La catastrofizzazione è l’errore del pensiero che si verifica quando si è portati a predire il futuro in modo negativo. Ci si aspetta in continuazione un disastro e non si lascia spazio alla possibilità di considerare esiti più favorevoli (es: se non dimagrisco tutto per me andrà male, ho mangiato qualcosa in più quindi ho trasgredito la dieta e sicuramente sarò ingrassata).Etichettamento si tende a dare dei giudizi definitivi ad un evento o ad una persona sulla base di poche caratteristiche che lo riguardano. L’etichettamento avviene anche nei propri confronti e si è portati a giudicare in modo fisso senza considerare l’evidenza di una conclusione meno disastrosa. Es: Non riesco a seguire la dieta quindi vuol dire che non sono una persona forte. L’intervento di ristrutturazione cognitiva ha lo scopo di aiutare il paziente ad identificare e modificare convinzioni disfunzionali che sono generalmente implicate nel fallimento del programma terapeutico. In particolare l’intervento di ristrutturazione cognitiva prevede l’impiego di una gamma di tecniche finalizzate a modificare le convinzioni, le immagini ed i pensieri automatici del paziente. Infatti, come è già stato detto in precedenza, il principio di base su cui si fondano queste tecniche è che le “cognizioni disfunzionali” sono in grado di determinare emozioni e comportamenti disfunzionali per cui cambiare questi ultimi significa previamente modificare le cognizioni corrispondenti. Il modello cognitivo quindi postula che l’interpretazione di una situazione (piuttosto che la situazione in sé), influenza lo sviluppo di risposte emozionali, comportamentali e fisiologiche.Pertanto con le tecniche di ristrutturazione cognitiva l’obiettivo è quello di arrivare al controllo del comportamento attraverso un cambiamento delle convinzioni soggettive che regolano la rappresentazione del problema per il quale il soggetto ha richiesto un trattamento. Quindi il termine ristrutturazione cognitiva sta ad indicare una gamma di tecniche cognitive finalizzate a modificare le convinzioni del paziente.Il primo gradino della terapia consiste nell’aiutare il paziente a diventare più consapevole dei suoi processi di pensiero, infatti, come più volte è stato riferito in quest’articolo, imparare a cogliere i propri pensieri è un  passaggio fondamentale per correggere le eventuali distorsioni. Si è visto che divenire consapevoli della propria attività cognitiva consente di prendere le distanze dai pensieri disfunzionali e formarsi una visione dei fatti più aderente alla realtà. Il passo successivo, dopo che il paziente è riuscito ad identificare i pensieri distorti, è quello di imparare a correggere le distorsioni e quindi, in una parola, ristrutturare il proprio modo di pensare. Per compiere questo passaggio si usano strategie e tecniche cognitive e comportamentali il cui scopo è quello di far apprendere al paziente un modo di pensare alternativo al suo ma più realistico. Nel processo di raccolta dei pensieri automatici cominciano ad emergere i temi generali che compongono la visione del mondo. Le assunzioni, come le definisce Beck, sono sostenute dalle esperienze familiari e personali. Dal punto di vista del paziente le assunzioni sono state create per impedire che avvenga qualcosa di indesiderabile e garantiscono, invece, che accada qualcosa di desiderabile. Per esempio un paziente che crede di aver bisogno, per vivere bene, di solidi legami affettivi teme di non poter vivere senza di essi, anzi è convinto che solo stabilendo forti legami affettivi raggiungerà la felicità. I principali problemi dei pazienti sono costituiti dalle modalità abitudinarie, fissate e largamente automatiche, di pensare, di agire, sentire e rispondere al mondo. E’ evidente pertanto che per liberarsi dal problema di tipo  è necessario agire anche sul fronte dei processi cognitivi che ne sono alla base. Per concludere da quanto detto si evince che il paziente che desidera realmente risolvere, in maniera definitiva, il problema del soprappeso ma ancor di più dell’obesità, deve affrontare la situazione su più fronti, quello della terapia medica e dietoterapia, quello comportamentale associato alla ristrutturazione cognitiva e solo allora potrà esser sicuro di aver affrontato il problema dalla radice.

 

BIBLIOGRAFIA

1)1° RAPPORTO SULL’OBESITA’ IN ITALIA. Istituto Auxologico Italiano. Franco Angeli Editore, Milano 1999.

2) 2° RAPPORTO SULL’OBESITA’ IN ITALIA. Istituto Auxologico Italiano. Franco Angeli  Editore, Milano 2000.

3) 3° RAPPORTO SULL’OBESITA’ IN ITALIA. Istituto Auxologico Italiano. Franco Angeli  Editore, Milano 2001.

 4) LiGIO’ 99 Linee Guida Italiana Obesità. Task Force Obesity Italia (TFOI). Edizioni Pendragon srl, Bologna 1999.

5) Mannucci E, Ricca V, Rotella CM: Il Comportamento Alimentare nell’Obesità. Fisiopatologia e clinica. EDRA Medical Publishing & New Media 2001.

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