LA
PSICOLOGIA IN ROMANIA
Gian
Piero Taricco
Nel
cercare di comprendere la recente evoluzione della psicologia in Romania
occorre considerare, quale anno cruciale, quale vero e proprio
spartiacque, il 1989, anno della svolta rivoluzionaria che segna il
drastico passaggio del Paese dal regime comunista ad una giovane
democrazia.
Il periodo antecedente il 1989 è, per la psicologia, ma non solo, un
periodo nero: il regime comunista di Ceausescu, che si caratterizza anche
per il controllo e l'irrigidimentazione culturale, si dimostra apertamente
ostile alla psicologia e, nel corso degli anni, con provvedimenti diversi
ma vieppiù restrittivi, sospende le varie facoltà imponendo ai
ricercatori una sorta di clandestinità.
Persino negli ospedali viene di fatto eliminata la sezione psichiatrica,
e, a maggior ragione, qualsiasi servizio di natura psicologica.
Due sono i fondamenti chiamati a giustificare un simile atteggiamento da
parte del potere costituito: il primo, decisamente ideologico, considera
la dinamica psichica, e tutto quanto gravita intorno ad essa, in termini
sia di patologia sia di ricerca teoretica ed applicazione pratica, una
deleteria espressione della classe borghese. Secondo i dettami comunisti,
nelle società collettivistiche non esistono i presupposti per una
problematica psichica e, di conseguenza, il lavoratore, e dunque, per
estensione, il cittadino, non ha di che occuparsi di tali dinamiche.
Per quanto attiene la psicologia applicata, alcuni strumenti di indagine
psicologica, quali i test, vengono considerati una produzione
intellettuale borghese finalizzata alla strutturazione ed al mantenimento
di una società classista e pertanto banditi.
In secondo luogo, come conseguenza di questo atteggiamento ideologico, si
sviluppa, a livello di percezione collettiva, la rappresentazione della
malattia psichica come debolezza e fattore di estraniazione sociale.
A farne le spese sono, ovviamente, sia chi di questa malattia ne soffre
sia chi, per motivi professionali, se ne occupa, dunque gli psicologi.
Con il crollo del regime, a partire dal 1990, la situazione muta
radicalmente: si riaprono le facoltà e si istituiscono 22 corsi nuovi di
psicologia sulla base di curricula quinquennali, caratterizzati da un
forte impianto teoretico, con cui, nel 1995, i primi psicologi della nuova
generazione possono laurearsi.
A partire dall'anno successivo viene istituita a Timisoara la prima
associazione professionale di psicologi - la A.P.B (Asociatia Psihologilor
din Banat) e si impone il problema di offrire alla categoria una visibilità
istituzionale, quale presupposto per una regolamentazione formale della
professione.
Oltre
a Timisoara, anche Cluj vede costituirsi gruppi di psicologi, però
maggiormente interessanti alla ricerca disciplinare, in particolare in
area cognitivistica.A decorrere dalla fine del 1998, la A.P.B cerca di
ottenere dal Governo l'approvazione di una legge in grado di disciplinare
in modo organico l'attività dello psicologo quale operatore
professionale. Tuttavia, occorreranno ben 6 anni prima che l'iniziale
proposta di legge, più volte bocciata (in particolare la proposta 504 Del
1998) e rimaneggiata, venga definitivamente approvata nell'aprile del 2004
ed, grazie anche all'intervento correttivo della A.P.R. (Asociatia
Psihologilor din Romania), costituitasi formalmente nel 2003.
Nel frattempo, l'A.P.R. organizza le prime conferenze nazionali (a
Bucuresti nel 1994, Neptun nel 2001 e Calimanesti nel 2004) mentre l'A.P.B.
organizza simposi internazionali (a Timisoara, nel 1997, 1999 e 2003 e a
Sinaia nel 2001) che si propongono, in prima battuta, di fare il punto
sulla situazione. E' in tal senso da interdersi la conferenza
internazionale di psicologia applicata tenutasi a Timisoara il 23-25
ottobre 2003 da cui sono in gran parte tratte le informazioni utilizzate
per la redazione del presente articolo.
Negli stessi anni si assiste all'ingresso degli psicologi nella società
civile: vengono aperti i primi studi privati di psicologia applicata e di
psicoterapia mentre molti professionisti iniziano ad operare nelle
istituzioni pubbliche e nelle ONG. Tuttavia, la mancanza di una chiara
disciplina della professione (almeno fino al 2004) rende la pratica
professionale alquanto confusa e difficile.
L'indagine socio-ambientale condotta dall'A.P.B. stima un numero di
psicologi oscillante tra i 14.000 e 15.000. Un campione significativo di
essi costituisce la base sulla quale è stata condotta la ricerca e dalla
quale, grazie all'aiuto del psih.Drd. Todeav Gelu, sono stati
estrapolati e sintetizzati i dati che seguno.
Da un punto di vista quantitativo, la distribuzione per sesso dei
psicologi vede una netta prevalenza dell'universo femminile, con un 78%
contro il 22% degli uomini. La presenza femminile ha subito un incremento
del 6% rispetto al decennio precedente, quale espressione di una crescente
autonomia ed autodeterminazione delle donne rispetto al passato.
La distribuzione in base all'età segnala una forte incremento di
psicologi al di sotto dei 30 anni, quindi di giovani psicologi, con una
percentuale che si attesta intorno al 50% e che si stima in crescita. Essa
riflette il forte interesse per la materia che si è prodotto, quasi per
reazione, dopo il periodo buio del regime comunista. La ristrutturazione
del sistema scolastico ha introdotto nuove facoltà che propongono corsi
di psicologia, specifici o interdisciplinari rispetto ad altri corsi.
Nello stesso tempo, il mondo della psicologia, relativamente nuovo per i
giovani rumeni, esercita una forte fascino. Non a caso, il 73% degli
psicologi ha completato gli studi, ed acquisito il titolo, negli anni
compresi tra il 1996 e 2003 quale conseguenza del massivo accesso ai corsi
universitari immediatamente dopo il 1989.
Ad avvalorare questi dati é il fatto che il 71% degli psicologi possiede
una esperienza professionale inferiore ai 10 anni.
I dati relativi all'età anagrafica degli psicologi confortano quanto
sopra esposto: un 50% degli psicologi ha un'età inferiore ai 30 anni, un
30% si colloca tra i 31 e i 50 anni mentre un 19% ha una età
compresa tra i 51 e 60 anni. Oltre i 60 anni si registra un valore dell'1%
appena.
Lo stato civile degli psicologi romeni è il seguente: il 39% degli
psicologi, in maggioranza giovani donne, è single, il 19% è costituito
da soggetti separati o divorziati. Un quadro di stabilità coniugale è
rintracciabile nei soggetti più anziani, appartenenti alla generazione
pre-rivoluzionaria.
Questa situazione è in parte anche dettata da fattori economico-sociali
quali l'incertezza e la provvisorietà del lavoro, conseguenza da una
parte della diffidenza, a livello collettivo, con cui è ancora
considerato lo psicologo e dall'altra delle pastoie burocratiche che
rendono difficile l'avvio della pratica professionale. Lo stesso vale per
la figura dello psicologo che opera, in qualità di dipendente, in
contesti sociali, educativi e formativi, in cui la retribuzione non è
propriamente adeguata al livello professionale conseguito.
A livello di struttura familiare, in sintonia con il quadro
precedentemente descritto, risulta che il 63% degli psicologi romeni non
ha figli mentre il 37% ha uno o più figli. L'età media del concepimento,
in armonia con quanto avviene nelle società occidentali, si è innalzata
e si attesta tra i 30 e 40 anni.
A livello di collocazione spaziale, sia la formazione sia la pratica
psicologica sono concentrate nei grossi centri urbani, in particolare a
Bucaret, a Timisoara, Iasi e a Cluj -Napoca che sono sedi di importanti
facoltà umanistiche, tra cui spicca quella di psicologia.
L'attività
dello psicologo è pressoché assente nei centri minori, ove non esistono
scuole di formazione e non vi è richiesta di servizi psicologici da parte
della popolazione.
A livello di impiego, il 30% degli psicologi opera sia a livello privato
sia a livello statale, il 13% lavora esclusivamente nel settore privato
mentre il restante 57% trova collocazione in ambito statale.
A causa di fattori retributivi, esiste una tendenza al trasferimento dal
settore pubblico a quello privato, effettuata mantenendo, se possibile,
entrambe le occupazioni.
In relazione alle dinamiche retributive, si rileva purtroppo una scarsa
valorizzazione, con conseguente riconoscimento economico, della
professione dello psicologo. A ciò si aggiunge anche una relativa
debolezza dei professionisti, a livello di categoria, che rende loro
difficile proporre e far rispettare parametri minimi per quanto concerne i
compensi professionali.
Una legge quadro atta a normare la professione ha visto la luce solamente
di recente (2004) ed è ancora troppo giovane per correggere una
percezione distorta dello psicologo da parte non solo della società
civile ma della categoria stessa.
La conseguenza diretta di tutto ciò è dunque una sottovalutazione del
lavoro professionale con una tendenza alla ricerca di più lavori
contemporaneamente fino alla migrazione in settori maggiormente retribuiti
che poco però hanno a che fare con la psicologia.
Dati numerici possono riassumere con maggior evidenza la situazione appena
descritta: il 32% degli psicologi che iniziano la carriera percepisce un
compenso mensile oscillante tra i 60 e 100 Euro, per il 41% il compenso va
dai 100 ai 150 Euro, il 17% giunge ai 200 Euro, il 4% si colloca tra i 200
e 250 Euro ed il rimanente supera il suddetto limite.
Nel complesso, solo il 2% degli psicologi si ritiene soddisfatto dei
compensi derivanti dalla propria professione.
L'assenza di una legislazione organica e specifica, che disciplini i
livelli di competenza e di specializzazione, ha determinato anche il
fenomeno della "polverizzazione" dello status di psicologo tale
per cui, spesso, la sua attività si è piegata alle esigenze spicciole
della realtà lavorativa, al di là della specializzazione conseguita,
sconfinando in domini di competenza non sempre pertinenti.
La mancanza di un quadro legislativo organico, oltre ai fenomeni di
polverizzazione, ha determinato anche, a livello più profondo, una
condizione di labilità comunicativa tanto che la quasi totalità degli
psicologi denuncia, quale problema specifico della categoria, un forte
deficit comunicativo e relazionale, non solo in termini di confronto
professionale ma anche di interscambio umano.
Lo psicologo rumeno soffre dunque di "solitudine professionale"
nel senso che la sua attività non trova adeguato supporto, sia sotto il
profilo economico sia sotto quello culturale, da parte della categoria.
Questa situazione apre le porte ad altri ulteriori fattori di
frantumazione professionale quali l'interesse personale, l'invidia, un
eccesso di competitività, etc.. Al fine di favorire la comunicazione e la
collaborazione professionale, le già menzionate A.P.B. e A.P.R. hanno
organizzato - e continueranno ad organizzare in futuro - simposi e
conferenze.
Un simile quadro giustifica il fatto che quasi il 30% degli psicologi
desidera costruire la propria carriera all'estero. Infatti, circa il 54%
degli psicologi che desiderano emigrare attribuiscono il loro desiderio
alle insoddisfacenti condizioni economiche di vita mentre la restante
parte motiva la scelta in base alle condizioni di caos legislativo in cui
il paese si viene a trovare e che agiscono a detrimento delle
professionalità. La meta preferita sembra essere ancora l'Europa e, in
particolare, la Germania.
In relazione alle aree di attività degli psicologi romeni, il primo posto
spetta alla psicologia clinica, medica, intesa come approccio comprensivo
e risolutivo della sofferenza umana.
In tale ambito, si evidenzia un forte interesse per la psicodiagnostica e
per il counsueling.
Al secondo posto si colloca la psicologia in campo educativo e,
successivamente, la psicologia del lavoro e dell'organizzazione. La
ricerca psicologica, di natura teoretica o applicativa, occupa una
posizione piuttosto bassa sebbene l'interesse dei giovani psicologi per
questo dominio sia relativamente forte. La contraddizione si spiega, come
spesso accade, in termini di scarsissime risorse pubbliche destinate a
questo settore e dell'altrettanto scarso interesse nutrito dagli operatori
privati.L'intera inchiesta, ma anche e soprattutto i riscontri personali,
evidenziano una situazione alquanto fluida, caratterizzata da processi in
atto non ancora giunti a compimento, che ben rispecchia la situazione
attuale della società romena. L'evoluzione della disciplina, sia in
termini teoretici sia in termini operativi, dipenderà in larga parte da
come si muoverà la società nei prossimi anni.
La mia personale opinione è che, negli anni a venire, con il presentarsi
delle tipiche problematiche sociali caratterizzanti i sistemi dal
capitalismo avanzato, aumenterà la domanda di servizi psicologici, che
allo stato attuale possono ancora essere elusi grazie alla presenza di un
diffuso ottimismo nel sistema stesso sia da parte dei singoli individui
sia delle strutture complesse. I primi tendono a sopportare i disagi,
anche psichici, derivanti da una società poliedrica e con molte
contraddizioni ma, comunque, percepita in un'euforica e dinamica
evoluzione mentre le seconde - e mi riferisco alle imprese - non
trovandosi ancora in contesti di massima competitività e di ridotto
margine economico, possono evitare l'approccio ad una più oculata
gestione e valorizzazione delle risorse umane.
Ma
la situazione potrebbe in futuro modificarsi: forse, col tempo, la domanda
di "significato" (che caratterizza, volenti o nolenti, le nostre
società opulente) coglierà i singoli individui, ingenerando in loro
quella disposizione psichica, latente e sotterranea, che apre la strada
ad interrogativi ed interventi di natura psicologica.
In secondo luogo, una maggiore incisività del fattore lavoro indurrà le
strutture produttive ad occuparsi in altro modo delle risorse umane, non
solo in termini di utilizzo strumentale ma di valorizzazione funzionale,
nel quadro di attività sempre più complesse e competitive.
Per chi fosse interessato ad un approfondimento e/o ad un dibattito su
questi temi, ecco alcuni siti di interesse, corrispondenti alle più
importanti associazioni formali di psicologi:
P
S I C T V
La
Web Tv per la Psicologia e La Psicoterapia |
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